Articoli su Gioia del Colle e dintorni (2008)

Piano randagismo: un lavoro da cani

Appalti poco trasparenti, cani infettati dopo le sterilizzazioni e canile senza cibo

03/11/2008

Va su tutte le furie il dott. Paradiso quando gli vien chiesto da alcuni volontari, che durante la presentazione del Piano comunale per la prevenzione del randagismo avevano dato la loro disponibilità ad affiancarsi nelle operazioni di trasporto dei cani, come mai non fossero stati avvisati della contemporanea presenza dell’accalappiacani, ditta Giotta di Putignano, sul territorio.

Raffredda i bollori quando, invece, gli vien ricordato che, visto l’appalto da 10000 euro per le sterilizzazioni affidato in maniera ancora poco chiara ad uno studio veterinario nel quale casualmente lavora la sua compagna, non è il caso di agitarsi molto, considerato che in questa situazione chi potrebbe avere qualche “problemino” è proprio lui.

Intanto, però, i problemi ad averceli sono i destinatari di questo piano per la “prevenzione del randagismo”. Delle quattro o cinque sterilizzazioni già effettuate, almeno tre non sono andate alla grande visto che le cagne, immesse sul territorio meno di 24 ore dopo l’intervento, hanno già le ferite riaperte, i punti saltati ed alcune infezioni in corso. E’ il caso, ad esempio, delle cagne del depuratore sterilizzate ed infettate dopo qualche ora, tanto da richiedere un nuovo accalappiamento per ricucire i punti. E’ il caso del maschio grosso e ciondolone che scorrazza dalle parti di P.zza Plebiscito crudelmente castrato, invece di effettuare una più rispettosa vasectomia che non influisce sulla psiche dell’animale eliminando comunque la fertilità, e rilasciato dopo qualche ora, che per una decina di giorni barcollava e si trascinava mezzo morto.

Un lavoro più che per cani, da cani si direbbe. “Certo, – affermano alcuni veterinari gioiesi che per esigenze d’Ordine han preferito restare anonimi – se non si tiene sotto osservazione l’animale e lo si rispedisce per strada è ovvio che questo accada. Evidentemente tutto viene fatto col massimo risparmio di materiale e di tempo”. Alcuni di loro si dicono certi del fatto che “la terapia analgesica non venga fatta. Altrimenti non si spiegherebbero così prolungate sofferenze per gli animali operati”.

“C’è da dire – prosegue una giovane veterinaria gioiese – che il tutto è partito in maniera molto strana. La gara d’appalto per l’affidamento del lavoro ad una clinica doveva innanzitutto essere comunicata all’Ordine dei Veterinari, e ciò non è avvenuto. Il bando, poi non è stato esposto secondo i termini di legge e molti di noi non ne erano a conoscenza. E poi come si può lanciare una gara a ferragosto?”.

Eppure durante un incontro tenutosi al Municipio per presentare le strategie d’azione della nuova amministrazione, nonostante qualche perplessità, in molti erano speranzosi che finalmente si stesse cercando di risolvere il problema.

Visti, però, i risultati le speranze hanno subito lasciato il passo allo sconforto. Si vocifera che più che risolvere il problema, in qualche modo si sia avviata una campagna di sterminio dei cani e che proprio qualcuno tra quelli che dovrebbero gestire il progetto, consiglino ai tutori di qualche randagio le migliori forme per l’eliminazione dei futuri nati. C’è chi dice, senza molti dubbi, che qualche cane sia già sparito dopo essere stato avvelenato.

“Inoltre – continuano i veterinari – durante la riunione si era detto che il cane sarebbe stato sotto osservazione per due giorni prima di essere liberato”. Ciò però, sino ad ora non è avvenuto. “Carenza di spazio”, si giustifica il titolare della clinica. “Questo, però, è un problema suo”, ribattono i volontari infuriati dopo aver soccorso l’ennesimo cane con la sutura aperta e piena di pus. Volano parole poco carine nei confronti dei volontari rei soltanto di aver chiesto trasparenza e correttezza, da parte del dott. Vito Paradiso, che per conto del Comune o forse della ASL, dovrebbe coordinare il tutto.

Ma i dubbi sono tanti. “Sterilizzare i maschi – proseguono stupefatti i veterinari – che senso ha? Si sprecano soldi e non si risolve nulla. Vanno sterilizzate le femmine e coi massimi accorgimenti sanitari”.

Intanto al canile sono rimasti senza croccantini. Il fornitore ha sospeso le consegne dopo gli ingenti debiti accumulati nel pagamento. Debiti che il Commissario Palomba, dopo aver assegnato i 200000 euro per il risanamento del canile sanitario (risanamento che ancora non parte), aveva cercato di estinguere aumentando di mille euro (da 5200 a 6200 euro circa) il finanziamento mensile ai gestori del canile. Aumento sospeso dalla nuova amministrazione, sentite un po’, per 10 mesi. In pratica mille euro in meno per dieci mesi. Che fanno? Questa cifra non ricorda una somma citata poco fa? Sarà!?! C’è chi sottovoce dice che il cerchio si chiude se si considerano i nuovi interessi nel commercio di mangimi da parte di qualcuno dei grandi burattinai del progetto. Sarà… anche stavolta.

Comunque, qui chi sembra rimetterci sono sempre loro. I migliori amici dell’uomo.

C’è da chiedersi se, però, l’uomo è in grado davvero di ricambiare quest’amicizia.

Visti i risultati è proprio il caso di dire…che vita da cani.

 

Roberto Cazzolla

da Gioia News


Masseria del Porto: distruzioni per l’uso

Ambiente, storia e paesaggio distrutti nel silenzio generale

03/11/2008

Siamo a pochi chilometri dal confine tra Gioia e Castellaneta. Scendendo lungo la provinciale che porta verso Montursi si imbocca il raccordo per Castellaneta, la SP 104.

Dopo poca strada si intravedono sulla destra delle traversine ferroviarie a fungere da staccionata. Le stesse incriminate sino a qualche tempo fa di essere cancerogene perché imbevute di creosoto, una sostanza altamente tossica. La recinzione separa un terreno con rocce affioranti di murgia dalla strada. Pini piantati un po’ casualmente sollevano la strada per qualche decina di metri. Al termine della curva si apre la vista su una delle più antiche e belle masserie del territorio: Masseria del Porto. Questa, con le sue volte alte, la chiesa rurale ed il frontone maestoso, chiude la straordinaria gravina che da essa prende il nome. Gravina del Porto è certamente un angolo di paradiso per gli amanti della natura. Una pineta ne apre le porte, una magnifica insenatura naturale dove volano falchi e poiane, con pareti alte più di 40 metri, ne segnano il cammino. Intorno i segni di un passato di sfaceli. Affacciato su di una parete, un terreno agricolo a pochi metri dallo strapiombo. Senza più massi, senza più vegetazione. Solo terra rossa volatile. Solo l’ombra di una murgia che fù. In passato di simili scempi se ne son compiuti molti. L’ignoranza dell’importanza del paesaggio, l’assenza di leggi che lo tutelassero ed i favorini dei controllori ai controllati ci lasciano i segni di epoche in cui il bene privato vinceva di gran lunga sul bene comune.

Ma oggi che le leggi ci sono, che l’importanza della salvaguardia della natura è internazionalmente riconosciuta e che gli organi di controllo dovrebbero essere incorruttibili, azioni come quelle che si stanno compiendo nei pressi di Masseria del Porto, a due passi dai due centri urbani pugliesi, sotto gli occhi di tutti, appaiono davvero incredibili.

In un area individuata da sempre come paesaggisticamente rilevante, inclusa nel SIC (Sito di Interesse Comunitario) e nella ZPS (Zona di Protezione Speciale) denominati Murgia Alta, Alta Murgia, insomma il famoso parco, in una zona inserita nei fogli territoriali, nei catasti archeologici, nelle mappe floristiche, in un luogo di magia e storia dove nell’antico abitato della Castelluccia si svolgeva la vita dei nostri avi, dove vi sono raccolti in poche decine di metri dolmen, monumenti funerari della civiltà preistorica appenninica, jazzi, ovili e numerosissime grotte, in un paesaggio che farebbe invidia ai più grandi parchi naturali dove la natura incontra la bellezza della murgia a fare da cornice ad una profonda gola che taglia il respiro, si sta consumando l’ennesimo atto vandalico nei confronti della nostra terra.

Quanti gioiesi in quelle zone son andati a funghi, quanti ne hanno fatto passeggiate. Ci sono anche in corso studi del WWF proprio in quella zona fantastica. Ma qualche settimana fa nel silenzio generale, anche di chi da lì ci passa quotidianamente, alcuni tra i proprietari terrieri della zona han pensato bene di arare, spietrare e distruggere completamente tutta la zona circostante alla masseria. Non c’è più la murgia. Addio al paesaggio. Via la storia, ben servito alle grotte. Così d’un colpo. In due tre giorni. E pensare che per tempo una segnalazione rivolta alla sezione locale del WWF aveva allertato dello disastro in corso. E pensare che con solerzia gli attivisti del WWF sono piombati sul posto ed hanno contattato il comando del CFS di Noci, che è giunto rapidamente sul posto, ha rilevato il reato, ha scattato foto, ha convocato i responsabili, constatato la totale assenza di autorizzazioni e passato tutta la documentazione al CFS di Castellaneta, territorialmente competente, al quale sono stati consegnati dal WWF anche i rilievi satellitari che mostrano come di colpo il territorio sia stato modificato e completamente distrutto.

Gli uomini della Forestale di Castellaneta, però, son sembrati da subito titubanti. Un po’ scettici. Che sarà mai, un po’ di murgia in meno per far posto ad un campo di grano…

L’antifona la si era ben capita. Così, nei giorni scorsi è stata inviata la segnalazione con richiesta urgente di intervento anche al NOE (Nucleo Operativo Ecologico) dei Carabinieri di Bari.

Nell’attesa di un intervento, che stranamente continua a non arrivare. Lì dove, parafrasando Celentano, c’era la murgia ora c’è un bel campo di grano, lì dove regnava la storia di puglia ora c’è una distesa di pietre bianche sgretolate, lì dove dalle forze dell’ordine preposte ed allertate in tempo, ci si sarebbe aspettati un sequestro probatorio in attesa dell’ordine della Procura, al fine di fermare il reato in corso e salvare il salvabile, si è colpevolmente e con connivenza lasciato correre. Si è permesso nella solita vergognosa maniera di portare a compimento l’interesse del privato ai danni di un ben pubblico e di inestimabile valore. Ora non si può più tornare indietro. Di quel fantastico territorio ne è sparita buona parte. Sotto gli occhi di chi avrebbe dovuto ma non ha voluto agire. Perché se si vuole salvare il territorio dalla mano assassina ed incompetente di chi dal territorio vuole solo profitto personale, bisogna agire e soprattutto prevenire. I sequestri con concessione d’uso, che avvengono dopo che l’ambiente è stato sfregiato irrimediabilmente sono una presa in giro per l’intelligenza delle persone che hanno davvero capito il valore del nostro ambiente. Sono un ridicolo ed al giorno d’oggi, inaccettabile tentativo per accontentare l’uno e l’altro. Chi compie il reato che continua a compierlo sotto sequestro e chi segnala affinché pensi di aver ottenuto ragione.

Stavolta non v’è manco l’ombra di un sequestro, né probatorio n’è commissionato dalla Procura.

Stavolta, peggio che mai, sembra che un po’ a tutti vada bene così. In fondo nell’omertà siam tutti più felici. O forse, siam tutti un po’ più poveri.

Andateci gioiesi, andateci in quel luogo ricco, vedete cosa ne è rimasto. Un campo arato sulle grotte, un cumulo di polvere di pietre al posto di dolmen e monumenti funerari, uno stelo di paglia al posto del magnifico lentisco. Se ci andate sarete certamente almeno un po’ sviliti per come si possa lasciar compiere un simile disastro. Se ci andate fate un colpo di telefono al CFS di Castellaneta e chiedete come mai a loro, o a chi per loro, l’ambiente, la storia e la natura non interessi. Come mai dopo la segnalazione del WWF, si è lasciato proseguire quell’atto pur avendo constatato la totale assenza di autorizzazioni.

Che vergogna, gente. Che tristezza nel pensare che qui, giù al sud, la ricchezza la si butta via sotto lo sguardo indifferente di chi quella ricchezza dovrebbe tutelarla.

Poveri loro, poveri noi, poveri tutti.

 

Roberto Cazzolla

da Gioia News


Cambio di vertici al WWF, bonifica amianto e progetto carta

Un plauso all’amministrazione per le misure adottate sui rifiuti

30/09/2009

Cambio di vertice per il WWF che ora ingloba all’interno delle sue competenze territoriali anche il Comune di Santeramo in Colle. L’associazione sarà denominata “WWF Gioia del Colle, Acquaviva delle Fonti e Santeramo in Colle. Il nuovo presidente nominato dall’assemblea dell’associazione è Ivana Guagnano, da anni attivista della sezione locale che prende il posto del responsabile uscente Roberto Cazzolla. E’ stato nominato segretario Dino D’Ippolito, anch’egli da tempo volontario per il WWF. Il nuovo numero di telefono dell’associazione è il 3397729678 mentre gli indirizzi e-mail ai quali scrivere sono wwfgioiadelcolle@virgilio.it e wwfgioiacquaviva@netsons.org .

Intanto grande apprezzamento da parte della nostra associazione va alla celerità con la quale l’amministrazione comunale nella persona dell’Assessore all’Ambiente, Bernardino Lattarulo ha recepito la nostra segnalazione di discariche abusive d’amianto nell’agro gioiese presentata qualche settimana fa. L’Amministrazione ha, infatti, trovato un fondo per attivare la bonifica delle aree contaminate da amianto e si è impegnata a procedere celermente nella messa in sicurezza dei siti.

Un’ottima dimostrazione del fatto che quando c’è la volontà politica le cose si possono fare senza far trascorrere tempi geologici prima di agire.

Inoltre, un grande plauso va anche al progetto di raccolta differenziata della carta, del quale la nostra associazione è partner, rivolto agli alunni delle scuole gioiesi, grazie al quale gli studenti avranno modo di gareggiare nella raccolta e nel conferimento della carta la domenica presso la Spes. Di settimana in settimana vi sarà un vincitore di tappa ed alla fine dell’anno scolastico sarà nominato vincitore del concorso lo studente che maggiormente avrà contribuito a raccogliere la carta da riciclare. In palio premi e riconoscimenti.

Riteniamo che questo sia il giusto spirito per incentivare nei cittadini e soprattutto nei giovani la raccolta dei rifiuti in maniera separata affinché vengano ritrasformati in bene di consumo e non accatastati nelle discariche o bruciati negli inceneritori. Grande plauso per questa iniziativa dell’amministrazione, dunque, ma il WWF invita ad estendere con un progetto organico l’incentivo alla raccolta differenziata a tutti i cittadini. A tal proposito negli scorsi anni abbiamo realizzato un progetto di incentivo a premi con raccolta di quartiere dei rifiuti, progetto che abbiamo presentato all’allora assessore all’ambiente, ma che non ha visto considerazione alcuna. Speriamo che questa amministrazione voglia valutare le proposte presentate dalla nostra associazione ed invitare la Spes ad attivare il progetto. Prosegue, invece, a gonfie vele la raccolta dell’alluminio del progetto WWF “Raccolta solidale”. Sono decine gli esercenti che hanno aderito all’iniziativa ed ospitano il bidoncino della raccolta. Per conoscere i locali che aderiscono all’iniziativa presto saranno pubblicati sul nostro sito www.wwfgioiacquaviva.netsons.org gli elenchi ufficiali. Sarà, inoltre, consegnato in questi giorni l’attestato di partecipazione alla raccolta e saranno inviati i bidoni per la raccolta ai bar delle scuole medie superiori. Per informazioni sul progetto è possibile contattale la referente WWF Eliana al numero 3480600238.

