
Ed eccoci, alla fine dell’estate, a tirare le somme della politica ecologista dell’Amministrazione gioiese.
Quello che si è concluso è forse stato l’inverno più caldo degli ultimi anni, non solo per l’innalzamento della colonnina di mercurio. Solo per coloro che hanno già dimenticato, l’operazione “tutti contro la discarica” è stata l’evento che ha, più di altri, provocato una gran mole di incoerenza e falsità.
La vicenda di per sé si sarebbe risolta velocemente applicando un po’ di buon senso e aristotelica ragione all’insolito progetto. Ma ancora una volta la res cogitans è stata sotterrata a favore di una pragmatica ed accomodante economia spicciola. Certo, è insito nella natura umana cercare di trarre vantaggio dalle situazioni. E’, pero’, considerato radicato nell’intelligenza non danneggiare la comunità con i propri comportamenti. Soprattutto se, di quella comunità, si è i rappresentanti.
Liyn Margulis, uno dei pionieri dell’idea che la vita sia basata sulla cooperazione tra gli esseri, viventi e non viventi, definiva così il concetto di civiltà ecologicamente educata: “Un essere vivente in grado di trarre vantaggio dalle occasioni e dalle opportunità che la vita gli presenta, senza limitare le opportunità e le possibilità di scelta delle generazioni future, è un essere ecologicamente consapevole”.
A proposito di discariche e termovalorizzatori…
Il 29 luglio una ventina di attivisti del WWF hanno protestato pacificamente, esponendo alcuni striscioni, durante il consiglio comunale convocato per decidere sul protocollo d’intesa che di fatto avrebbe ratificato l’insediamento su Gioia di discariche, termovalorizztore, impianto di compostaggio e centrale termica. Risultato: rinvio della decisione a settembre. E’ già qualcosa. Il gruppo ambientalista gioiese ha anche invitato il sindaco a partecipare ad un pubblico dibattito.
E di domeniche ecologiche…
Ma passiamo in rassegna altri paradossali avvenimenti…
Le domeniche ecologiche. Chiudere il traffico nel centro della città, a giorni alterni o perlomeno nei festivi, è un segnale di sensibilità al problema inquinamento. Chiudere il circondario di piazza Plebiscito, di domenica, una ogni tre mesi, per due o tre ore, quando il 70% della popolazione è nelle braccia di Morfeo, stremata dalla febbre del sabato sera, è totalmente inutile. Priva di alcuna campagna informativa, l’iniziativa perde di significato.
Troppo comodo, pero’, ottimizzare gli incentivi alle città per l’attuazione del progetto e relegare in secondo piano lo scopo dell’iniziativa.
C’è da chiedersi perché ogni tanto, anche per errore, non si facciano gli interessi dell’ambiente. Quali gravi malefici si catapulterebbero sui cittadini gioiesi se il blocco del traffico fosse effettuato a giorni alterni o nei week-end con la chiusura totale di tutte le strade? Forse ci sarebbero meno leucemici (avanti Admo fatevi sentire), meno malati di cancro (anche voi Ant), più aria respirabile e meno caldo afoso (tocca a voi Legambiente, WWF, Italia Nostra).
…non dimentichiamo il verde…
Altro scomodo capitolo: il verde cittadino. Nessuno si permetterebbe mai di dire che Piazza Pinto, la nostra “Villa”, vivesse tempi felici, ma nessuno può di certo asserire che ciò che è stato fatto in quello che appariva un giardino botanico, non sia uno sfacelo. Enormi Pioppi, Platani, Salici, Lecci e Betulle sono stati spiantati, per non dire macabramente tagliati, per lasciar posto ad aiuole in pietra contenenti steli secchi di chissà quali specie. Nessuno ha mai preteso che il sindaco abbia il pollice verde, nessuno, però, lascia aggiustare qualcosa a chi non ne ha le competenze. Noi sì!
Altro capitolo su Paolo VI, una delle migliori opere realizzate a Gioia negli ultimi tempi, non c’è dubbio. Peccato per i dieci alberi che conta e per l’ambiente poco affidabile nel quale far giocare i propri figli. Quanto alla presenza di alberi lungo le strade cittadine è pressoché nulla.
