La perdita del volume di ghiaccio è stata più o meno continua dal 19° secolo in poi ed è stata causata principalmente dall’aumento della temperatura atmosferica. In molti ghiacciai del mondo, gli effetti del cambiamento climatico sono evidenti. Ad esempio, in Europa, il riscaldamento sperimentato dai primi anni ’80 nelle Alpi ha causato effetti pronunciati nelle aree glaciali e periglaciali. In Norvegia, i ghiacciai si sono ridotti a partire dagli anni ’30 con una perdita complessiva di un’area di circa il 23% per 38 ghiacciai e del 12% per i restanti 164 ghiacciai a partire dagli anni ’60. Allo stesso modo, in Asia, la maggior parte dei ghiacciai himalayani si è ritirata ad una velocità che varia da pochi metri a diverse decine di metri all’anno. In Africa, il Kilimangiaro e i suoi ghiacciai in via di estinzione sono diventati un’icona del riscaldamento globale, suscitando ampio interesse. In Sud America, le Ande tropicali mostrano che il ritiro dei ghiacciai, in termini di variazione della superficie coperta e della loro lunghezza, negli ultimi trent’anni, non ha precedenti prima della Piccola Era Glaciale (dalla metà del XIV alla metà del XIX secolo). In Nord America, l’altimetria laser è stata utilizzata per stimare i cambiamenti di volume di 67 ghiacciai in Alaska dalla metà degli anni ’50 alla metà degli anni ’90 e questa analisi ha evidenziato che il tasso medio di variazione dello spessore era di -0,52 m all’anno.
Un altro recente studio ha stimato che tra il 1952-2008 l’area dei ghiacciai in diverse regioni dei Monti Altai, nella Siberia occidentale, è diminuita del 9-27% e il volume del 12-24%. Dal 1952 al 2006, l’area totale del ghiacciai nell’area dell’Aktru sui monti dell’Altai si è ridotta del 7,2%, corrispondente a 1,2 km2. Il ghiacciaio Maliy Aktru (“Piccolo Aktru”) ha registrato una perdita dell’8,6% (tra il 1952 e il 2006) e la sua riduzione è una delle più concrete prove dello scioglimento recente dei ghiacciai perché, negli anni, sono stati costantemente posizionati marcatori di riferimento per segnare il limite della lingua glaciale sul campo da parte dei ricercatori locali. Lo scioglimento del Maliy Aktru può essere facilmente correlata al fatto che la temperatura media annuale nei Monti Altai è aumentata di 1,3-1,7 ° C negli ultimi 50 anni.
Infatti, insieme alle variazioni nella crescita degli alberi, ai cambiamenti della salinità dell’acqua e all’innalzamento del livello del mare, la deglaciazione è un indicatore chiave del cambiamento del clima globale. Le analisi satellitari sono state utilizzate principalmente per valutare la perdita di superficie e volume dei ghiacciai in tutto il mondo. Tuttavia, per comprendere meglio gli effetti biologici dei cambiamenti climatici, le analisi al suolo offrono la possibilità di studiare le conseguenze dello scioglimento rivelato dalle successioni ecologiche primarie. L’esposizione di terreni precedentemente ricoperti dai ghiacciai offre opportunità per lo sviluppo di comunità microbiche, fungine e vegetali. I suoli da poco privati dei ghiacciai che li ricoprivano recentemente sono colonizzati da una comunità varia di batteri e funghi anche solo dopo i primi 4-5 anni dall’inizio dello scioglimento. I batteri fotosintetici e quelli che fissano l’azoto svolgono un ruolo importante nell’acquisizione di nutrienti e nella facilitazione della successione ecologica nelle aree dei ghiacciai in ritirata. Alcuni gruppi di ricerca hanno studiato la successione della comunità microbica su terreni “deglaciati” e hanno mostrato che l’uniformità, la diversità filogenetica e il numero di filotipi erano più bassi nei suoli più giovani, aumentavano nei suoli di età intermedia e si stabilizzavano nei suoli dove il ghiaccio si era ritirato da più tempo. Diversi altri studi hanno riportato le prove di successioni primarie di piante, microrganismi, nutrienti, ecc. lungo le crono-sequenze sviluppatesi a partire dal fronte glaciale in scongelamento.
Anche se esistono documentazione di una successione ecologica sui suoli “deglaciati” in diverse parti del mondo, ad eccezione di alcuni rapporti locali, gli effetti ecologici dello scioglimento erano stati scarsamente studiati sui Monti Altai al confine tra Russia e Mongolia e non era mai stato valutato quantitativamente ciò che sta accadendo al ghiacciaio Maliy Aktru. Col mio gruppo di ricerca della Tomsk State University (Russia), in collaborazione con alcuni ricercatori italiani del CNR di Sesto Fiorentino e Torino, negli ultimi due anni, abbiamo studiato i cambiamenti ecologici di piante, funghi, microrganismi ed elementi del suolo caratterizzanti la successione ecologica primaria che si è sviluppata lungo il profilo di scioglimento del ghiacciaio Maliy Aktru negli ultimi 50 anni (Figura 1).