 

WWF Gioia del Colle, Acquaviva delle Fonti

e Santeramo in Colle


Campo Boario: manco fossero rifiuti

Stranieri “spazzati via” per far posto alle fiere popolari 

30/09/2008

Manco fossero rifiuti spazzati lontano dagli occhi del popolo, così come a Napoli al passaggio del Premier. Eliminati dalla vista della gente per far posto ad una fiera dopo l’altra. Cancellati come inutili oggetti per i quali non c’è posto dove stare. Vilipesi ed offesi al punto di distruggere la loro casa.

Teatro vergognoso della scena, il Campo Boario. Lì da 28 anni vivono circa cinque, sei persone immigrate, quasi tutte regolari stando alle loro dichiarazioni. Susanna, la veterana del gruppo originaria del Montenegro, una donna affabile, con fare dolce e cordiale non esita a raccontarci come sono andati i fatti, comprendendo la nostra voglia di aiutarla: “Vivevo al campo da 28 anni. In questo tempo con i soldi raccolti chiedendo l’elemosina davanti ai supermercati avevo comprato delle tavole in legno ed un po’ di cemento per costruire la mia capanna nel Campo Boario visto che da anni non lo utilizzavano più. Qui, quando ci siamo trasferiti dal terreno di fronte c’erano solo montagne di rifiuti”. In effetti tutt’intorno troneggiano cumuli di spazzatura, televisori rotti, batterie per auto, inerti, rifiuti d’edilizia, ferraglie, plastica, asfalto ed amianto sgretolato, accumulato da ignoti nell’indifferenza degli amministratori comunali che si sono succeduti in questi anni. Ammassati in quantità tale da poter far rientrare il Campo Boario nell’elenco delle discariche abusive comunali. Ma, invece di provvedere a vigilare affinché gli scarichi abusivi finissero, invece di bonificare l’area, si è lasciato perpetrare il reato in un luogo simbolo della cultura popolare gioiese, dove nel secolo scorso si sono avvicendate sagre e fiere di paese.

In quel posto, adiacente al Macello della Murgia Carni, avviluppato dal nauseabondo olezzo di morte sorgeva sino a meno di un mese fa una piccola struttura manufatta composta da due vani. L’avevano costruita raccogliendo legna qua e là, comprando qualche utensile con i soldi offerti dai cittadini, in silenzio…per vivere.

Poi d’un tratto, alla fine di questa estate “una visita dei Carabinieri. Ci hanno detto che da qui dovevamo andare via – prosegue Susanna, con la voce che si fa fioca per il dispiacere – e che il Sindaco aveva bisogno di questo spazio per fare il mercato. Ci hanno detto che entro dieci giorni dovevamo andarcene”. Tutto qualche giorno prima della tanto pubblicizzata fiera di Santa Sofia che si sarebbe tenuta il 7 settembre al Campo Boario. “Quattro giorni prima che mi abbattessero la casa è venuto il Sindaco e ci ha detto che ce ne dovevamo andare, di prendere le nostre cose ed andare via. Ci avevano promesso di aiutarci a trovare una casa dove andare, invece…”. Invece, dopo qualche giorno dalla visita del Sindaco – “mentre ero davanti al supermercato a chiedere l’elemosina – incalza sconfortata la signora – mi hanno detto che c’era una gru (una ruspa, ndr) che stava distruggendo la casa che avevamo costruito raccogliendo giorno dopo giorno i soldi dell’elemosina. Sono andata a vedere e quando sono arrivata non c’era più nulla. Ecco cos’è rimasto” e ci indica una catasta di travi in legno, teloni e lastre di ferro. “Molte delle mie cose erano là sotto ed ora non ho neanche una pentola per cucinare, neanche un piatto per mangiare”. Non si finisce mai di stupirsi in questo mondo, in questa Italia. Vedi italiani costruire case, baracche, alberghi nei luoghi più protetti del Paese, nelle lame, sulle coste, al centro dei parchi, immobili abusivi, metri cubi di arroganza. Li vedi certi della loro opera, consapevoli del fatto che al prossimo condono, basterà pagare per far sparire l’illegittimità. Ed allora è qui, ancora una volta, il significato morale di questa storia. Basta pagare. Basta esser talmente ricchi da comprare tutto, lo Stato, le leggi. Così, chi ha dieci, cento case abusive vive nella sua ottusa bambagia coccolato dalle leggi ad personam, mentre chi una casa di travi e di pezze riesce a tirarla su con tanti sacrifici, effimera e volatile come foglia al vento, la vede sparire d’un colpo senza il diritto di aver tempo per sapere dove andare. Hanno impiegato quattro giorni per abbattere la casa a della povere gente ma chissà, invece, quanto ci metteranno a Gioia per abbattere il palazzo abusivo costruito dinanzi all’ospedale dalla ditta “Il Selvaggio” e sequestrato dal CFS lo scorso anno? “Da quando mi hanno cacciata dal campo – ci racconta ancora Susanna –  mi sono trasferita a Bari. Ma lì è diverso, la gente non mi conosce, non riesco a fare più di 5 euro di elemosina. Come vivo così? C’era una mia parente della Spagna che mi ospitava a Bari, ma ora è andata via ed io non so come fare. A Gioia la gente mi conosceva, mi voleva bene. C’è chi mi regalava una cosa, chi mi salutava o mi chiedeva come stavo. Persino le persone che abitano intorno al Campo Boario mi volevano bene. Ogni tanto mi venivano anche a trovare”.

Le chiediamo se ha il permesso di soggiorno e ci racconta che glie l’hanno rubato qualche anno fa e che dal consolato montenegrino tardano a fargliene avere una copia. “Vado a Bari quasi tutte le settimane, ma mi dicono di tornare dopo qualche giorno. Ma, ho persino la tessera sanitaria italiana e questo dimostra che sono in regola. Anche i Carabinieri ne hanno una copia e loro sono sempre stati gentili con me”.

Vivevano in cinque. Più una bambina di circa sei anni. Va all’asilo, a Bari. La domenica si ritrovano tutti al campo per stare insieme. Una, due famiglie normali. Con il sogno di una casa.

“Se mi trovano un posto dove stare io me ne vado da qui. Ma non ho i soldi per pagarmi una casa da sola. Ci sono tante case abbandonate a Gioia, possibile che non ci sia niente per me?”.

Spazzati dunque per far posto ad una fiera. Una fiera, quella in onore di S. Sofia, “dell’Agricoltura e dei Vecchi Mestieri” recitava lo slogan, che altro non era che un’accozzaglia di bancarelle e cavalli. Una decina in tutto, le bancarelle. Quattro o forse cinque, i cavalli. Un vivaista, un venditore di vestiti militari, un tavolino della Coldiretti. Visitatori totali? Se facciamo la tara si contano sulle dita. Evento pubblicizzato da manifesti per tutto il paese. Un ritorno al passato. Vero. Anche per i diritti umani.

Sullo sfondo, montagne di rifiuti. L’Appennino della monnezza a far da poster.

Vale allora più onore per la fascia tricolore al petto l’aver spazzato immigrati, liberato gli onesti cittadini italiani dall’orribile vista di quella struttura, di quella gente, raminga, elemosinante, “mangiatrice di bambini” che bonificare un suolo pubblico dai rifiuti cancerogeni, abbandonati illegalmente e lasciati da cornice ad una festa popolare? Vale più una fiera mal riuscita, un palcoscenico del buon operato, di gente mandata allo sbando in dieci giorni dopo averla ignorata per 28 anni? Qualcuno potrà obiettare che non si è certi che siano tutti immigrati regolari e che la struttura costruita fosse abusiva. Che dire allora del fatto che adesso cinque persone ed una bambina non hanno più un posto dove stare e dormono sotto un ponte? Che dire allora di come l’intolleranza umana, l’incalzante xenofobia, la politica di facciata che caratterizzano purtroppo ormai buona parte dell’Italia, le ha eliminate per pulire la vista ai gioiesi ammaliati dallo spirito organizzativo dell’amministrazione, ed  invece i rifiuti ammucchiati col loro carico di malattie sono ancora lì, ora che quella gente è andata via? Vale più una vita umana di una fiera d’apparenze? Vale più una storia, di travagli, di sofferenze di una caterva di rifiuti?

Gli immigrati sono stati cacciati, i rifiuti sono ancora là.

Volendo, allora, andare più a fondo si potrebbe ribattere che quella fiera e la Festa dell’Aia, ennesimo flop con pochi stand ed esigui visitatori organizzata il 28 settembre, probabilmente neanche si potevano autorizzare in quel immondezzaio. Se l’ASL avesse verificato l’idoneità igienico-sanitaria di quel campo, siamo certi che mai lo si sarebbe aperto al pubblico. Ed allora è più giusto mandar via con un ultimatum della gente ormai inglobata nella comunità, accettata e rispettata, gente sempre gentile ed educata rea soltanto di volere un tetto sotto cui vivere, che rimuovere quei cumuli prima che i cittadini potessero avvicinarsi?

Adesso le sagre e le feste sono finite, l’inverno sta arrivando e con esso il freddo. Al Campo Boario i rifiuti ci sono ancora. O forse per la mente di chi ritiene gli immigrati, gli stranieri, i diversi alla stregua di spazzatura, i rifiuti al Campo Boario non ci sono più!

 

Roberto Cazzolla

da Gioia News


Finalmente una soluzione al problema randagismo

WWF: Grande soddisfazione per le decisioni dell’amministrazione

 03/09/2008

La sezione locale del WWF Italia, di Gioia del Colle ed Acquaviva delle Fonti esprime grande soddisfazione per il provvedimento adottato in questi giorni dall’Amministrazione comunale per la risoluzione del problema randagismo.

Sono finalmente state accolte proposte che da tempo facevamo alle amministrazioni che si sono succedute senza vedere alcun risultato. Da un canile non autorizzato, ad una preoccupante convenzione con il rifugio di Cassano, sino a giungere all’appalto dell’ENPA scomparsa poi nel nulla, si è arrivati inaspettatamente ad una soluzione condivisa sulla gestione e la tutela degli animali d’affezione. E’ stato affidato mediante gara d’appalto il servizio di cure e sterilizzazioni  dei randagi ad un noto veterinario gioiese ed affidata la gestione del canile ad una ditta di Noci.

Non possiamo che essere soddisfatti per la preparazione, la professionalità e la moralità del veterinario che provvederà a sterilizzare le cagne e prestare servizio al canile. Sarà necessario affiancare alla profilassi la microchippatura dei randagi e l’anagrafe. In questo senso, invitiamo il Sindaco, al quale va tutto il nostro apprezzamento per la rapida, trasparente ed  osannata decisione di porre fine ad un problema che a Gioia sussiste da tempo, ad emettere un’ordinanza comunale che rafforzi le attuali normative ed obblighi tutti i possessori di cani a registrarli entro trenta giorni dall’ufficializzazione del provvedimento ed incarichi due agenti di Polizia Municipale di effettuare controlli a campione nelle masserie ed ai possessori di cani per verificare la registrazione ed, in caso contrario, applicare le sanzioni previste dall’ordinanza. Perché, se è vero che la sterilizzazione invocata dalla nostra associazione da anni, è il miglior rimedio contro la proliferazione incontrollata dei cani, la mancanza di un registro e di sanzioni per i padroni non permettono al sistema di chiudersi adeguatamente e portare quasi a zero fenomeni come gli abbandoni.

Ci auguriamo che la ditta che prenderà in gestione il canile comunale mantenga il rispetto ed il rigore etico che hanno contraddistinto, nonostante le poche risorse finanziarie e lo scarso personale, la gestione precedente e che possa inglobare nel suo organico gli operatori che sino ad oggi si sono occupati del corretto mantenimento della struttura.

Auspichiamo un incremento delle iniziative per l’adozione dei cani ospitati al canile ed una ripresa del volontariato nella struttura, in modo da rendere l’intera gestione pubblica e trasparente, finalizzata alla tutela dei cani e dell’uomo.

Speriamo, infine, che le voci giunte da palazzo riguardanti il rinnovo della convenzione con la struttura privata e più volte denunciata per maltrattamenti e sequestrata, di Cassano Murge sino a dicembre 2008, risultino non veritiere e che, comunque, possa essere immediatamente annullata la convenzione con questa struttura ora che ci si è attivati per un problema che gestito con professionalità, legalità e dignità diventa il fiore all’occhiello di una comunità che vuole risultare moralmente elevata e capace al tempo stesso di tutelare il benessere dei cittadini e degli amici a quattro zampe, vittime ingiuste di affari e sporchi traffici.

 

WWF Italia, sezione locale di Gioia del Colle ed Acquaviva delle Fonti


INCHIESTA: Ci han fatto girare le palme!

Tutta la verità sulle piante girovaghe di P.zza Don Luigi Sturzo

31/08/2008

E’ proprio il caso di dirlo. Stavolta l’han fatta grossa. E non perché il trasloco di una palma meriti tutto l’interesse che è stato riservato dalla stampa locale, ma per il fatto che le piante in questione siano diventate oggetto di scambio, di favore si direbbe, tra amministratori e noti imprenditori gioiesi.

Le palme, diciamolo a gran voce, nulla hanno a che spartire con la nostra penisola, trattandosi di piante ben adattate ad altri climi e soprattutto a differenti condizioni edafiche. Tant’è che nel paese del sole, queste sono sempre più colpite da coleotteri parassiti vivacemente colorati, appartenenti alla famiglia dei Curculionidi, chiamati Punteruoli rossi. L’insetto si diffonde rapidamente ed attacca il fusto delle palme sino a quando queste non muoiono per perdita dei liquidi. Molte piante adulte sono state colpite negli ultimi anni. Eppure, nonostante le numerose precauzioni richieste dalle leggi e dai regolamenti forestali per la rimozione, la potatura, il trattamento o l’espianto delle palme attaccate dal parassita, il 29 luglio a Gioia del Colle, in una calda mattina d’estate (erano circa le sette del mattino), indisturbati e senza la benché minima precauzione alcuni operai si accingevano a spiantare le otto palme poste presso Piazza Don Luigi Sturzo, in via G. Di Vittorio. All’arrivo degli agenti della Forestale, allertati da alcuni residenti, la situazione appariva alquanto confusa. Due delle palme erano già state trasferite presso l’Approdo di Federico, noto centro residenziale dello Studio Tuccillo. Delle ragioni del trasferimento, però, nessuno era al corrente.

Apparentemente, neanche l’amministrazione comunale visto che alle ore 11:00 circa, dopo i controlli degli agenti del CFS, giungeva un documento dell’Ufficio Tecnico a firma dell’Assessore ai LL. PP. Sante Celiberti che autorizzava la Società PROMOSPORT, la stessa che sta mettendo in opera la piscina, “ad espiantare n° 8 alberi di palme da via G. Di Vittorio ed a impiantare le stesse nell’area adiacente la palestra comunale (n°4 piante) e nell’area adiacente la piscina comunale (n° 4 piante)”. Tale lettere giungeva, però, con data del giorno stesso dei lavori (29/07/’08), aspetto che ingenera due interrogativi.

