Così ci lamentiamo dell’assenza di verde nelle nostre città, dei ridotti spazi dove essere in contatto con la natura e dell’aria cattiva che respiriamo quotidianamente.
Durante ogni campagna elettorale, false promesse e utopistici propositi per migliorare la qualità dell’ambiente tappezzano i muri d’ogni strada, quasi volessero dirci “è più facile parlare ai muri!”. Nostro malgrado c’illudiamo che per una volta qualcosa possa migliorare, fantastichiamo, trascinati dal soave odore dell’aspettativa. Ecco dei bimbi giocare in un bel parco verde e fiorito o all’ombra di una quercia secolare, mentre gli uccellini danzano gioiosi su un muretto a secco. Ma i sogni finiscono all’alba ed al risveglio il mondo torna ad essere così com’è e non come lo vorremmo. Può succedere, per esempio, che il boschetto dove eravamo soliti giocare da bambini, con alberi che ci hanno riparato dal cocente sole o dalla pioggia battente, in una notte si trasformi in un luogo estraneo. E’ quello che è accaduto ad un appezzamento situato sulla via per Acquaviva, a circa cinque chilometri dal centro abitato, dal quale, di notte per “non fare troppo rumore”, sono stati estirpati una ventina esemplari di querce (quercus ilex). Il mattino dopo degli alberi non c’era più traccia ed il muretto a secco che delimitava il terreno era stato abbattuto per metà. Pur trattandosi di un possedimento privato, non vi è alcuna normativa che preveda l’abbattimento indisturbato di alberi e di muretti a secco. Per di più, gli articoli 3.05, 3.10, 3.14 e 5.01 del Putt/p vietano categoricamente “l’abbattimento e il danneggiamento di piante isolate o a gruppi, alberature stradali e poderali e muretti a secco” considerandoli come “beni diffusi nel paesaggio e quindi da salvaguardare”. In questo caso, oltre allo scempio ambientale, si deve considerare una vera e propria azione illegale e del tutto arbitraria. L’autorizzazione firmata dal responsabile dell’Ufficio Tecnico di Gioia del Colle è, quindi, impropria, considerando i vincoli esistenti su quel territorio (il terreno, molto probabilmente da destinarsi a piantagioni di ciliege, è un’appendice del bosco naturale limitrofo). Siamo dinanzi ad un altro abuso ambientale cui seguiranno proteste ed azioni legali. Secondo indiscrezioni, gli organi competenti si sono già appellati al Tar per denunciare la situazione. Non è comunque la prima volta che a Gioia saltano fuori casi di abusi indisturbati. La vicenda del “campetto di S. Lucia”, già documentata dal nostro giornale, nasconde un altro inquietante particolare. Adiacente all’area in cemento vi era una piccola pineta (nella quale l’ACR svolgeva buona parte della sua attività), unica zona di quel quartiere con rilevante presenza di verde. Che fine ha fatto? E che fine hanno fatto le piante ed il cedro secolare che ornavano il chiosco del nostro Comune, scomparse misteriosamente un sabato mattina dello scorso febbraio? Non ci sarà, per caso, bisogno di ricordare a coloro che autorizzano simili scempi, che i cittadini sono stanchi di promesse non mantenute e che a nulla servono uffici, mele e ciliege se ci viene tolta persino l’ultima boccata d’ossigeno?!
Pubblicato su La Piazza di Marzo/Aprile 2003