Un recente studio sul comportamento antipredatorio dei “porcellini di terra” ravviva il dibattito sul comportamento degli animali definiti erroneamente “inferiori”
Si è spesso portati a credere che il comportamento degli animali, al di fuori di pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi (ovvero di quelli vertebrati) sia poco interessante e mosso da azioni quasi robotiche. Il polpo (un cefalopode della famiglia dei molluschi) in grado di prevedere i risultati delle partite dei mondiali di calcio, senza alcuna valida ragione scientifica, ha fatto almeno riflettere l’opinione pubblica sul fatto che anche altri animali possiedano un’intelligenza da non sottovalutare, nonostante vengano trattati piuttosto male (lo stesso polpo viene ucciso nel Meridione dopo ripetuti sbattimenti sugli scogli, in una pratica detta “arricciamento”, tanto antica quanto crudele). Tant’è che, per secoli, tutte quelle specie prive di scheletro osseo (ovvero i vertebrati) sono state definite, anche dagli zoologi, “inferiori”. Col progredire della scienza e degli studi in ecologia comportamentale stiamo, però, comprendendo meglio che quelli che apparivano semplici meccanismi, al massimo mossi da istinti, possono rivelarsi frutto di una sorta di “ragionamento” e intelligenza.
Gli isopodi terrestri (chiamati volgarmente “porcellini di terra” per la loro somiglianza a veri e propri microscopici maialini e per l’umana tendenza a paragonare esseri poco conosciuti a creature ben più vicine a noi), ad esempio, si sono adattati alle pressioni predatorie sviluppando una varietà di interessanti comportamenti, che derivano da una combinazione di tratti specifici, come la volvazione (ovvero quella curiosa capacità di avvolgersi a palla) e l’immobilità tonica (ovvero il fingersi morti). Questi adattamenti comportamentali si sono rivelati importanti nell’aumentare la fitness (ovvero la loro capacità di sopravvivere e di produrre progenie) degli individui che li mostrano perché la probabilità di essere predati si riduce a causa della perdita di interesse da parte del predatore verso le prede immobili e dell’aumento dell’interesse verso le altre prede in movimento.
Sebbene alcuni di questi comportamenti abbiano dimostrato di avere una base genetica, c’è ancora una conoscenza limitata sugli effetti delle influenze ambientali e delle capacità di apprendimento indotte dai predatori sulle strategie antipredatorie degli invertebrati e degli isopodi in particolare. Un recente studio condotto insieme ai ricercatori del Laboratorio di Zoologia del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali dell’Università degli Studi di Catania mirava a comprendere quale fattore tra “natura o apprendimento” (cioè se un fattore ambientale o genetico, in inglese “nature or nurture”) gioca un ruolo principale in questi comportamenti (Cazzolla Gatti, R., Messina, G., Tiralongo, F., Ursino, L. A., & Lombardo, B. M. (2020). Learning from the environment: how predation changes the behavior of terrestrial Isopoda (Crustacea Oniscidea). Ethology Ecology & Evolution, 32(1), 29-45). Abbiamo, pertanto, testato l’ipotesi che ci sia una differenza tra gli isopodi selvatici e quelli in cattività nella loro frequenza di volvazione e durata dell’immobilità tonica dovuta a fattori ambientali, che inducono cambiamenti comportamentali legati all’apprendimento, simulando un attacco predatorio. Abbiamo applicato tre tipi di stimoli. Tutte e tre le specie di isopodi da noi testate hanno mostrato una differenza significativa tra individui selvatici e allevati in laboratorio nella reazione allo stimolo che simula la caduta dal becco di un uccello o dalle fauci di una lucertola dopo una cattura. La frequenza di volvazione era significativamente più alta negli individui in cattività di Armadillidium vulgare. Al contrario, era maggiore negli individui selvatici di Armadillo officinalis e Armadillidium granulatum anche se la durata della loro immobilità tonica era significativamente più alta negli individui selvatici. Solo A. officinalis ha mostrato una immobilità tonica più lunga in allo stimolo che simula un morso, come da parte di una formica, o la cattura da parte di un predatore, come un ragno. Gli individui di questa specie hanno manifestato una differenza comportamentale simile in natura anche per lo stimolo che simula la risposta a un tocco accidentale e inaspettato da parte di un elemento nell’ambiente. Queste differenze sostanziali rifletterebbero le caratteristiche evolutive ed ecologiche di queste specie. I nostri risultati sottolineano l’importanza dell’ambiente nel modellare il comportamento di questi invertebrati al fine di ottimizzare le loro strategie di vita e, in definitiva, migliorare la loro fitness.