Primo: a che ora (le 5:00? Le 6:00?) è stata concessa l’autorizzazione ai lavori se gli operai della ditta erano già sul posto alle 7:00 del mattino? Probabilmente si tratta di un autorizzazione rilasciata dopo l’inizio dei lavori.

Secondo: come mai dopo l’arrivo della prima autorizzazione ne è giunta un’altra con stesso numero di protocollo (N° 1611), il che è già un’anomalia, nella quale si autorizzava un’altra ditta, la Società APPRODO (il nome ricorda qualcosa…) “a parziale modifica della precedente nota pari numero in data odierna, ad spiantare n° 8 alberi di palme da via G. Di Vittorio […], ed ad impiantare le stesse nell’area adiacente la palestra comunale (n° 4 piante)”.

Quindi, dopo le segnalazioni dei residenti e l’arrivo della Forestale, i movimenti sulla scacchiera del “municipio delle palme”, sono cambiati in men che non si dica. Delle 4 palme che dovevano finire presso la piscina comunale non c’è più traccia nella seconda lettera di modifica, stavolta a firma anche del dirigente U.T.C., Ing. Nicola Bartolomeo Laruccia.

Come mai, quindi, al Palazzo vi è stato un così repentino cambio di indicazioni? Forse l’estetica ha suggerito di evitare la localizzazione delle palme presso la piscina? O forse, qualcuno si è reso conto che tale operazione avrebbe destato notevoli sospetti circa la “donazione” di piante di grande valore economico (alcuni vivaisti stimano cifre per palme adulte tra 15000 e 20000 euro) piantate su territorio pubblico ad un suolo che tanto pubblico non lo è più?

Quel che è certo è che dopo un attimo di sbandamento le due palme piantate presso l’Approdo di Federico si sono volatilizzate. Le foto documentano lo strano caso delle palme girovaghe. Prima ce n’erano 8 in P.zza Don Luigi Sturzo. Di queste 2 erano finite al centro residenziale. Dopo poco, neanche il grande mago Silvan sarebbe all’altezza, queste ultime si sono volatilizzate.

Ma il grande numero di prestigio non si è concluso così. Il colpo di scena, come in ogni spettacolo che si rispetti, c’è stato. Le due palme sono ricomparse, una presso il Palestrone Comunale e l’altra ritornata miracolosamente alla sua localizzazione d’origine.

C’è da dire che simili numeri riescono solo agli specialisti!

L’aspetto più inquietante della vicenda lo si apprende scorrendo le righe della seconda parte dell’autorizzazione all’espianto rilasciata alla ditta Approdo s.r.l.: “A compensazione dello spianto/impianto effettuato si autorizza, altresì, la stessa Società ad allocare le ulteriori 4 piante nell’area di proprietà della stessa ubicata in Via Luigi Chiarelli in Gioia del Colle”.

Un po’ come dire: visto che non possiamo, per ragioni da noi indipendenti (ah, se la gente si facesse gli affari propri), farvi piantare le palme pubbliche sul vostro suolo privato dove avete costruito una bella piscina che di “comunale” ha ben poco, vi “regaliamo” una parte del “bottino” e ve lo piantate nel giardino di casa vostra. De Roberto ed i Viceré ne sarebbero sconvolti. Voltaire non credo intendesse questo, quando diceva di “coltivare il proprio giardino”.

Una logica da massoni, vassalli dell’era moderna che scambiano il bene pubblico per interessi privati e che rappresenta l’aspetto più oscuro ed a tratti vergognoso della vicenda.

Resta il fatto che tale operazione chiamasi in gergo economico-commerciale, “partita di giro”, atto che come confermatoci da noti amministrativisti, è del tutto illegittimo se a compierlo sono amministrazioni pubbliche. Chissà se il CFS se ne avvedrà!

Quindi dall’incredibile girar di palme ne risulta un’illegittimità di atti autorizzativi, un non rispetto delle norme forestali per l’adeguato trasporto delle palme, una probabile assenza di gare d’appalto per l’affidamento dei lavori, una realizzazione di atti pubblici autorizzativi postumi rispetto ai lavori.

Prima di tutto, però, ciò che ne vien fuori è il solito modo di fare delle nostre terre. Lo scambio di favori a discapito della cosa pubblica, dell’interesse comune, tra amministratori ed imprenditori. Lo stesso modo di fare che in tempi non remoti ha portato le logge a devastare, svendere, vessare nel letame le nostre bellissime città…la nostra bellissima terra.

Lo stesso che porterà due palme certamente alla morte, decine di cittadini all’indignazione, corpi forestali alle indagini, amministratori alle scuse, imprenditori ai soliti affari e…nulla più.

Come ormai troppo spesso capita dalle nostre parti, il tutto finirà nel silenzio generale. In quella stupida omertà che rende complici del male silenzioso che permea le stanze dei bottoni. Ovunque esse siano.

 

Roberto Cazzolla

da Gioia News


Sagra della mozzarella: la solita bufala!

Scarso interesse e cattiva organizzazione, così non si crea  turismo

 25/08/2008

Sagra: festa popolare in occasione del raccolto o per la celebrazione di un prodotto tipico. Così recitano i dizionari italiani. Peccato che di popolo alla sagra della mozzarella se ne è visto ben poco. O meglio, il popolo c’era ma per la maggior parte era quello che la mozzarella la conosceva sin troppo bene tanto da contribuirne alla manifattura, al trasporto della materia prima, all’allevamento dell’animale origine della suo siero. In parole povere, il popolo partecipante alla sagra come da molti anni a questa parte, era costituito quasi esclusivamente da allevatori, caseari, trasportatori del latte della zona. Di residenti dei comuni limitrofi neanche l’ombra.

Ma come fare una colpa ai “forestieri” se disdegnano la sagra nostrana per buttarsi a capofitto a Sammichele ove la zampina (di cosa? Non lo si è mai capito!) regna sovrana, a Noci tra pettole e castagne, a Putignano, a Locorotondo, a Turi, etc. Non è colpa loro se la “benedetta dalle alte cariche dello Stato, Sagra della Mozzarella di Gioia del Colle” la si organizza anno dopo anno, con un’ottusità inaudita, intorno alla piazza del paese, concentrando in pochi metri quadrati l’evento che più di altri dovrebbe essere simbolo identificativo della cultura, del turismo e dei prodotti tipici gioiesi.

Non è colpa dello sventurato forestiero se dopo decine di chilometri si ritrova schiacciato tra le persone accalcate intorno ai pochi stand che circondano la piazza.

Non è colpa del turista se giunto alla sagra trova ad accoglierlo un poco noto artista, con molto note ristrettezze di repertorio, accompagnato da un tristemente noto presentatore.

Povero entusiasta ramingo in terre gioiesi, che t’aspettavi l’evento dell’anno ed invece vorresti scappare al più presto. Anche perché, effettivamente, dopo qualche minuto di passeggiata intorno alla piazza, dopo due pestoni della calca, dopo aver perso mezzora per assaggiare una mozzarella, contesa con i denti, la clava ed il fetor d’ascelle dal troglodita che ti sta davanti, che sembra non mangi da giorni, dopo aver cercato un punto silenzioso della piazza ove riposare le orecchie da “zitelle” che non se ne può più, non ti resta che, sconsolato, prendere la via di casa e scrivere “MAI PIU’” sul manifesto della “Sagra della Mozzarella di Gioia del Colle” che capeggia la bacheca vicino al tuo portone.

Eppure, ad ogni cambio di amministrazione si spera che qualcuno si accorga che c’è qualcosa che non va. Che i turisti non vengono. Che i residenti la snobbano. Che sul palco si inscena l’elogio della noia.

Si ha l’abitudine di osservare con sorriso beffardo tutto ciò che va male intorno a noi. Sarebbe il momento di iniziare anche a guardare ciò che c’è di buono fuori dalle nostre mura. Ed in molti tra i gioiesi lo fanno. Poi ci si lamenta della scarsa vitalità delle serate a Gioia.

Perché non prendere quel che di buono si fa a Noci, ad esempio. Dove la sagra è una scusa per attirare turisti da ogni dove e farli passeggiare tra un assaggio e l’altro lungo le vie del centro storico che nulla ha da invidiare a quello gioiese. Lì, in maniera un po’ più lungimirante, han capito che dislocare gli stand nei vicoli, sotto gli archi, nei borghi, li fa apparire numerosi, stimola il visitatore alla scoperta, crea la possibilità di inserire tra un percorso e l’altro eventi di strada, artisti, gruppi musicali. A Sammichele hanno capito, invece, che la loro risorsa è nell’artista di punta, in piazza, per tutti. Così mentre a Gioia cantava Beppe Junior, il comitato della Sagra della Zampina esponeva manifesti con Fiorella Mannoia e Gianluca Grignani. Erano più coloro che guardavano i manifesti di quelli che erano rivolti verso il palco. Qualcosa vorrà pur dire.

Se si utilizzasse l’intero centro storico, come mirabilmente fatto per il Festival delle Arti e Gli Artisti di Strada, per distribuire i vari stand, alternandoli a gruppi musicali locali, a cabarettisti, giocolieri, etc. lasciando alla piazza centrale esclusivamente il palco ove ospitare un artista con almeno tre brani di repertorio e di questi uno inciso tra il 1900 ed il 2008, sarebbe già un grande successo e la Sagra della Mozzarella potrebbe ambire a ben altre prospettive.

Se poi, la mozzarella simbolo di un territorio fosse la scusa per raccogliere, associare, promuovere tutta una serie di prodotti tipici locali, per avvicinare giovani alle bellezze storiche e culturali della città, per dare nuova luce ad un centro storico antico e ricco di tradizioni, ad un castello che ad oggi non ha neanche una guida, neanche un opuscolo in due lingue, ad un parco archeologico dove i morti della necropoli sono più dei visitatori, ad un territorio che con adeguati percorsi a piedi o in bici potrebbe essere mostrato durante i giorni di sagra ai turisti ed ai forestieri in tutta la sua bellezza, allora sì che cibo, cultura e territorio potranno davvero donar lustri ad una città coi paraocchi, ove il bello è tenuto nascosto ai più.

 

Roberto Cazzolla

da Gioia News


Edilizia selvaggia ed incendi, le piaghe del nostro territorio

Costruzioni inopportune ed incendi dolosi stanno distruggendo il grande patrimonio naturalistico e culturale della città di Gioia del Colle

23/07/2008

Colori sgargianti, terrazze vetrate, piani rialzati in legno, tetti antichi rimossi, murature rivestite. Sono alcune delle più incredibili brutture che giorno dopo giorno stanno trasformando le abitazioni più vecchie del centro storico gioiese in avveniristiche, ma altrettanto inopportune, abitazioni del futuro. Pugno nell’occhio per chi osserva. Sfregio irrimediabile per chi ricorda il tempo in cui le antiche abitazioni, le case padronali, reggevano il cielo sopra la città. Tutt’intorno al castello che vide le gesta di Federico II, sorgono come funghi dopo un acquazzone, orribili creature murarie frutto della spenta fantasia di geometri ed ingegneri. Gli stessi che i lavori li decidono, li appaltano, li commissionano, li regolamentano e li pongono in essere. Gli stessi che passeggiano beati, come ridicoli apparenti intellettuali, lungo i corridoi del Palazzo, lungo le vie cittadine, affermando ad ogni piè sospinto il proprio interesse per il “bene comune”. Certo, solo però, se il “bene comune” è appannaggio sempre degli stessi faccendieri che ora dopo ora, per il solo interesse economico, riducono in briciole mura di storia, ammirevoli sforzi dei passati sudori, fortezze di vita quotidiana, per lasciar posto a nuovissime abitazioni che punteggiano sempre più fittamente un centro storico ricco di leggende, che nessun lungimirante amministratore sino ad ora ha saputo far fiorire.

Così, muore la storia, muore la gente, muoiono gli ultimi anziani che ricordano un mondo, una città ed un tempo diverso, dove ancora, almeno, c’era spazio e tempo per pensare, per progettare, per decidere come costruire una città perché fosse elemento di pregio per tutti, un motivo di vanto con i cittadini dei comuni vicini e non di guadagno per pochi. E come se non bastasse, tali obbrobri stanno decimando, in palese violazione della normativa europea denominata “Uccelli”, i nidi di una delle specie più belle, eleganti e caratteristiche del nostro comune: il Falco grillaio. Sembra che in pochi a Gioia ne conoscano l’esistenza, eppure sono molti i turisti, soprattutto stranieri che arrivano in città con i binocoli alla mano, per osservare una specie inserita nella Lista Rossa degli animali da tutelare. E noi, invece, che facciamo? Distruggiamo i siti per la loro nidificazione, distruggiamo i tetti antichi, chiudiamo vecchie aperture nei muri, occludiamo le verande, poniamo reti e retine dinanzi a sottotetti. Fuori la storia, fuori l’identità e fuori anche i Grillai.

Ma tanto di piaghe, qui a Gioia, ce n’è più d’una. E’ iniziata come peggio non poteva la “stagione degli incendi”. E’ divampato nel pomeriggio del 12 luglio ed ha richiesto l’intervento delle forze della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco con 3 mezzi aerei e del Corpo Forestale dello Stato, un disastroso incendio lungo la fascia boscata tra Gioia del Colle e San Basilio. Proprio quella risparmiata e salvata dalle fiamme dell’estate dello scorso anno. In quell’occasione, buona parte dei boschi adiacenti a Gravina S. Croce andò distrutta ed in tempi non sospetti fu lanciato l’allarme del pericolo speculazione su un’area che tanto fa gola ad imprenditori, costruttori edili, amministrazioni e proprietari terrieri. Oggi, la sistematicità e la precisione con la quale è divampato l’incendio, non lascia dubbi all’ipotesi dolosa e conferma le preoccupazioni inascoltate lanciate la scorsa estate. Il fuoco sembra essere stato appiccato in più punti, nei pressi di Casino del Duca sulla strada provinciale 23, in direzione Castellaneta. Il perimetro del fuoco è, incredibilmente, quello della parte boscata ad altissimo valore ecologico, che lo scorso anno fu risparmiata dalle fiamme. Basta osservare la cartina che alleghiamo a questo comunicato stampa per rendersene conto. Tale aspetto inquitante non lascia dubbi sulla volontà di qualcuno di radere al suolo boschi inseriti all’interno di ben due Siti d’Interesse Comunitari (SIC) ed in Zone di Protezione Speciale. Forse gli interessi edilizi e commerciali, forse i vincoli per pastori e agricoltori o forse ragioni che sfuggono alla ragione hanno spinto la mano di qualcuno a distruggere sistematicamente, anno dopo anno, una delle aree più belle del nostro territorio ove ancora sopravvivono specie rare, come il Cerambice delle Querce, i coleotteri del genere Lucanus, numerose Orchidee, l’Arum apulum, etc. Ora, invece resta solo cenere, frutto dell’ignava ingordigia umana, della dilagante ignoranza e dell’impunità di cui gode molto spesso chi devasta interi territori in cambio di favori o concessioni. L’epilogo di una vicenda assurda e scandalosa è arrivato oggi.

Quella che, soltanto lo scorso anno, sembrava solo un’esagerata provocazione si è concretizza. Ciò che restava è andato via. Tornerà. La Natura ritorna sempre. Ma lo farà fra decine d’anni, forse quando un uomo migliore sarà pronto ad accoglierla ed a rispettarla. Forse quando qualcuno, avvisato per tempo dai “catastrofici ambientalisti” farà davvero qualcosa. Agirà per far ciò per cui viene pagato. Smetterà di poltrire sotto la dolce ala protettrice della legge che punisce severamente chi sbaglia inavvertitamente e coccola, incentiva, promuove chi sistematicamente compie gravissimi reati contro l’umanità e l’ambiente.