…discariche, termovalorizzatore e latte alla diossina
Arriviamo, quindi, alla questione rifiuti con le innumerevoli vicende che l’attraversano trasversalmente. E’ da tempo che si sente parlare di isole ecologiche, ma serviranno? Il problema più grave del dilemma rifiuti è che non è fondata nei cittadini la necessità di riciclare, forse per la scarsa importanza che ne danno i media. Sta di fatto che parlare di isole ecologiche significa allo stesso tempo, parlare di riciclaggio e abolizione degli inceneritori. Ma anche qui l’incoerenza ragionata prevale. Perché rimetterci, anche se provvisoriamente, in una campagna a favore del riciclo dei materiali, quando il guadagno derivante dalla possibile costruzione di un termovalorizzatore supera di gran lunga le aspettative? Perché invitare i cittadini a riutilizzare i materiali, quando un enorme forno è pronto a sputare diossine e anidride carbonica con notevole profitto? A chi interessa che, magari tra 20 anni, gli abitanti dell’area in cui è ubicato l’inceneritore, soffrano di intossicazioni e bronchiti croniche? O del latte alla diossina? Lo stesso sindaco ha confermato una parziale differenziazione dei rifiuti. In questo caso, però, l’incoerenza non c’è. A cosa serve riciclare quando è in progetto la costruzione della “catena della morte”? Discarica, termovalorizzatore o inceneritore e poi ancora impianto di compostaggio e per finire (o iniziare) il 20% della popolazione in lista d’attesa per le malattie da essi causate. In questi giorni, infatti, l’attenzione è puntata sul caro “Paradiso”, tutt’altro che dantesco, smembrato dei suoi reparti “migliori” e ridotto a semplice ricovero per lungodegenza. Che ne sarà dei 15000 abitanti su 27000 (le percentuali non le abbiamo inventate noi) che rischiano tumori e intossicazioni a causa della “catena della morte”? Dove si cureranno?
…e per finire l’elettrosmog…
E l’elettrosmog? Altro baluardo dell’uomo moderno. Antenne a tutto spiano. Paradossale è che la più imponente sia localizzata a pochi metri dalla scuola elementare “S. Filippo Neri”, e che altre antennine spuntino su terrazzi e condomini del circondario senza alcun rispetto delle norme paesaggistiche e di valutazione di impatto ambientale.
L’incoerenza… male planetario
Purtroppo l’incoerenza ragionata è ormai un male “planetario”, ne è conferma il vertice di Johannesburg, a nulla valgono i segnali che la terra invia: alluvioni, tornado, piogge acide, caldo afoso e inondazioni… Secondo lo “State of the World 2002” se non vengono subito apportate modifiche all’indisciplinato sviluppo umano, alla terra non restano che cinquant’anni di vita.
Nello “State of the World” non viene, però, indicato come sia possibile convincere i capi di stato a fare qualcosa, convogliarli verso una politica ecologicamente sana, tralasciando gli interessi economici, considerando il fatto che lo sviluppo economico deriva da un buon tenore di vita. Alcune decisioni sono state prese, come l’abolizione dei veleni atmosferici (DDT, PVC e gas provenienti da inceneritori, Povia legga bene: “abolizione entro il 2020 dei gas di scarico provenienti da impianti termovalorizzatori”) o i finanziamenti per i paesi in via di sviluppo. Tutti accordi presi, però, senza stabilire pene per chi non li rispetta e con la totale assenza di controlli.
Non si sono accordati neanche sull’utilizzo delle energie rinnovabili. A mostrare indifferenza, su tutti, gli Stati Uniti. Il Paese con il maggior parco automobilistico del mondo, oltre che il maggior produttore di CO2, ignorando il protocollo di Kyoto, conferma il suo disinteresse nei confronti dei problemi ambientali, scordando che “L’uomo appartiene alla terra, così come tutti gli altri esseri viventi e non viventi, la abita, ne è parte integrante e svolge una funzione essenziale su di essa, ma la terra non appartiene all’uomo”. (Cartesio)
Rileggendo quanto sopra emergono più interrogativi che soluzioni, una di esse è la cooperazione tra gli uomini, ogni cittadino ha il dovere di esprimere il proprio dissenso di fronte ad eventi simili, perché solo così si può contrastare la furba incoerenza ragionata.
Pubblicato su La Piazza di Settembre/Ottobre 2002 |