Figura 1 La drammatica riduzione del ghiacciaio Maliy Aktru nelle montagne dell’Altai in Siberia (Cazzolla Gatti R. et al., 2017 ©)
Secondo le nostre analisi, il ghiacciaio ha perso circa 12 m all’anno negli ultimi 50 anni. La successione vegetale mostra chiari segni di cambiamento lungo la distanza incrementale dal fronte del ghiacciaio. L’analisi della diversità vegetale ha confermato un incremento, prevedibile, all’aumentare della distanza dal fronte del ghiacciaio. Inoltre, l’analisi della β-diversità ha confermato l’ipotesi della presenza di tre stadi principali della successione vegetale: uno iniziale, composto da specie pioniere come muschi e licheni, tra i 30 e i 100 m dal fronte glaciale; uno intermedio, composto da piante basse e cespugli, tra i 110 e i 120-150 m; e uno finale tra i 150 e i 550, composto prevalentemente da cespugli e giovani alberi. Il nostro studio mostra anche che le comunità di funghi saprotrofici sono ampiamente distribuite nell’area di ritirata dei ghiacciai con maggiori abbondanze relative degli ascomiceti nelle fasi iniziali della successione. L’evoluzione di una successione primaria è evidente anche per i microrganismi e gli elementi chimici, le emissioni di CO2 e la respirazione del suolo. Lo sviluppo di comunità biologiche e la variazione dei parametri geochimici rappresentano una prova inconfutabile del fatto che i cambiamenti climatici stanno alterando suoli che sono stati a lungo coperti dal ghiaccio.
In un recente articolo scientifico in revisione per la pubblicazione, abbiamo riportato e discusso i risultati ottenuti da queste ricerche effettuate su piante, elementi chimici del suolo e microrganismi lungo la sequenza cronologica di “deglaciazione” nei primi 600 m dal fronte del ghiacciaio Maliy Aktru. Lo sviluppo di un ecosistema integrato durante il tempo trascorso dallo scioglimento dei ghiacciai è un fenomeno che modifica fortemente il paesaggio e i cicli biogeochimici. Supportando l’analisi satellitare, le indagini a terra confermano sia l’entità dello scioglimento che i cambiamenti ecologici che coinvolgono il suolo oramai privato della sua copertura di ghiaccio. Oltre all’interesse ecologico di base nella ricerca teorica ed empirica sulle successioni primarie, di cui è stata recentemente offerta una straordinaria possibilità di studio dovuta alla preoccupante scomparsa dei ghiacciai in tutto il mondo, lo sviluppo di comunità biologiche e la variazione dei parametri geochimici rappresentano una prova inconfutabile del cambiamento climatico capace di altera suoli che per millenni sono stati ricoperti dal ghiaccio.
Sebbene la maggior parte delle critiche sugli effetti ecologici dello scioglimento dei ghiacciai sorga a causa dell’impossibilità di replicare il campionamento su qualcosa che è unico, come un ghiacciaio appunto, l’aggiunta delle prove di una nuova successione ecologica che abbiamo fornito per il Maliy Aktru sui monti dell’Altai in Russia fornisce un supporto indiscutibile agli studi precedenti su altre catene montuose della Terra. A tal proposito, la comunità scientifica sta dedicandosi, con grande sforzo, nel cercare di risolvere il problema noto come “pseudoreplicazione”. Ovvero, sta mostrando che le repliche (la maggior parte dei ghiacciai del mondo) sottoposti allo stesso trattamento (il cambiamento climatico) mostrano effetti simili. Un fatto che non può essere ignorato dagli scienziati scettici e dai responsabili politici, in particolare in quest’epoca di gravi ripercussioni impatti antropogenici sugli ecosistemi.
La storia umana, fatta di continue scalate verso la vetta della conquista scientifica e tecnologica, ha ancora una volta la prova che se non sapremo indirizzare le nostre scelte verso la riduzione dei gas ad effetto serra e non ridurremo la distruzione di habitat e la perdita di biodiversità, persino le aree più remote come le montagne alpine e i ghiacciai d’alta quota potrebbero modificarsi in maniera tale da risultare irriconoscibili a chi, fino a poco tempo fa, era solito scalarle o, anche, semplicemente ammirarle.
Roberto Cazzolla Gatti, Ph.D.
Biologo ambientale ed evolutivo
Professore associato di Ecologia e Biodiversità,
Dipartimento di Biologia, Tomsk State University, Russia
Pubblicato sul numero 80 (Dicembre 2017) di Villaggio Globale