In due estati abbiamo, tutti, perso un pezzo di noi stessi. Un territorio che si poteva salvare, che si poteva tutelare. Un territorio che si voluto far distruggere.


Sfiorata la strage in spiaggia,

paura per un aereo militare partito da Gioia

Ancora polemiche per i voli militari pericolosi per i civili

26/06/2008

Era partito dalla base militare di Gioia del Colle l’Eurofighter che martedì pomeriggio ha rischiato di uccidere decine di bagnanti che trascorrevano tranquillamente il pomeriggio sulla spiaggia di San Vito a Taranto. Una strage sfiorata. Un volo militare ancora una volta minaccia i civili. Ma in Italia non siamo in guerra. O forse no? Due o tre piroette a 15-20 metri dagli ombrelloni, raccontano i bagnanti, poi un grande vortice d’aria, decine di ombrelloni sradicati e diretti violentemente contro i bagnanti; sdraio ribaltate; panico alle stelle ed una bambina ferita ad una mano. “Sembrava stesse precipitando sulla spiaggia – raccontano – poi all’improvviso ha ripreso quota”. Per qualche minuto si è temuto il peggio.

Non sarebbe stato il primo incidente simile. Non sarà di certo l’ultimo episodio simile. Vicenda assurda. Scandalosa. Come può un velivolo militare compiere voli su di una spiaggia frequentata? Come può roteare, piroettare come un aquilone della morte sulla gente che fa il bagno? E’ già a dir poco vergognoso che ogni giorno i cittadini gioiesi debbano sentirsi rombare nelle orecchie decine di decibel di fastidiosissimo rumore prodotto dai motori di scatolette volanti osannate e celebrate come splendidi esempi aviari, che rischiano di compiere una tragedia quando meno te lo aspetti. E’ già a dir poco vergognoso che ogni giorno i cittadini di Gioia del Colle e dei comuni limitrofi debbano ricevere dall’alto tonnellate di gas di scarico, sostanze tossiche e cancerogene prodotte in quantità enormi (come se circolassero sulla nostra testa migliaia di auto concentrate in un solo volo). E’ gia a dir poco vergognoso che si continui a permettere allo strapotente e strafottente corpo militare di prendere quota in linea d’aria con le abitazioni e di atterrare sfiorando a pochi metri le villette di campagna. E’ già a dir poco scandaloso che per ogni volo di esercitazione si spendano circa 3-4 mila euro di soldi pubblici pagati dai cittadini allo Stato, che finanziano prove future di guerre e bombardamenti. E’ già a dir poco vergognoso vivere in una città militarizzata il cui livello di inquinamento atmosferico ed acustico non è mai stato verificato per non mettere in imbarazzo il 36° stormo. E’ già a dir poco vergognoso sobbalzare d’improvviso dalla poltrona di casa per il fortissimo rumore di un aereo, col timore di un conflitto o di un incidente. E’ già a dir poco vergognoso vivere in una città dove il reale pericolo che uno di quei voli di “esercitazione” precipiti non è mai stato portato a pubblica conoscenza.

Ma ora, che una bambina sia stata ferita da un aereo militare partito dalla base di Gioia del Colle, che una vera tragedia sia stata sfiorata per puro caso, è davvero troppo. E’ una vergogna ed un fatto gravissimo, che non deve passare inosservato e finire presto nel cestino del dimenticatoio. Come cittadino gioiese mi sento offeso ed in colpa nei confronti di quella gente distesa tranquillamente al mare. Mi sento indignato per tutte quelle popolazioni “colpite” dai voli per “conflitti di pace”, per missioni di “sostegno all’estero”. Mi sento mortificato per le decine di vittime dell’assurdo gioco che l’uomo chiama “guerra”.

Mai più, deve accadere una cosa simile. Mai più un civile deve essere direttamente o indirettamente vittima degli inquinanti, dispendiosi e pericolosi “giochi sulla testa della gente”. Volino gli uccelli, volino gli aquiloni, cadano le stelle, ma gli aerei militari lascino in pace la nostra Terra.

In segno di protesta e solidarietà con tutte le persone vittime dirette o indirette delle azioni militari, consegnerò al Sindaco di Gioia del Colle, una lettere simbolica di rinuncia all’appartenenza alla città di Gioia del Colle, sino a quando i voli dell’Aeroporto Militare non smetteranno di mettere in pericolo la gente. Gioia non ha bisogno dell’Aeroporto Militare per essere conosciuta nel mondo.

Non pretendo che anche voi, cittadini, facciate lo stesso. Vorrei solo che di tutto questo, siate almeno un pochino schifati!

 

Roberto Cazzolla


Quei tavoli all’aperto: da restrizione ad opportunità

Polemiche sulle concessioni. Risponde l’Assessore Tommaso Donvito e sorge una proposta

24/06/2008

Non sarà la solita estate. Almeno non per tutti. Molti bar e pizzerie gioiesi rischiano di vedersi negata l’autorizzazione alla sistemazione di sedie e tavolini all’esterno per dar ricetto agli accaldati cittadini ed ai turisti a zonzo. La speranza per i commercianti che ancora non hanno ricevuto, da parte dell’Ufficio Igiene, la DIA (dichiarazione di inizio attività), documento necessario per l’avvio degli spazi ristoro all’aperto, viene dal nuovo regolamento per la “somministrazione di alimenti e bevande” che, secondo l’Assessore al cittadino ed alla Polizia Municipale, dr. Tommaso Donvito: “Dovrebbe essere realizzato entro fine settimana”. “Il problema, però – continua l’ass. Donvito – è che l’ordinanza vigente del Ministero della Salute (3 aprile 2002), autorizza gli spazi all’aperto solo a quegli esercizi che sono direttamente collegati al luogo ove presenti i tavoli. Questo crea problemi di interpretazione, poiché non si può ben definire cosa voglia dire ‘direttamente collegati’. I problemi principali sono legati alla Medicina del Lavoro ed all’Igiene. E’ innanzitutto l’Ufficio Igiene che rilascia la DIA, poi Ufficio del Commercio ed Ufficio traffico possono procedere con l’autorizzazione”. Ma ciò che più preoccupa i commercianti è l’eventualità che in alcune situazioni tale autorizzazione possa non essere rilasciata. “Se vogliamo essere più liberali dobbiamo trovare degli escamotage, come far coprire i vassoi con campane di vetro per evitare la contaminazione dei cibi durante il trasporto all’esterno. Rimane, però, il problema della sicurezza sul lavoro. Se, ad esempio, un cameriere mentre attraversa una strada per servire i clienti ai tavoli viene investito, come si potrà giustificare la situazione all’Ispettorato del Lavoro che interviene in questi casi?”.

Effettivamente il problema sicurezza è ciò che più in questi giorni tiene banco nelle sedi mediatiche ed anche il mondo politico si adegua per evitare spiacevoli ed a volte, tragiche, situazioni. Il compromesso, però, tra il rispetto della legge, la sicurezza dei lavoratori e la rivalorizzazione dei luoghi storici e dei quartieri comunali deve essere raggiunto, altrimenti si rischia di disincentivare il turismo e si assopisce la vitalità estiva della città. “La domanda, un po’ provocatoria che io rivolgo – prosegue l’assessore – è questa: posso io mettere la sicurezza delle persone dopo il guadagno di un esercizio commerciale? Nel centro storico non ci saranno grandi problemi per bar e pizzerie all’aperto perché il traffico veicolare è ridotto. Stiamo cercando, come amministrazione, di non bloccare gli esercizi e rendere vivo il centro storico”.

A partire dall’ufficializzazione del nuovo regolamento comunale, dunque, molti commercianti vedranno risolti i loro problemi autorizzativi ma, in alcuni casi, l’apertura di spazi all’esterno dei locali sarà vietata a causa di marciapiedi stretti, passaggi ostruiti e strade troppo trafficate che dividono l’esercizio dai tavoli all’aperto. Certo, ancora più provocatoriamente, si potrebbe lanciare l’idea alla nuova amministrazione di bloccare per i due mesi estivi di agosto e settembre il traffico veicolare all’interno del centro storico e su alcune strade che lo circondano. Magari soltanto nel week-end ed autorizzare la vendita all’esterno in quelle giornate, in cui oltre a gustare un gelato all’aperto si eviterebbe di inalare inverosimili nefandezze prodotte dai tubi di scappamento. Perché, se può apparire un escamotage coprire i vassoi con campane in vetro, non si può ignorare quante polveri sottili e quanti composti chimici pericolosi, il cittadino o il turista inala sedendo tranquillamente all’ombra di un gazebo da bar. Ed allora, piuttosto che aggirare il problema, perché non chiudere al traffico tutti i sabato e le domeniche estive, donando aria meno inquinata alla gente e possibilità di consumazione all’aperto anche per quei locali che non hanno la fortuna di avere dinanzi un ampio marciapiede o una stradina poco trafficata del centro storico? Chissà, magari questo farebbe la felicità di molti e renderebbe Gioia il primo Comune a traffico zero. Almeno nel fine settimana. Almeno nel centro urbano. Comunque è pur sempre un inizio.

Chissà, magari arriverebbero più turisti anche da Comuni limitrofi. Perlomeno attirati dall’aria più pulita e dai molti bar e pizzerie “al fresco”.

Chissà, magari si potrebbero creare delle mostre per tutto il centro storico, delle sagre con percorsi enogastronomici, delle feste di quartiere e riportare un po’ di vita in una città con enormi prospettive turistiche, bloccata, spesso come in questo caso, dalla dilagante ed a volte ridicola burocrazia.

Magari, chissà, stavolta è la volta buona.

 

Roberto Cazzolla

da Gioia News


Arriva l’estate: tutelare l’ambiente di mare, boschi e città

Ognuno è chiamato al rispetto dei luoghi di villeggiatura

 24/06/2008

Come ogni estate che si rispetti si avvicina il momento di decidere dove trascorrere le proprie meritate ferie. Spesso la scelta cade sulle località marittime, ma c’è chi decide di trovare la pace dei sensi nei boschi di montagna o nella villetta in campagna. Altri per evitare il classico stress da vacanza o scongiurare i prezzi esagerati di un posto in spiaggia, scelgono di restare in città.

Molti gioiesi sono già intenti ad organizzare le proprie vacanze ma, insieme ai diritti che ognuno richiede a gran voce, è necessario non dimenticare alcune buone regole civiche ed i doveri che ogni cittadino ha nei confronti dei luoghi di villeggiatura scelti.

Se la meta prescelta è il mare sarà bene ricordarsi che le località più gettonate sono anche quelle dove insiste un più alto impatto ambientale e dove la pressione turistica, specie se si tratta di mete esotiche, rischia di rovinare il delicatissimo equilibrio di quei luoghi. Quindi meglio una meta non troppo frequentata. E’ importantissimo evitare qualunque azione che possa danneggiare l’ambiente che abbiamo scelto di utilizzare momentaneamente come luogo di svago. Oltre alle ovvie raccomandazioni di non lasciate rifiuti in spiaggia (accade soprattutto dopo i falò notturni) e di realizzare la raccolta differenziata (se il Comune dove siete in vacanza non ha predisposto i bidoni, recapitate direttamente al sindaco i sacchi differenziati e chiedetegli di avviare la raccolta), bisogna ricordare che uno stile di vita sobrio (anche in vacanza) ci permetterà di poter godere di quei posti da sogno ancora per molti anni. Quindi, evitare di consumare acqua confezionata e cibi avvolti in numerosi imballaggi, magari utilizzando fontane pubbliche con acqua potabile e consumando le prelibatezze locali; non danneggiare la fauna marina del posto (pesci pescati e lasciati agonizzanti sulla spiaggia o ributtati mezzi morti in acqua non fanno di voi dei gran turisti rispettosi); lasciare in pace le meduse che, anche se pescate con retini e simili continueranno a proliferare nei nostri mari sempre più caldi se, quando torniamo a casa, accendiamo per ore a manetta i condizionatori o ci spostiamo per chilometri in auto invece di privilegiare i ventilatori a pale, il treno o i mezzi pubblici. Se scegliamo di andare al ristorante sarà meglio evitare di ordinare pesci come tonno, nasello, salmone, orata, merluzzo e scorfano o scampi, gamberetti, cozze e calamari che subiscono pesantemente gli effetti dell’overfishing (pesca oltre i limiti sopportabili dalla popolazione naturale)  privilegiando sgombri, aringhe e carpe. Utili accorgimenti in spiaggia sono quelli di evitare di spalmarsi creme solari poco prima di entrare in acqua e di rimuoverle con un telo se la pelle non le ha ancora assorbite (non vorrete mica far il bagno nel mar morto?) e di non fare docce a mare con shampoo e bagnoschiuma che tornano ad inquinare la costa (basta sciacquarsi e poi utilizzare a casa saponi, meglio se naturali e biodegradabili).

Per chi sceglie le vacanze in montagna o in campagna diventa d’obbligo stare molto attenti a segnalare eventuali incendi, appiccati di frequente in questi giorni, al 1515 del CFS. I boschi gioiesi spesso vengono carbonizzati da ritardi di segnalazione ed intervento. Un minuto prima e decine di ettari possono essere salvati. In campagna e durante le passeggiate evitate di danneggiare i muretti a secco (senza i quali le nostre terre sarebbero aride come deserti) ed evitate di raccogliere piante o animali che dopo poco seccano o muoiono.

La città, in estate può riservare piacevoli sorprese a patto che si eviti lo spreco di acqua potabile, l’accumulo di rifiuti non differenziati e l’utilizzo eccessivo di refrigeratori d’aria che, paradossalmente, tanto contribuiscono al riscaldamento del pianeta.

Se poi si privilegiano cibi freschi, frutta e verdura locali e si sceglie di trascorrere momenti rilassanti pedalando tra le stradine ed i luoghi fantastici, ma quasi del tutto sconosciuti, che circondano la nostra città, allora sì che potremmo dire di aver trascorso una piacevole estate consapevoli di aver contribuito affinché noi ed altri dopo di noi possano godere di quei luoghi di villeggiatura nei prossimi anni, ovunque essi si trovino.

Ah, per ultimo, non si arresta mai il vergognoso fenomeno degli abbandoni di animali domestici in questi mesi. Non ci sono parole per definire gli autori di questi comportamenti ed oltre a ricordare ai “simpatici nemici della vita” con una scatola cranica sproporzionata rispetto al loro minuscolo cervello che da qualche anno le pene per gli abbandoni si sono inasprite e prevedono anche il carcere, esiste il sito www.dogwelcome.com che raccoglie tutte le informazioni ed i luoghi dove è ben accetta la presenza di animali domestici in vacanza. Consultarlo prima di…uccidere!

Inoltre, se trovate un animale selvatico ferito o disorientato o volete segnalare un reato ambientale potete contattare il numero WWF d’emergenza 3381018014, scrivere una e-mail a wwfgioiadelcolle@virgilio.it oppure raggiungerci in sede in via Orsini 15/E.

Buone vacanze!!!


Parte a Gioia la raccolta solidale dell’alluminio

Gli attivisti della WWF ed i cittadini saranno impegnati nella raccolta del prezioso materiale

 

28/05/2008

E’ ora di finirla col dare la colpa agli altri delle cose che non vanno. Basta con la politica del “no a tutto” e poi? Diceva il Mahatma Gandhi: “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” e così, sulla scorta di questo profondo adagio, la sezione locale del WWF di Gioia del Colle ed Acquaviva delle Fonti dà il via alla raccolta differenziata dell’alluminio. Niente più lattine nel bidone generico. Scatolette, pellicole, vaschette in alluminio d’ora in avanti a Gioia avranno nuova vita.