L’esperimento condotto su individui di tre specie di isopodi selvatici e allevati in laboratorio che ha mostrato adattamenti agli stimoli ambientali (predazione) e risposte differenziate in base alla specifica situazione (immagine adattata da: https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/03949370.2019.1640799)
Gli isopodi terrestri (Crustacea, Isopoda, Oniscidea) sono le prede preferite di una moltitudine di predatori diversi come aracnidi, chilopodi, opilionidi, imenotteri, platelminti, anfibi e rettili. Questi predatori possiedono un’ampia varietà di comportamenti durante ricerca e nella cattura delle loro prede. Pertanto, questo gruppo di invertebrati si è adattato a simili pressioni evolutive sviluppando una varietà di comportamenti antipredatori, che derivano da una combinazione di specifiche caratteristiche.
Secondo la classificazione di Schmalfuss (1984), le specie appartenenti agli Isopoda possono essere suddivise in alcune categorie ecomorfologiche, sulla base di adattamenti etologici e fisici, come corridori, “aggrappatori”, “rollatori”, etc. Tuttavia, pochissimi studi hanno tentato di comprendere meglio quando e come questi adattamenti comportamentali avvengono e sono mostrati da queste specie.
In questa ricerca, abbiamo fornito prove che le pressioni ambientali, come la predazione, sono importanti forze evolutive che indirizzano il comportamento di alcune specie di invertebrati. Gli adattamenti etologici aumenterebbero le possibilità di sopravvivenza di quegli individui che li esibiscono e ridurrebbero i costi della loro manifestazione quando non sono necessari. Il compromesso tra mostrare e non mostrare alcuni comportamenti specifici può anche dipendere dall’abitudine a uno specifico stimolo. Lungi dall’essere robot mossi solo da istinti, anche questi invertebrati mostrano una varietà comportamentale e una capacità di “prendere decisioni” simile a quella dei vertebrati. Nel nostro studio abbiamo, inoltre, dimostrato che gli individui che sono più frequentemente soggetti a stimoli innocui in natura possono ridurre in modo adattivo la loro soglia di sensibilità e mostrare una reazione più marcata in condizioni controllate, dove non vengono mai o raramente stimolati.
Queste evidenze dovrebbero motivare i ricercatori in ecologia comportamentale a dedicare maggiore attenzione all’etologia degli invertebrati, perché i modelli ecologici ed evolutivi possono essere fortemente guidati non solo da cause genetiche e filogenetiche ma, anche, da adattamenti comportamentali più profondi indotti dall’ambiente. D’altra parte, come nel caso dei vertebrati, l’etologia può fornire molti più indizi sull’ecologia e l’evoluzione degli invertebrati del previsto.
Infine, come avevamo mostrato in precedenti studi (Cazzolla Gatti, R., Messina, G., Ruggieri, M., Dalla Nora, V., & Lombardo, B. M. (2018). Habitat and ecological diversity influences the species-area relationship and the biogeography of the Sicilian archipelago’s isopods. The European Zoological Journal, 85(1), 209-225; Messina, G., Gatti, R. C., Sciandrello, S., & Lombardo, B. M. (2016). The influence of coastal zonation and meteorological variables on terrestrial isopod populations: a case study in western Sicily (Italy). Italian Journal of Zoology, 83(4), 571-578), gli isopodi terrestri sono indicatori ecologici e animali modello per alcune caratteristiche evolutive, fisiologiche e comportamenti peculiari.
Insomma, la prossima volta che incontreremo un “porcellino di terra” che improvvisamente si appallottolerà o fingerà d’esser morto, potremo considerarlo con occhi diversi e pensare che dentro quella corazza ci possa essere una mente in grado di adattarsi alle diverse situazioni esterne. Comprendere l’intelligenza animale è una sfida ardua e lo studio del comportamento degli invertebrati complesso, ma affascinante. Sappiamo ancora molto poco e tantissimo c’è ancora da capire. Ciò che di sicuro queste prime ricerche ci dicono è che, invece di classificare gli esseri viventi come “inferiori” e “superiori”, più o meno intelligenti, dovremmo iniziare a guardarli, come suggerito dall’etologo e biologo estone-tedesco Jakob Von Uexküll, attraverso una “passeggiata in mondi sconosciuti”, relegando nel dimenticatoio le idee di animale-macchina o animale-robot (suggerite dai “behavioursiti” come il fisiologo russo Ivan Pavlov) per giungere alla concezione, sempre più basata su evidenze scientifiche, di animale-consapevole, capace di prendere “decisioni” superando le costrizioni genetiche e istintive, integrandosi con l’ambiente e le altre specie che lo circondano.
Anche per me, come diceva Von Uexküll , “la terra è un gigantesco riccio di mare, tutte le parti viventi dipendono le une dalle altre”.
Roberto Cazzolla Gatti, Ph.D.
Biologo ambientale ed evolutivo
Professore associato, Biological Institute, Tomsk State University, Russia
Research Fellow, Konrad Lorenz Institute for Evolution and Cognition Research, Austria
*Pubblicato sul numero 91 (Anno XXIII) di Settembre 2020 di Villaggio Globale – Trimestrale di Ecologia