Il pericolo di contrarre asbestosi o mesiotelioma pleurico è elevato
Ancora eternit nelle campagne gioiesi, è necessaria una rapida bonifica
Ancora una volta la campagna, scorcio idilliaco della natura che fu, manifesto funebre della pre-cementificazione, è stata violata dalla mano scellerata di chi ritiene troppo conveniente liberarsi di ciò che è fuorilegge, semplicemente gettandolo via, per strada.
Attraversando le numerose strade secondarie che congiungono le vie principali dell’entroterra locale, è facile che lo sguardo si concentri più su lavatrici e televisioni abbandonate lungo il ciglio, che sui paesaggi carsici che la murgia ci offre. E’ il caso della strada provinciale Gioia – Matera o della Gioia – Castellaneta, punteggiate dai più svariati elettrodomestici, contaminate dalle più immonde facezie umane. Trovi a voleggiar nell’etere, invece che il grillaio gioioso, il sacchetto di patatine; ammiri infastidito il rosso di una lattina di cola, che ha oppresso con soffocante avvinghio il ben più appropriato papavero; annusi con tracotante stizza il nauseabondo odore di liquami putrefatti, viscido avamposto d’un prato scomparso. Poi sorge meraviglia se il pane d’Altamura si ha paura ad acquistarlo. Divampa la protesta sul latte poco sano. E’ ovvio, a ben ragione, che ciò che rende fiera la terra coltivata, non può che vacillare dopo tanta offesa. Da un lato l’erosione, concausa di un’intensa agricoltura che invece di ruotare attinge humus senza tregua, dall’altro il paesaggio deturpato dalle più inconcepibili azioni distruttive, che farebbero arrossire anche il più terribile genocida. Eppure la campagna nostrana ha tanto da offrire, è intrisa di fascino e splendore. Un intreccio appassionato di masserie abbandonate, campi coltivati e macchia mediterranea. Trovi in un sol vialetto, le bacche del biancospino, il trullo ormai casa di gechi e pipistrelli, il frutto del prugnolo, l’olivo che si inerpica contratto, quasi in preda alle ire del tetano, verso il cielo, ad unire terra ed aria e a donar alimento agli storni affamati. Ammalianti profumi, incantevoli suoni di cince e pettirossi, pascoli al seguito di pastori. Scenari custoditi nell’ambra, racchiusi come sono nello spazio-tempo d’un futuro che non c’è.
Ma oltre il fatato velo che ritempra le meningi di chi lo scosta, si cela infida l’oscura presenza di chi immagina quei luoghi, serbatoi della propria monnezza.
Scoperta in questi giorni, nei pressi delle tubazioni dell’acquedotto che da via Vecchia per Matera giunge alla via per Montursi (nei pressi di Contrada Occchiuchiuso), l’ennesima discarica abusiva di amianto. Questa, però, ha la straordinaria particolarità di essere esclusiva per la tipologia di rifiuto: decine di lastre di eternit poste l’uno sull’altra. Un pieno di tumori. Nient’altro.
Il tutto al centro di una strada che, seppur, non molto battuta, troneggia le vie circostanti. Proprio la posizione dominante in altezza della via rende la “discarica” abusiva ancor più pericolosa, poiché da essa possono diffondersi col vento le piccole particelle di asbesto (componente dell’eternit), che si spostano anche di chilometri grazie al vento. Le minuscole particelle d’amianto, una volta raggiunte le vie respiratorie di uomini e altri animali, penetrano in profondità, causando gravi patologie tumorali come il mesotelioma pleurico e l’asbestosi. Ecco perché, da un ventennio, l’amianto è stato messo al bando. In molti, però, invece di mettere in bonifica i capannoni ricoperti da tettoie fatte di questo materiale, seguendo le rigide prescrizioni di legge (che indicano le modalità di inertizzazione del materiale, d’isolamento e di trasporto e smaltimento), han deciso di regalare alla campagna un nuovo materiale per cui morire. Ed ecco che a pochi passi dal paese, ed in una zona circondata da abitazioni e ville, un grande deposito di amianto ha occupato l’intero margine stradale. Ignoti gli autori dell’abbandono, che per una simile azione andrebbero incontro a sanzioni pesantissime, trattandosi di un reato che mette a rischio seriamente l’ambiente e la salute umana. Proprio in questi giorni si stanno contando i danni dovuti all’esposizione da amianto dell’azienda Fibronit di Bari. Le cifre di morti ed ammalati continuano a salire. Ma, ancora, nella gente continua a serpeggiare l’infimo pensiero che “per stare meglio io, qualcun altro deve strare peggio”. E quindi, visto che smaltire l’amianto a norma, anche se obbligatorio per legge, costa, “quando nessuno può vedermi lo butto in campagna e chi se ne frega”. Peccato caro uomo, giunge pronta la risposta di una saggia creatura di campagna, che a farne le spese prima o poi sarai anche tu, o i tuoi figli, o i figli dei tuoi figli, che magari un giorno proprio dove buttavi amianto, ci costruiranno una casa ed allora…chi sarà stato più furbo?
Forse è ancora troppo difficile per menti avvinghiate alla tv, che pendono da labbra di soubrette e calciatori, capire che tutto ciò che facciamo alla nostra (non come possessori, ma come abitanti) Terra, alla nostra campagna, al nostro ambiente prima o poi si rivolta contro di noi. Ora, qualcuno (di certo sarà compito della Spes) ponga rimedio al danno degli stolti…se non per proprio interesse, almeno per quello dei suoi figli.
Pubblicato su Il Levante del 11/12/2007