Per dimostrare che davvero, se solo volessimo, tutto può essere riciclato. Per affermare che non basta lamentarsi di ciò che non ci sta bene e che è necessario agire perché le cose inizino ad andare meglio. Parte, dunque, ufficialmente da questo mese il progetto “Raccolta Solidale”.

E’ un progetto che coinvolge il mondo del volontariato nella raccolta differenziata dell’Alluminio. Raccolta Solidale nasce nel 2003 e da allora tantissime Organizzazioni Non Profit, Associazioni di Volontariato o Cooperative Sociali hanno aderito, promuovendo la raccolta degli imballaggi in Alluminio sul proprio territorio. L’alluminio può essere riciclato infinite volte e al 100%. Riciclando l’alluminio si risparmia materia ed energia. Col riciclo di questo preziosissimo materiale si risparmia circa il 95% dell’energia necessaria per produrlo dalla sua materia prima: la bauxite. Questo vuol dire meno emissioni di gas serra, meno montagne perforate, cittadini più sensibili alla riduzione degli sprechi di imballaggi ed un nuovo modo di concepire l’ecologia. Con la raccolta differenziata, lattine per bevande, vaschette e fogli di alluminio, bombolette spray, scatolette per il cibo, tubetti e tappi a vite possono essere riciclati e diventare nuovi oggetti d’uso comune. Perché l’alluminio ha infinite vite e ogni volta rinasce e si trasforma senza perdere nessuna delle sue caratteristiche principali. La sezione locale del WWF ha stipulato una convenzione col consorzio CiAl (Consorzio Imballaggi Alluminio) per la raccolta differenziata di questo rifiuto, spesso di scarso interesse economico per le aziende municipalizzate o private. In questi giorni i volontari della sezione WWF stanno distribuendo a bar, pizzerie e locali della città i bidoncini per la raccolta dell’alluminio. Settimanalmente gli attivisti provvederanno al loro svuotamento e depositeranno i sacchi raccolti presso un locale messo gentilmente a disposizione dalla Spes di Gioia, dal quale

periodicamente saranno ritirati dal consorzio.

Inoltre, sarà posizionato nei pressi di P.zza Plebiscito un ulteriore bidone per la raccolta. I cittadini potranno differenziare tutti i rifiuti in alluminio e riporli nel giusto contenitore, consapevoli di fornire un ottimo servizio all’ambiente e di contrastare con atti concreti il proliferare di rifiuti indifferenziati e di conseguenza la necessità di nuove discariche ed inceneritori. Il problema rifiuti si combatte con la raccolta differenziata. Gli altri sistemi, è ormai chiaro, sono solo degli interessati progetti momentanei per tamponare emergenze ed ingrassare le tasche di mafiosi ed imprenditori.

Per questo, a breve sarà fornita la lista di quelle attività commerciali che hanno accettato di aderire al progetto del WWF posizionando il bidone per la raccolta nel proprio esercizio, così da spingere anche il mondo economico a considerare la tutela ed il rispetto dell’ambiente una risorsa in più in grado di garantire pubblicità e nuove prospettive. Tutti i titolari di pub, bar, pizzerie, mense, etc. che desiderano aderire al progetto possono contattare il WWF (sede in via Orsini, 15/E). A breve saranno diffuse anche le modalità di partecipazione ad un concorso a premi destinato agli esercizi commerciali ed ai cittadini che garantiranno una buona raccolta con in palio biciclette, caffettiere, pentole, etc. realizzati in alluminio riciclato dallo stesso consorzio CiAl.

Ora tocca solo ai gioiesi dimostrare che quel 21% di raccolta differenziata (la percentuale più alta dell’intero Ato BA5) raggiunto con grande merito negli scorsi mesi  è quota irrisoria se paragonata alla potenziale percentuale di raccolta differenziata che si raggiungerebbe con i dovuti servizi (raccolta porta a porta o di quartiere) ed i meritati incentivi (riduzione od eliminazione della TARSU).

 


Gioia invasa dall’amianto, nessuno provvede alla bonifica

Decine di segnalazioni di discariche abusive. I cittadini preoccupati chiedono aiuto

E’ come se una pestilenziale minaccia stesse circondando il nucleo urbano col suo inarrestabile contagio. Eppure da tempo si è accertata la sua pericolosità. Se ne conoscono gli effetti. Mesotelioma polmonare, asbestosi, solo per citarne alcuni. Eppure c’è chi rischia di ammalarsi inconsapevole del pericolo. C’è chi a due passi coltiva pomodori, chi trascorre le vacanza con la famiglia, chi, convinto della salubrità campestre, sceglie le vie rurali per una passeggiata od un po’ di footing. Ignara vittima dell’incuranza umana. Esimio emblema delle ritorsioni sulla salute dell’inquinamento, di qualunque fonte esso sia conseguenza.

Così fioccano oramai innumerevoli segnalazioni di contadini, operai, villeggianti, residenti costretti a convivere con uno dei più assurdi mali dell’era industriale: la minacciosa fibra d’asbesto. Per dirla chiara, quella minuscola particella che sgretolandosi dalle vecchie tettoie in eternit può penetrare nelle vie respiratorie sino al livello dei bronchioli e causare alcune patologie infiammatorie croniche e tumorali che, talvolta, portano anche alla morte. La stessa messa al bando ma ancora in libera circolazione. Così accade che un uomo sulla settantina, disperato, ti porta a verificare con i tuoi occhi ciò che, nel giro di una notte, hanno depositato all’ingresso del suo campo. Decine e decine di lastre in amianto, sgretolate, spezzettate. Quando soffia un flebile alito di vento dalle tettoie incautamente, criminalmente, abbandonate si alza una nuvola di micropolveri cancerogene e spira diffondendosi nell’aere a più non posso. Arriva nei villini affianco, e chissà dove altro. Se non trova alcun naso, stavolta, è andata bene ma la prossima? Proseguiamo lungo la ex strada vicinale del Corvello, ora via Matera, all’altezza dell’attraversamento dei canali dell’Acquedotto Pugliese “Sinni e Pertusillo” (fogli catastali 66-78), lato destro da Gioia verso Matera ed anche lato sinistro nei presi dell’affioramento delle tubazioni dell’Acquedotto. Qui, una barriera di amianto accoglie la nefasta scampagnata. Un tour degli orrori che sembra non finire mai. “Eppure – dichiara esasperato l’anziano contadino –  più volte abbiamo segnalato la presenza dell’eternit ma nessuno ha preso provvedimenti. Possibile che io vengo in campagna per passare un po’ di tempo, sistemare l’orto e sono costretto a respirare queste polveri. Qui c’è gente che viene in vacanza l’estate e porta anche i bambini. Il rischio che si ammalino è serio”.

Così serio che le stime di vittime dell’amianto sono in continua crescita. Nascono ogni anno associazioni in difesa dei lavoratori e dei cittadini ma, gli abbandoni abusivi nelle campagne non sembrano calare. In molti scelgono la via più rapida ed economica per disfarsi della vecchia tettoia, ignorando le pesanti sanzioni a carico di chi abbandona quello che ormai, nella classificazione nazionale (L. 22/97), è stato definito un “rifiuto speciale pericoloso”. O forse, in molti sanno che nessuno controlla e certi di non essere colti in flagranza depositano ad altrui destino il frutto di anni di pericolo sottovalutato, di decessi insospettabili, di menzogne affaristiche e di controlli sempre scarsi. Ma poi alla fine chi paga è sempre la “brava gente”, quella che magari per fare le cose a norma di legge ha speso mille o duemila euro per smaltire e bonificare l’amianto sul tetto di casa, e si ritrova in giardino, come lascito, un nuovo pezzo d’infernale materiale.

Accade lo stesso lungo la strada vicinale Nardulli, che congiunge località Piscina Grande a via Vicinale del Medico, (foglio catastale 20), ed in strada vicinale del Bambino, nei pressi del binario ferroviario (foglio catastale 28, particella 121). Lì, sono state rinvenute discariche illecite di rifiuti speciali pericolosi di vasta superficie, tra le quali si trovano in prevalenza lastre in amianto (eternit), spesso già frantumato ed in polvere. La quantità è tale da costituire un serio pericolo sanitario per i proprietari dei campi circostanti ed i residenti del luogo. In alcuni casi le lastre ostruiscono l’accesso ai campi ed alle abitazioni. La contaminazione è così seria che anche Vincenzo Lamanna, Consigliere di quartiere, neo eletto vice presidente del Consiglio Comunale ha dichiarato: “Ho incontrato personalmente, in qualità di consigliere di quartiere, i rappresentanti del comitato di via Tarantini, i quali mi hanno sottoposto la presenza di eternit nella loro zona. Tale segnalazione, sembra essere nota alle autorità competenti (Sindaco, Polizia Municipale, A.U.S.L. BA/5, Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri) sin dal lontano 2005”. Eppure l’amianto è ancora lì cosi come in tutte le altre zone. In attesa che qualcuno lo rimuova…nella speranza che qualcuno ancora una volta, di amianto, non ci muoia! Allora sì che farà notizia. Sarà però, di nuovo, troppo tardi.


Un sindaco da eleggere per un territorio da tutelare

Vademecum socio-ambientale per la prossima amministrazione

Appare ancora troppo banale preoccuparsi di tutelare l’ambiente e di promuovere il territorio nell’epoca delle grandi guerre, della fame dilagante, della minaccia nucleare, della lotta ai tumori e del disagio sociale. Ma, non ci si accorge che tutte queste problematiche sono strettamente interconnesse con la salute dell’ambiente in cui viviamo ed è proprio il luogo che forma la nostra casa o eco, dal greco oikòs, ad essere nell’ultimo secolo minacciato ed a sua volta grande minaccia per l’umanità. Così fa sorridere molti la preoccupazione dell’effetto serra, senza pensare che i campi aridi sulla via per Castellaneta o i mandorli infruttiferi nelle campagne di Montursi sono l’ovvia conseguenza di un problema che ci appare distante ed effimero. Questo è, anzi, insieme ad altri un serio aspetto della vita quotidiana e di quell’economia, gestione della casa, strettamente collegata all’ecologia, ragionamento su come gestire la casa. Allora come amministrare le faccende di casa nostra, che poi è la casa di centinaia di altre specie che stiamo sterminando giorno dopo giorno?

La prima azione utile è la pianificazione locale. Perché se è vero che i problemi su scala globale appaiono vasti ed irrisolvibili, c’è da ricordarsi che la Terra è formata da insiemi di milioni di territori amministrati più o meno peggio da sei miliardi e qualcosa più di animali umani. Appare, dunque, opportuno che le amministrazioni d’ora in avanti adottino per tutelare i propri cittadini e per garantire davvero benessere sociale, una serie di misure atte a salvaguardare la “casa”, il luogo dove queste persone abitano.

Le prossime elezioni nazionali e locali rappresentano una grande occasione ma, potrebbero tramutarsi nell’ennesimo fallimento storico e questo dipende solo dalle scelte amministrative di che siederà nel “palazzo dei bottoni”.

Come cittadini onesti possiamo fare la nostra parte votando coloro che riteniamo possano darci garanzie di affidabilità, serietà, voglia di cambiare ma, sono proprio i candidati a dover dare dimostrazione della loro reale volontà di migliorare le cose.

Gioia del Colle sta vivendo, nella sordina generale, uno dei più tristi momenti della sua storia in particolare dal punto di vista dell’amministrazione del territorio. Si stanno compiendo sotto gli occhi indifferenti di molti degli organi che dovrebbero tutelare il territorio, decine di reati ambientali dallo spietramento della Murgia al bracconaggio, dal disboscamento all’abusivismo edilizio. Tutto questo perché non vi è una forte azione di repressione e regolamentazione degli interventi e per il vergognoso modo di agire, combattuti tra il “favore all’amico” ed il “chiudiamo un occhio”.

Ecco perché il nuovo sindaco si ritroverà a dover gestire una difficile situazione che, probabilmente, impegnerà buona parte del suo tempo.

Per ordine d’importanza vi è la gesione degli scarichi delle acque reflue che stranamente, col benestare dell’Ufficio Tecnico e nonostante si tratti di un’operazione vitatissima dalla legge, vengono riversate tutt’ora nella falda. Si dovrà assolutamente cercare una soluzione alternativa, come lo spandimento superficiale dopo depurazione o il convogliamento a mare. Altrimenti ce ne saranno di campi annaffiati con i metalli pesanti provenienti dai pozzi artesiani. Poi non c’è da lamentarsi per l’aumento di tumori.

Di non minore importanza sarà la redazione di un adeguato PUG (Piano Urbanistico Generale) che regolamenti lo scempio che sino ad ora, ed anche grazie ai falsi paladini della lealtà, si è compiuto con nuove costruzioni e complessi residenziali. Crescere e svilupparsi, non è sinonimo di benessere ma, paradossalmente, di un malessere diffuso. Se stai bene che bisogno hai di svilupparti.

Di sicuro 6000 nuovi vani previsti dalla bozza del PUG non porteranno benessere ma, periferie abbandonate, cementificazione inarrestabile ed espansione incontrollata. Quindi, consapevoli del fatto che l’espansione edilizia giova solo ai politici affaristi ed ai costruttori “amici”, è necessario che il nuovo PUG blocchi l’espansione dei suoli edificabili e riporti dignità agli ambienti ed ai palazzi esistenti, riconsegnando ai lustri che merita il centro storico, vittima recente dell’affaristico obbrobrio architettonico dei geometri nostrani. Nuovo valore grazie alle mostre, alle sagre ed agli eventi. Nuova vita grazie ai circoli ed alle associazioni. Una buona cosa sarebbe quella di creare dei centri ricreativi per anziani e dei luoghi d’incontro per i giovani.

Ma ciò che di certo, il nuovo sindaco non potrà tralasciare, sarà la gestione sostenibile del grande patrimonio naturale e paesaggistico che Gioia, rispetto ai Comuni limitrofi, possiede in abbondanza.

Territori straordinari, sconosciuti ai più, che anno dopo anno vengono cancellati dalle ruspe e dalle motoseghe, dai diserbanti e dal cemento. Un tesoro inestimabile che potrebbe creare centinaia di posti di lavoro tra turismo sostenibile, visite guidate e piani di gestione. Gravine, grotte, lame, masserie e zone archeologiche potrebbero rappresentare l’occasione di riscatto della politica del “voler fare” rispetto alla politica che ha governato in questi ultimi anni del “voler speculare”. Un censimento delle aree, un piano di gestione, una rete sentieristica, pacchetti turistici, guide naturalistiche e visitatori a go-go. La formula perfetta per cambiare. Così si crea occupazione, si tutelano i territori, si realizza conoscenza ed aumenta il flusso economico. Ma se invece, la nuova amministrazione deciderà che nuove strade, nuovi palazzi e nuove industrie dovranno schiacciare per sempre un tesoro che la Natura concede gratuitamente a tutta la città, allora i politici e gli imprenditori, come al solito, si ritroveranno con le tasche piene ed i cittadini con i soliti problemi.

Altro aspetto è quello dell’ecologia urbana (verde pubblico, rifiuti e traffico). Per questo sarà necessaria una presa di posizione seria, che tuteli il verde già presente e promuova lo sviluppo di nuovi spazi alberati (ad esempio mediante l’applicazione della legge “un albero per ogni nuovo nato” che tutti i sindaci fanno finta di dimenticare). Per la gestione dei rifiuti è fondamentale un piano di gestione e l’avviamento della raccolta differenziata di quartiere o porta a porta, con l’attivazione del recupero del rifiuto organico e dell’alluminio. E’ indispensabile, quindi, un maggior controllo dell’operato della Spes con l’imposizione (visto che l’80% dell’azienda è capitale pubblico) di misure adeguate al funzionamento del servizio.

L’incentivo dell’utilizzo della bicicletta mediante la realizzazione di piste ciclabili, giornate a tema ed il divieto di circolazione per i Suv nel centro urbano e per tutte le auto nel centro storico potrebbero fare della nuova amministrazione, l’esempio della “buona politica” e ridare ai cittadini quel briciolo di fiducia nelle amministrazioni che, ormai, si è nascosto sotto il tappeto dello sdegno.

Se poi si associa il controllo costante e pubblico dell’elettrosmog e degli inquinanti atmosferici, un regolamento per vietare il sorvolo del centro urbano agli aerei militari, un piano per l’incentivo dei pannelli solari e fotovoltaici e delle costruzioni ad efficienza energetica (mediante un innovativo regolamento edilizio), si attiva l’utilizzo obbligatorio in tutti gli uffici pubblici di carta riciclata e si apre uno sportello comunale per la tutela degli animali (che risolva finalmente il problema del randagismo) con un veterinario comunale a disposizione degli animali feriti, sembrerà di abitare nel paese di Utopia, dove i politici sono al servizio dei cittadini e non il contrario. Dove chi amministra lo fa per il benessere della gente. Dove il benessere della gente si traduce in tutela dell’ambiente. Dove tutela dell’ambiente vuol dire ricchezza delle popolazioni.

Ma non illudiamoci…prima delle elezioni son tutti socio-eco-peace-love-humanity-ambientalisti-animalisti-anzianisti-giovanisti-occupazionisti-sostenibilisti. Il problema viene dopo, una volta seduti sulla gran poltrona. Quindi è meglio non credere alla favola del paese Utopia e se poi, un bel giorno, ci accorgeremo che quel segno sulla scheda ci ha reso gli abitanti di una città nuova, piena di vita e di idee, allora sì che saremo certi che la politica è cambiata. Speriamo bene e cari politici, bando alle ciancie ed occhio ai veri problemi della città.

Ah, a proposito, in questi giorni il WWF sottoporrà ai candidati sindaci un questionario sulle politiche ambientali e sociali che intendono adottare nel caso vengano eletti. I risultati del questionari saranno resi pubblici durante la prima settimana di Aprile. Così nessuno potrà dire “quando ho votato, non lo sapevo”.

 

Roberto Cazzolla

da Gioia News


A pochi chilometri dal centro vaste aree della Murgia completamente distrutte

Gli assassini del paesaggio fra reati e connivenze

L’area spietrata è solo l’ultima di un’infinita serie di violazioni impunite

 Una, dieci, cento violazioni. Disboscamenti, discariche abusive, rifiuti speciali, dissodamenti, spietramenti, diserbanti, pascoli incontrollati, lame ostruite, pozzi avvelenati. Così si sgretola l’identità della Murgia e di tutte quelle comunità come Gioia che devono la maggior parte della loro bellezza paesaggistica alle praterie a macchia mediterranea, alle colture cerealicole, ai boschi di fragno, alla gariga arida ed ai vecchi iazzi, alle antiche masserie ed ai trulli sparsi. Ma se agli assassini del paesaggio non interessa l’omicidio colposo perpetrato ai danni della terra e della natura endemica, non importa la distruzione di territori incantevoli che racchiudono come scrigni la storia, la cultura, le piante e gli animali che rendono unici i territori del sud-est barese, sembra che tali reati non interessano neanche a chi dovrebbe contrastarli e che, invece, si gingilla nella totale nullafacenza, contando i minuti tra una pausa e l’altra. Sembra che non gli interessi l’enorme quantità di amianto sparsa per le campagne, i boschi divelti, le specie protette uccise, i patrimoni ormai irrimediabilmente persi. Sembra che non sia loro faccenda, che l’ambiente e la sua tutela sia cosa d’altri e che il loro stipendio sia somma dovuta, regalata per consentire a chi ne ha voglia di annullare incontrastato migliaia di anni di lentissima storia naturale.

Così su via Matera, alle spalle della lunga fascia di pineta posta al confine di Provincia, nei pressi del Vallone della Silica, si sta compiendo l’ennesimo delitto nei confronti del paesaggio locale. Interi massi dissodati giacciono, su un suolo naturale a macchia mediterranea, inseriti in grandi reti metalliche, accatastati l’uno sull’altro, pronti per essere trasportati altrove, magari nelle ville del nord ad adornare gli ultivi illegalmente trasferiti dalla Puglia nel corso di questi anni. Sul suolo, enormi crateri ricordano che sino a poche settimane fa, lì, si estendeva un ampia fascia a garìga, con essenze pregiate quali pungitopo e lentisco e con le enormi pietre carsiche che rendono caratteristico il paesaggio nostrano. Proprio quei massi, però, fanno gola ai luogotenenti settentrionali, alle ville importanti, alle piscine di lusso e così, i contadini pugliesi non perdono l’occasione per spietrare vaste aree murgiane e vendere a caro prezzo i sassi che sino ad allora hanno incantato il territorio.

Una ferita mortale nella terra che perde col tempo, non solo le specie che con impegno e pazienza aveva allevato, ma si smembra solcata da ruspe e rimorchi delle ultime testimonianze geologiche dell’identità dei luoghi. Prima scompare il bosco e con esso gli animali che ci vivono, poi si brucia la macchia ed il sottobosco rimanente ed infine, si rimuovono e si vendono al miglior offerente i massi. Ecco il piccolo vademecum del distruttore fai-da-te. Una pratica vietatissima che però continua a interessare ampi tratti del territorio gioiese. L’area sulla provinciale 51 per Matera, raggiungibile tramite il bivio della SP 185 per la terza e svoltando per il carraro D’Aprile, è un ampia fascia di ex-bosco a fragno convertita, ora, ad area di commercio del patrimonio indisponibile dello Stato.

Poco tempo lungo la stessa provinciale era stata rinvenuta una discarica abusiva di amianto, un tratturo ostruito da inerti e barattoli di vernice ed un bosco recintato abusivamente e violato dal pascolo dei suini. Questi reati, come lo spietramento scoperto in questi giorni, sono stati prontamente denunciati al Corpo Forestale dello Stato di Gioia del Colle dalla sezione locale del WWF ma, dopo diversi giorni, ancora non si vede alcun risultato. Così come non si è mai visto nulla riguardo la denuncia per lo scarico illecito nella falda acquifera nell’agro gioiese o riguardo la parte disboscata del bosco Romanazzi sequestrato per flagranza di reato e dissequestrato per errori di forma nella notizia di reato inviata al magistrato. Una paradossale situazione che vede le forze associazionistiche ed i cittadini gioiesi impegnati a segnalare i numerosissimi reati che di giorno in giorno vengono scoperti sul territorio che non trovano, però, alcuna risposta da parte delle forze dell’ordine ed in particolare da parte del locale Corpo Forestale locale. Decine di denunce, segnalazioni, querele finite nel cestino dell’oblio, scomparse tra un ufficio e l’altro, annientate da interessi e perniciosa burocrazia. “Abbiamo fatto ciò che dovevamo fare – ci dice con aria infastidita, la solita che ogni volta accoglie le persone che denunciano un qualunque reato nei confronti dell’ambiente, e dopo numerose sollecitazioni, il comandante Catalano del CFS di Gioia del Colle quando gli chiediamo riscontro delle decine di denunce mai portate a conclusione – ora le carte sono state inviate alla Procura”. Il problema, però, è che tralasciando i casi in cui l’invio alla Procura venga vanificato da più o meno casuali errori di notifica dal parte delle forze dell’ordine, per tutti gli altri esposti non si arriva mai ad accertare i trasgressori ed a punire i reati. I lunghi tempi della Procura e le negligenze del Comando Stazione locale del CFS, lasciano impuniti gli approfittatori della situazione. Questi confidano nei sornioni proseliti incompiuti che si trasformano col tempo in innumerevoli violazioni ed inestimabili danni al patrimonio naturale locale. Vedi, per esempio, l’incendio di Gravina Santa Croce. Senza colpevoli. Le acque stradali scaricate nella falda. Senza colpevoli. I boschi maciullati e tritati a dovere di via Matera. Senza colpevoli. I suoli spietati e rapati come patate. Senza colpevoli.

Ma se non è il Corpo Forestale dello Stato a contrastare i delitti compiuti ai danni dell’ambiente, chi può farlo, Batman? La risposta al maresciallo “scocciato” Catalano. Ma è certo, questa non arriverà prima che l’ennesimo spietramento, l’ennesima violenza nei confronti del paesaggio, sarà portato a compimento.

Roberto Cazzolla


Intervista ad Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione Pacelink

INCHIESTA ESCLUSIVA:

Il pericolo è sulla testa

Ci parla dell’Aeroporto Militare di Gioia del Colle

Un rombo impressionante ti sveglia di soprassalto. Il nonno preoccupato avanza l’ipotesi di un nuovo conflitto bellico. Dalla finestra scene di Caccia e di Tornado che solcano i cieli, rasentano le case, virano minacciosi. Dietro di loro una scia scura di gas inquinanti e polveri sottili. Non siamo nel Golfo o nel Medioriente, ma a Gioia del Colle. Già base NATO, al servizio degli USA, dalla quale sono partiti numerosi velivoli diretti nei Balcani. Ora, base militare dell’aviazione con incerta definizione tecnica. Ma percorrendo quei due chilometri che dividono i territori di proprietà dell’aeronautica dal centro urbano, non si può che restare stupefatti dall’eventuale pericolo e di come i gioiesi se ne siano abituati. Un meccanismo di assuefazione al rumore, allo smog, alla minaccia di una nuova guerra, alle serie possibilità di attacco. Un effetto placebo che sembra non interessare ai più. L’argomento aeroporto a Gioia è quasi un tabù. Guai a parlarne. Un po’ come la questione vaticana per Roma. I gioiesi sono a tutti gli effetti asserviti ed al servizio dell’Aeroporto Militare.

Quando decine di ragazzi coraggiosi manifestarono dinanzi ai cancelli dall’allora base NATO, per protestare contro l’invio di militari e velivoli nella ex-Jugoslavia, furono pochissimi gli organi di stampa a dare un adeguato riscontro. Due righe, non di più. Ancora meno furono i cittadini che accompagnarono la protesta. Cosa ben diversa, e questo deve far riflettere, è accaduta negli scorsi mesi a Vicenza, dove migliaia di persone “comuni” si sono appostate lì dove si era paventato di ampliare la preesistente base americana. Di ben altra entità sono state le proteste contro l’ampliamento della base militare sarda. E così via…Invece a Gioia tutto scorre lento e tranquillo come se, per non affrontare una questione davvero più grande dei tanti bisticci popolari, si cerca di far finta che nulla stia circolando sulle teste dei cittadini. Eppure, quotidianamente, i rumorosissimi motori degli aerei decollati dalle rampe militari, sfrecciano in pericolose esercitazioni a poche decine di metri di altezza dalle abitazioni.

Abbiamo chiesto un parere autorevole ad Alessandro Marsescotti, presidente dell’associazione Peacelink che da tempo si occupa delle politiche del disarmo, della pace e dell’ecologia, e da anni segue le vicende degli aeroporti militari italiani.

Se arriva a Gioia dalla Statale per Taranto, trova ad accoglierla un cimelio dell’imbecillità umana. Un aereo da guerra donato dall’Aeroporto, come se la cosa dovesse far onore. Una simile barbarie non sarebbe neanche dovuta sorgere su un suolo pubblico. “L’Italia ripudia la guerra” recita la nostra Costituzione. Volendo, si potrebbe aggiungere una nota a piè di pagina: “Ma i gioiesi no!”.Cosa ci può dire della base di Gioia del Colle?

“Negli anni ’60 – risponde Marescotti –  erano presenti missili Jupiter, con testate atomiche, presso la base militare di Gioia del Colle. Si rischiò davvero tanto quando 4 fulmini si abbatterono sulle zone dove erano custodite le testate nucleari. Si rischiò l’esplosione a tal punto che il presidente americano Kennedy, constatò che la situazione della base Usa di Gioia del Colle non era del tutto sicura”.

Ma, secondo lei, c’è possibilità che siano ancora presenti testate nucleari all’interno dell’aeroporto?

“Di certo in Italia ci sono 90 testate nucleari. 50 sono custodite ad Aviano e 40 a Ghedi. Non si può escludere, però, che possano essere presenti anche a Gioia del Colle o che vi siano trasporti via aerea da o per l’aeroporto. Purtroppo non sono stati forniti dati a sufficienza. Ma, nulla si può escludere”.

A proposito dei pericoli derivanti dalla presenza di una base così vicina al centro abitato, cosa può dirci?

“E’ necessario evitare il sorvolo dei centri urbani e sono stati anche siglati accordi per questo. Il problema è che non sempre vengono rispettati. Ricordo di un episodio accaduto a Casalecchio di Reno, in cui un aereo militare si schiantò contro una scuola. Il pericolo di incidenti simili risulta elevato”.

Quindi, cosa si potrebbe fare per evitare incidenti come quello di Casalecchio? I cittadini hanno qualche possibilità di chiedere maggiori garanzie?

“Innanzitutto, il Consiglio Comunale dovrebbe prendere una posizione chiara nei confronti della base e poi i cittadini devono fare informazione dal basso. Devono cioè segnalare episodi anomali, fare foto di voli troppo bassi e vicini alle case. Solo così, tramite l’informazione, la gente ed i politici non hanno la scusa per dire <<non lo sapevo>>. In questo modo aumenta la consapevolezza del problema”.

Gli aerei, però, hanno anche un grande impatto acustico e soprattutto sulla qualità dell’aria. Per ogni aereo che si alza in volo, si disperdono sui terreni, nelle acque e nei polmoni migliaia di sostanze tossiche, tra cui le pericolosissime Diossine, gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), i metalli pesanti, le polveri sottilissime, il dinitropirene, il dinitrobenzene, i furani, solo per citarne alcuni…

“Certo. Bisogna sollevare la questione dell’impatto degli aerei sull’inquinamento atmosferico, perché oltre alla produzione di gas che aumentano l’effetto serra, vengono rilasciate nell’aria una serie di sostanze pericolose per l’uomo in maniera diretta. Esistono parecchie patologie causate dall’emissione di gas di scarico da parte degli aerei”.

Può fare qualche esempio, dei pericoli derivanti dai gas di scarico degli aerei militari?

“E’il caso degli ossidi di ozono prodotti dai velivoli che, messi al bando per gli aerei di linea, sono rilasciati in grande quantità dagli aerei militari. Questi causano impoverimento dello strato di ozono e patologie dovute all’esposizione umana”.

Molti cittadini, quindi, non sono a conoscenza del reale pericolo per la salute derivante degli inquinanti emessi ma, probabilmente, ignorano anche quanto costa, in termini economici, alla comunità un volo di un aereo militare?

“Il costo del singolo volo è di circa 15000 euro. Quindi lei immagina come possa sentirsi un operaio che 15000 euro li guadagna in 4-5 mesi, se va bene, a vedersi sfrecciare sulla testa tali aerei mangiasoldi. Il fatto ancora più grave è che questi sono soldi che paghiamo noi, con le nostre tasse”.

La gente, ora, non potrà più dire di non essere a conoscenza del problema. Adesso, il fatto, non è più “segreto militare”.

Roberto Cazzolla

(un estratto dell’intervista è stato pubblicato su Atlante di Febbraio)


La macchia divelta, il terreno arato e cosparso di diserbanti

A Montursi stanno distruggendo la terra dei funghi gioiesi

Il reato si sta compiendo in un’area protetta cara ai cercatori di funghi

“E il vecchio diceva guardando lontano, immagina questo coperto di grano, immagina i frutti e immagina i fiori e pensa alle voci e pensa ai colori. E in questa pianura fin dove si perde, crescevano gli alberi e tutto era verde; cadeva la pioggia, segnavano i soli il ritmo dell’uomo e delle stagioni”, così canta Francesco Guccini per riportare l’attenzione della gente sull’inarrestabile distruzione del paesaggio e del territorio in corso in questi anni di violenza nei confronti della Natura. Racconta di un vecchio che mostra a un bambino i luoghi della sua gioventù ed ormai, dove un tempo regnava la natura, vede solo ciminiere e fumo. La luce artificiale delle case e la polvere.

Sembra uscire dalla canzone del cantautore italiano il tetro paesaggio che sta lasciando il passo ad una ricca macchia presente lungo la via per Laterza, meglio nota come via per Montursi. Lì, in un’area di 13 ettari, molti appassionati cercatori di funghi hanno trascorso stupende giornate. Un ambiente vario e vasto che era ormai il luogo domenicale d’incontro di molti gioiesi che amavano trascorrere qualche ora all’aperto. “Lì sono più di vent’anni che non si coltiva – ci dice una delle signore residenti in zona – ormai il bosco ed il sottobosco si erano riappropriati di quel luogo. Tutti noi amavamo andare lì per raccogliere i funghi, ma ora è tutto distrutto”.

Lo sguardo scende verso l’orizzonte, ed incontra ancora una radura arata profondamente con le vestigia del lentisco, del mirto e della fillirea che l’abbellivano. Secchi e inclinati, ancora si vedono i fusti della ferula, sgretolati al disotto gli arbusti di bosco, le erbe ed i funghi. Per terra, quasi a rappresentare il simbolo della distruzione, una tanica di diserbante. “Hanno cosparso tutta la zona – continuano i residenti – ora non si potrà più raccogliere  nulla e neanche passeggiarci”. Come si può radere al suolo un’area sotto gli occhi di tutti, abbandonata da vent’anni, protetta da vincoli paesaggistici, idrogeologici e procedere indisturbati nell’aratura, nello spandimento dei veleni agricoli e nella rimozione delle piante autoctone? “Qui hanno intenzione – continua una delle signore inferocite – di realizzare una coltivazione ed un palazzo. Possibile che nessuno intervenga?”.

La zona è molto conosciuta e frequentata. E’ sita a pochi metri dinanzi alle vasche dell’Acquedotto Pugliese, a circa 4,5 km dal paese. Nella zona stanno proseguendo i lavori di ampliamento del bacino e c’è un incredibile via vai di camion e rimorchi colmi di terra di scavo ed inerti. Una strada, e poi ancora un’altra, solcano i terreni che sino a qualche settimana fa ospitavano una ricca vegetazione mediterranea. Da due decenni l’ambiente si stava rinaturalizzando. Ed era un bene, visto che in zona è presente un’elevatissima biodiversità e un abbondanza di specie rare. Proprio all’interno dei 13 ettari diserbati nascevano splendide orchidee e numerosi funghi eduli. Il luogo rappresentava quasi un simulacro del ritorno alla natura per molti gioiesi affaccendati in questioni urbane. La domenica, specie dopo le serate di pioggia, la gente si incontrava lì per prendere una boccata d’aria pura. Anche se i terreni costeggiano la provinciale, si estendono per centinaia di metri verso l’interno garantendo il rifugio necessario a numerosi volatili. Quella, un tempo, era una zona prediletta dal Falco grillaio per la caccia. Ora è un deserto di terra e veleni chimici. Inospitale per la flora, per la fauna e per la gente. Non si conosce il colpevole di una simile azione distruttiva ma è, ancora, possibile individuarlo. Lì i lavori proseguono e le aree arate e disboscate aumentano. E’ necessario fermare in tempo lo scempio. L’ennesimo emerso in questi che appaiono i mesi della totale anarchia, mesi nei quali ognuno si sente autorizzato a fare scempio del territorio. Mesi in cui l’azione dei Corpi Forestali sarebbe necessaria ed invece tarda, o meglio non è mai, arrivata.

In quella pianura, un giorno crescevano i funghi, le querce ed il biancospino. Crescevan le piante e tutto era verde…un giorno una mano molesta e frugale ha reso quel luogo inquinato ed inospitale. Spazzato via la vegetazione, sotterrate le pietre, sparso veleni. I diserbanti ora fanno da padroni in quella pianura dove la gente correva. Le ceste e i binocoli, i fiori e i sentieri lasciano il posto a deserti e ricordi.

Un giorno, se nessuno fermerà questo scempio, un vecchio e un bambino tenendosi per mano guarderanno quel campo con occhi diversi. Il vecchio piangerà il paesaggio ormai perso, i suoni ed i colori. Il bambino “guarderà cose mai viste” e dirà al vecchio con voce sognante, come se ciò che egli racconta fosse solo una bella storia: “mi piaccion le fiabe, raccontane altre!”.

Roberto Cazzolla


Illustri esperti dibatteranno in un pubblico incontro nella fortezza gioiese

Federico II: la storia a processo

Sabato si celebra nel Castello Svevo la figura del grande re

 

Sarà celebrato sabato 9 febbraio alle 18:00 presso il castello Normanno-Svevo, il processo a Federico II. L’iniziativa, che ha ricevuto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, è organizzata dal circolo Lions Club di Gioia del Colle con il patrocinio della Provincia di Bari e del Comune di Gioia del Colle. Un grande evento che riporta la cultura storica della città in primo piano, con un simposio quasi accusatorio alla figura di uno dei più eclettici sovrani del XII secolo.

Federico II di Svevia, re di Sicilia, fu colto edificatore, protettore delle arti e grande rinnovatore per i suoi sostenitori, ma anche temibile nemico della cristianità, per i pontefici che lo avversarono. Fu un personaggio affascinante, dal grande spessore politico e culturale, che seppe dare vigore e orgoglio alle genti del Meridione italiano. Le sue tracce sono oggi ancora rintracciabili.
Federico Rugggero nasce a Lesi il 26 dicembre 1194, sotto una tenda innalzata nella piazza, come aveva voluto la madre, Costanza d’ Altavilla, figlia di Ruggero Il Normanno, Re di Sicilia, e moglie dell’Imperatore Enrico VI, della grande dinastia tedesca degli Hohenstaufen, figlio di Federico I Barbarossa.
Il padre Enrico V muore nel 1197, quando Federico II ha solo tre anni. A lui sono è destinata l’eredità del regno dell’Italia meridionale. Nel 1198 scompare anche la madre e Federico, il 18 maggio 1198, a soli quattro anni, viene incoronato Re di Sicilia, Duca di Puglia e Principe di Capua, e viene affidato alla tutela del Pontefice Innocenzo III. Per lui il Papa avrebbe voluto un destino tranquillo, lontano dalla vita politica, tuttavia Federico non si sottrarrà alla sorte che per lui sembrava segnata. Incoronato Re il 26 dicembre del 1208, a quattordici anni, Federico mostra subito di avere le idee chiare. I suoi primi pensieri sono rivolti al sud dell’Italia dove la situazione era tutt’altro che facile. Il suo primo obiettivo era quello di rivendicare tutti i diritti regi che erano stati usurpati nel trentennio precedente. Federico decide di confiscare tutte le fortezze costruite abusivamente negli anni, rivendica i diritti dello Stato su passi, dogane, porti e mercati, e annulla le pretese dei signori locali e le esenzioni di cui godevano i mercanti stranieri.

Infatti, nel castello gioiese, si discuterà in prima battuta del rapporto di Federico con il Meridione. Al dibattito dal titolo “Federico e la questione meridionale, tra mito e realtà” moderato dal prof. Pietro Dalena, ordinario di Storia Medievale all’Università della Calabria, parteciperanno il prof. Cosimo Damiano Fonseca, dell’Accademia dei Lincei, il prof. Hubert Houben, ordinario di Storia Medioevale all’Università di Lecce.

La figura del grande re verrà portata sotto una nuova luce e sarà riconsegnata alla memoria dei cittadini la figura di un uomo che ha reso grande con le sue politiche e le sue costruzioni l’immagine di un paese come Gioia.

E non a caso che, proprio a Gioia si celebra il processo a Federico, essendo la cittadina murgiana una delle preferite dal re. Si dice che amasse molto il castello gioiese e che, da grande amante della natura, trascorresse piacevoli giornate nei boschi locali, in particolare nell’area di Bosco Romanazzi. E non è un caso che proprio lì in quella zona ricca di leggende e di storia, ancora si cerca, con vergognosa ostinazione, di localizzare una discarica di rifiuti speciali. Chissà se il grande re vedesse cosa ora voglion fare del suo luogo di meditazione preferito.

Proprio Federico, grande amante della cultura, nel 1224 fonda a Napoli la prima Università statale del mondo occidentale. E’ grande, inoltre, il suo impegno per la popolazione del Meridione. Su una collina della Capitanata in Puglia, fa edificare, tra gli altri, il celebre Castel del Monte, che egli stesso progetta. Grande è anche il suo impegno religioso. Lo stesso Federico non desidera che gli ebrei siano vittime dei cristiani, ma non vuole nemmeno che vi sia un disequilibrio. Ed è su questo tema, sul rapporto tra le religioni, che si svolgerà il secondo dibattito di sabato, dal titolo “Federico II e l’Islam, tra intolleranza e tolleranza”. Tema quanto mai attuale nei nostri giorni insanguinati dall’estremismo della fede. Estremismo specchio moderno di quello che dopo Federico ha portato molti cristiani ad insanguinare le genti da convertire, a trucidare e massacrare gli sconfessati con Crociate e Missioni, a violentare nell’animo, nella cultura e nel corpo milioni di indigeni definiti “impuri” perché non battezzati.

E così è proprio all’uomo che ricostruì l’impero, costruì il primo stato centralizzato, imbrigliò le ambizioni temporali della chiesa e ammaliò il mondo con la naturalezza con cui compì quest’opera che oggi è da considerarsi titanica, che si dedica uno dei più apprezzabili eventi culturali, e per questo auspicabili nel futuro, mai realizzati nella cittadina barese. Evento che si celebra in un castello intriso di magia, satollo di racconti, edificato intorno al 1100 dal normanno Riccardo Siniscalco. Questo, verso il 1230 subì un notevole ampliamento ad opera di Federico II.

Dal portale principale e dall’androne del castello si accede al cortile trapezoidale, dove si trova la scala di accesso al piano superiore. L’imperatore volle che questo castello, oltre a scopi difensivi, fosse adibito a dimora regale; infatti ivi visse Bianca Lancia, sua amante e madre di Manfredi.

Insomma, sabato, nel celebrare il processo a Federico, non si potrà restare indifferenti dinanzi a tale memoria del passato. Dinanzi ad un luogo bistrattato dai gioiesi ma, che ancora conserva i miti d’un tempo, i segni di antiche battaglie e di numerose conquiste. Così per non dimenticare, l’evento dei Lions, riporta alla mente di ognuno che ciò che siamo adesso lo dobbiamo anche a quei personaggi che spesso consideriamo esclusivamente dei “pezzi da museo”. Così per non relegarli all’oblio il maestro Gino Donvito, per l’occasione, presenterà l’opera “Federico II a cavallo” ed il Centro Danza Grazia Emiliana di Acquaviva delle Fonti organizzerà danze medievali.

Una grande occasione, quindi, per commemorare la figura di uno dei più importanti padri fondatori della città.

Roberto Cazzolla

(da Il Levante)


Con “Biomonitoriamoci”si realizzerà uno studio per la tutela del territorio

Partono le iniziative 2008 del WWF 

Previsto il censimento dei grillai, un cineforum per l’ambiente e la formazione di un gruppo junior

La biodiversità come risorsa inestimabile da tutelare. E’ questo il principio ecologico dal quale si dirameranno le iniziative di quest’anno della sezione locale del WWF di Gioia del Colle e Acquaviva delle Fonti.

Partiranno ufficialmente domenica 10 febbraio le attività del 2008 per la protezione dell’ambiente dell’associazione protezionista. La campagna principale per il 2008 riguarderà proprio la tutela degli ambienti naturali locali mediante una grande azione di salvaguardia. “Biomonitoriamoci”, che prenderà il via domenica 10, rappresenterà la più grande iniziativa di bio-monitoraggio delle risorse naturalistiche del territorio locale. Tale azione si inserisce nel percorso già avviato dal WWF International con l’individuazione dei 200 “Hot spots”, punti caldi di biodiversità, all’interno delle Ecoregioni mondiali. L’Italia, così come la Puglia, rappresentano alcuni tra i territori più ricchi dal punto di vista ambientale dell’Ecoregione Mediterranea. Proprio il territorio di Gioia del Colle e le aree limitrofe sono individuate a livello internazionale come meritevoli di protezione per l’elevato valore biologico. Preservano, infatti “una elevata quantità di entomofauna (insetti, ndr) ed avifauna, oltre alla presenza di numerosi mammiferi e piante rare”.

Le aree boscate costituiscono un grande patrimonio dell’intera comunità assicurando utili servizi quali la stabilità del suolo, l’aumento di produttività delle coltivazioni, il mantenimento di un adeguato assetto idrogeologico, la mitigazione del clima e la protezione delle specie più minacciate. Pertanto gli interventi di censimento delle aree della murgia sud-est, che la sezione locale avvierà, andranno ad arricchire di conoscenze e dati il grande lavoro di ricognizione del patrimonio mondiale.

Si tratta di un intervento innovativo, mai realizzato prima sul territorio. Sono state individuate 10 aree di pregio del territorio comunale di Gioia del Colle, confinanti con Santeramo, Matera, Acquaviva, Noci, Putignano, Castellaneta e Laterza, all’interno di quella che è stata individuata dal WWF International come “Area 16 – Murge e valli fluviali lucane”.

Il Biomonitoraggio prevedrà una serie di campagne di censimento della flora e della fauna (che saranno svolte durante tutto l’anno, divise in tre fasi), l’individuazione dei regimi di tutela presenti e l’elencazione delle principali minacce per le aree individuate. Al termine del monitoraggio, che si avvarrà del lavoro di esperti in Biologia, Scienze Naturali e Geologia, verranno redatte delle schede per ogni area, che entreranno a far parte di una pubblicazione che sarà presentata a dicembre.

Il tutto al fine di realizzare un preciso piano di tutela e gestione delle aree naturalistiche individuate, di proporre alla nuova amministrazione degli interventi di protezione volti alla riconnessione delle aree frammentate (le cosiddetti patch area), di migliorare le conoscenze scientifiche territoriali e di portare alla luce nuove specie mai segnalate prima d’ora.

Il territorio interessato, infatti, non è nuovo al ritrovamento di vere rarità, scoperte proprio dagli esperti WWF, come il Mustiolo (il più piccolo mammifero d’Europa) ritrovato a Serra Capece, l’Istrice rinvenuto nel Bosco Marzagaglia, il Tasso a Montursi, lo Sparviero dei boschi di via Noci o il Colubro leopardino (serpente coloratissimo e minacciato) di Gravina S. Croce. Anche la flora locale annovera specie minacciate come le orchidee, le stazioni di Quercus trojana (Fragno) ed i tappeti di Pungitopo.

Elementi naturali che sono attualmente sconosciuti ai più (anche agli uffici amministrativi competenti che ne dovrebbero garantire la tutela) e, per questo, privi di un adeguato piano per il mantenimento delle popolazioni e la conservazione delle specie . La più grande campagna di biomonitoraggio del WWF mai avviata, prima d’ora, sul territorio servirà proprio a metter su carta, e quindi a tutelare da disboscamento, speculazione edilizia, incendi, discariche abusive, caccia incontrollata, etc., una serie di zone incantevoli ove la natura regna ancora sovrana.

Al fine di condurre il censimento la sezione WWF invita tutti gli esperti e gli appassionati di Biologia, Scienze Naturali, Geologia, Botanica, Zoologia, etc. a partecipare al progetto contattando il numero 3381018014, inviando una e-mail a wwfgioiadelcolle@virgilio.it oppure incontrando i volontari direttamente nella nuova sede in via Orsini 15/A a Gioia del Colle.

Nell’elenco delle attività 2008 della sezione spiccano, tra le altre, l’iniziativa per la tutela del Falco grillaio, che sarà effettuata in primavera, dal titolo “Falchi in città” e la realizzazione di un cineforum per l’ambiente.

Intanto, giovedì 14 febbraio (18:30 – 20:30, presso la sede WWF), partirà il primo incontro del gruppo Junior WWF (dai 6 ai 14 anni). Tutti i genitori che vogliono iscrivere i propri figli (l’iscrizione è gratuita) possono farlo direttamente giovedì. Durante le riunioni quindicinali del gruppo, saranno trattati temi di educazione all’ambiente, visionati e commentati film e cartoni sulla tutela della natura, realizzate attività manuali per approfondire le conoscenze delle scienze naturali e dell’ecologia.

Le riunioni della sezione WWF Gioia-Acquaviva si tengono tutti i martedì dalle 20:30 in via Orsini 15/A a Gioia del Colle presso la nuova sede del gruppo che, presto, sarà inaugurata pubblicamente con una serata dedicata all’ambiente con proiezione di filmati, dibattiti ed un rinfresco vegetariano.

Roberto Cazzolla


Il Liceo Classico dedica un film alle tragiche pagine dell’Olocausto

Giornata della Memoria, un film per ricordare

Lunedì ci saranno dibattiti in classe e momenti di riflessione

 

Il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la Legge n°211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata per commemorare le vittime del nazionalsocialismo e dell’Olocausto. Ogni anno, quindi, si ricorda mediante rassegne cinematografiche, mostre, manifestazioni e momenti di riflessione una delle pagine più tristi della storia contemporanea. I Reduci dalla II Guerra Mondiale del circolo gioiese ricordano quegli anni con amarezza. C’è chi ha visto “un compagno ferito mortalmente dai tedeschi, morire dissanguato tra le proprie braccia”; chi ha “lavorato per due anni in Germania alla realizzazione della line ferroviaria”; chi ha prestato servizio “come cuoco o come barbiere” e “quando credevamo che tutto fosse finito e che finalmente stavano per rimpatriarci, ci deportarono ai lavori forzati nelle carceri francesi”. Un altro signore anziano, reduce dalle violenze di una guerra d’ideologie combattuta contro l’idea stessa di uomo, la consapevolezza della diversità, con sguardo triste conferma: “Ho lavorato per i tedeschi nei campi jugoslavi ed ho passato nei balcani ed in regioni al confine con la Russia, buona parte della mia giovinezza. Quanto tornai da lì ero ormai un uomo”. Ma questi affabili anziani, libri viventi di storia che spesso ci ostiniamo a non leggere credendo che la stampa valga più della reale esperienza, possono ritenersi fortunati rispetto ai migliaia di commilitoni che non hanno più fatto ritorno. La stessa sorte di milioni di ebrei che per l’esaltazione e l’arrogante presunzione della purezza, simbolo quanto mai attuale dell’insensata lotta alla diversità di ogni essere del pianeta che ciecamente l’uomo si ostina a combattere, hanno perso la vita ed insieme ad essa l’affetto dei cari, la dignità umana, hanno visto le macabre sofferenze dei campi di sterminio. Il testo dell’articolo 1 della legge che istituisce, di fatto, in Italia la Giornata delle Memoria, così definisce le finalità della commemorazione: «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati». La scelta della data ricorda il 27 gennaio 1945, quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, nel corso dell’offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca di Oświęcim (nota con il nome tedesco di Auschwitz), scoprendo il suo tristemente famoso campo di concentramento e liberandone i pochi superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente, per la prima volta al mondo, l’orrore del genocidio nazista.

Sono impresse nella mente di molti le agghiaccianti fotografie ed i tristi filmati di giovani, donne e bambini ridotti all’osso in fila dietro le recinzioni, in attesa di finire nei forni crematori, arsi vivi o gassificati sino all’ultimo respiro. Sono immagini che non devono lasciare la mente della gente, sequenze che devono fungere da monito per le generazioni future, affinché non si compiano altri simili stermini. Proprio per questo il Liceo Classico “P.V. Marone”, così come molte altre scuole medie inferiori e superiori, ha deciso di dedicare la giornata di lunedì 28 alle discussioni ed alle riflessioni in classe degli studenti, coadiuvati dai professori mentre, ha scelto di proiettare martedì presso l’auditorium del Liceo Scientifico “R. Canuto” il film “Senza destino” di Imre Kertesz. La pellicola è un racconto doloroso e dettagliato dell’esistenza in un campo di concentramento attraverso lo sguardo di Gyuri, un giovane ebreo ungherese. Dopo la deportazione del padre in quelli che sono creduti semplicemente campi di lavoro, anche Gyuri viene rastrellato sull’autobus che lo sta portando a scuola. Dopo un periodo passato ad Auschwitz, viene poi spostato a Buchenwald, dove viene perseguitato da un kapò ungherese e dove inizia la sua routine di fatica, dolore, sottomissione e degrado: perde i lunghi riccioli neri, dimagrisce progressivamente, spala sassi, trasporta sacchi pesantissimi, si lava di rado, contrae la scabbia, gli va in cancrena un ginocchio, è costretto a dormire vicino ai moribondi e a passare intere giornate in piedi, al freddo o sotto la pioggia. Eppure non “perde se stesso” – come dirà una volta uscito dal lager, prelevato per miracolo da una fossa comune dalle truppe alleate – né il contatto con la realtà. Una realtà fatta anche di piccole e necessarie astuzie per sopravvivere e di momenti che senza imbarazzo definisce “piacevoli”… Una storia di vita, dunque, come le innumerevoli raccontate in questi anni. Mai abbastanza e sufficienti per evitare il ripetersi di simili genocidi. Tant’è che molti sociologi hanno definito gli eventi del Darfur in Sudan di questi anni o le violente “deportazioni” degli animali da macello, un riproporsi delle vergognose azioni compiute durante il nazismo.  Tent’è che Charles Patterson, storico e critico letterario di storie sull’Olocausto, nel suo famosissimo libro “Un’eterna Treblinka. Il massacro degli animali e l’olocausto” ha descritto così gli eventi del ‘40-’44, paragonandoli alle attuali azioni umane: “Per Hitler contavano solo il potere e il dominio sugli altri e questi valori furono alla base dell’olocausto esattamente come oggi sono alla base dello sfruttamento economico, su scala multinazionale, delle vite e dei corpi di miliardi di animali”. Tant’è che come scrisse Adorno: “L’affermazione ricorrente che i selvaggi, i negri, i giapponesi somigliano ad animali o a scimmie, contiene già la chiave del pogrom (sommosse e persecuzioni popolari antisemite, ndr)”.

 

Roberto Cazzolla

(da Il Levante)


Un cospicuo finanziamento regionale supporterà le iniziative giovanili

Parte Bollenti Spiriti: i giovani in prima linea

A Gioia parte la ristrutturazione dei locali dei Servizi Sociali

 

Partono finalmente anche a Gioia i lavori per consegnare, entro la fine dell’anno, gli spazi destinati alle associazioni giovanili per lo sviluppo di attività e progetti, nell’ambito del concorso regionale Bollenti Spiriti. Con Bollenti Spiriti è la prima volta che la Regione Puglia decide di investire i fondi della formazione in un progetto organico di finanziamento di studi post-laurea per una così ampia fetta della popolazione pugliese. I 60 milioni di euro stanziati dalle Regione, sono quasi totalmente destinati a finanziare i progetti, praticamente senza costi di gestione e personale. Il progetto riguarda anche il recupero degli spazi urbani. L’intervento, finanziato dal POR Puglia 2000-2006 Mis. 3.7 – “Formazione superiore” Azione d1), sostiene la partecipazione a corsi di perfezionamento o specializzazione post-laurea e a corsi di alta specializzazione per giovani laureati pugliesi di età non superiore ai 32 anni oltre alla realizzazione di progetti giovanili culturali con la riqualifica di spazi cittadini.

A Gioia il luogo scelto per localizzare tutta una serie di attività sarà l’antico palazzo dei Servizi Sociali. Al progetto, il Comune di Gioia ha dedicato molto tempo e questo rappresenta uno dei più innovativi baluardi per la promozione delle attività dei giovani. “Nonostante a Gioia siamo abituati a vedere solo ciò che non va bene, – afferma uno dei responsabili dell’associazione Banedeàpart, che ha seguito e coordinato sin dall’inizio le attività – c’è da dire che silenziosamente si sta concretizzando un progetto per il quale dovremmo essere davvero molto fieri”. In effetti, rispetto al clamore che in questi giorni stanno facendo altri Comuni dell’interland barese, a Gioia sembra che il progetto sia sconosciuto ai più.

“Per gli inizi di febbraio – annunciano entusiasti dai Servizi Sociali, per i quali la dott.ssa Tarulli e la dott.ssa Casamassima hanno partecipato in prima linea alla stesura del progetto – partiranno gli appalti per affidare i lavori di ristrutturazione. Questi prevedono la sistemazione di un ascensore nello stabile e di porte di sicurezza. In una prima fase sarà effettuata la verifica delle spese necessarie per i lavori. Tutto i locali del secondo piano dell’edificio saranno adibiti alle attività delle associazioni e si prevede la realizzazione di una sala per cineforum, di un piccolo spazio teatrale, di una sala prove e registrazione per i gruppi musicali locali. Inoltre saranno ospitate attività nel campo dell’educazione ambientale, della tutela del patrimonio naturale ed attività ludiche e culturali. Saranno realizzati progetti di sostegno e reintegrazione sociale.

Proprio per la gran mole di attività sarà, probabilmente, necessario ristrutturare un altro locale a piano terra, già di proprietà comunale, per destinare in quello spazio altre numerose attività giovanili. Il Comune di Gioia partecipa in collaborazione con quello di Turi ed entro la fine di quest’anno potrebbe essere già tutto pronto per partire con le attività”.

Quindi alla promozione delle attività dei ragazzi sarà unita la ristrutturazione di spazi che attualmente versano in condizioni che ne rendono impossibile l’utilizzo. Ambienti che da “vuoto a perdere” potrebbero diventare il contenitore culturale del paese. Qui dovrebbero concentrarsi gli sforzi per la rinascita sociale di una comunità spesso sorda dinanzi alle problematiche dei cittadini. Qui, i giovani, avranno la possibilità di ottimizzare le loro capacità, le competenze e le passioni, per mettere a frutto un valore spesso non quantificato, ma di grande rilievo nell’economia urbana, qual’è la promozione culturale. Lo stabile comunale, diventerà dunque, non solo luogo ove concentrare idee e progetti, ma anche meta d’incontro tra gruppi, circoli, cooperative e associazioni che possano, con il loro operato, fornire degli utili servizi alla città. Lo sviluppo dal basso, è proprio il caso di dirlo, rende questo progetto davvero interessante e fa onore a chi nel corso di questi anni ha voluto fortemente consegnarlo alla cittadina gioiese. Fa onore ai gruppi di giovani che evidentemente “bamboccioni”, come qualche inappropriato Ministro ha recentemente definito, non sono. Fa onore a ragazzi che nonostante l’inarrestabile ondata di precarietà ed incertezza per il domani, trovano nelle risorse umane e nella promozione delle arti, delle culture e delle scienze un motivo per non guardare ad un futuro incerto ma, per vedere nelle proprie capacità il punto di svolta della società.

Concentrare nelle mani dei giovani lo scettro del rilancio socio-culturale di un paese è una bella sfida a cui l’Amministrazione, va detto, ha concesso un gran supporto. Una scelta coraggiosa che con lungimiranza ha saputo intravedere nelle risorse delle nuove generazioni la possibilità di riscatto dagli errori passati, la voglia di riprende in mano gli spazi urbani e la certezza che comunque vada, si sarà dato spazio a spiriti bollenti, sino ad ora relegati in una pentola a pressione.

Roberto Cazzolla

(da Il Levante)


Le ultime piogge hanno riaperto enormi buchi lungo le strade

Gioia: una città formato groviera

Il problema è che i lavori stradali vengono spesso approssimati

 Piove raramente in questi giorni, ma quando l’acqua scende lo fa con intensità e forza. L’impatto della pioggia sugli asfalti e l’accumulo di acqua lungo le strade e negli strati sottostanti di terreno, ha fatto riaffiorare nell’ultimo periodo un problema con il quale molte città devono confrontarsi. In particolare, Gioia del Colle, è costantemente alle prese con enormi crateri che si formano lungo le strade, buchi nel manto stradale che diventano sempre più profondi col passare del tempo e con la scarsa manutenzione. Solo ieri è stato approssimativamente colmato il grande buco formatosi in seguito alla perforazione per la sostituzione delle tubazioni fognarie, nei pressi dell’ospedale Paradiso. Proprio quel foro, in  via Giovanni XXIII, aveva già causato numerosi danni alle auto che, pur a moderata velocità, si sono ritrovate con le ruote anteriori completamente sprofondate.

Tra le strade che in questi giorni hanno riaperto “vecchie ferite”, una delle più disastrate è certamente via Quattro Ottobre 1917, una parallela di P.zza Pinto che dall’ospedale percorre tutto il paese sino all’incrocio con via Mazzini. Lungo quella strada e le sue parallele, si trovano buchi e sopraelevamenti di ogni tipo. Numerose successive cementazioni hanno reso la carreggiata impraticabile e molto spesso si viaggia con due ruote su di un cordolo alto anche 10-15 cm e le altre due a livello stradale. Per non parlare, poi, dei numerosi tombini superficiali che risultano due o tre centimetri sul livello stradale.

Gli enormi buchi creatisi su queste vie come sulla via per Bari, quella per Castellaneta o sulla ex-statale 100, derivano da un’approssimativa colmatura con materiali inerti fatta in seguito ai lavori che in questi giorni coinvolgono mezza città, per ampliare il sistema fognario con la sostituzione della gran parte delle vecchie tubazioni, con diametro troppo piccolo per poter sopportare gli attuali carichi. Una volta riposizionati i tubi, però, le ditte appaltatrici spesso si disinteressano di colmare i solchi e di riasfaltare la strada, lasciando per settimane, e a volte anche mesi, interi tratti privi di superficie percorribile dalle auto. Sono, ormai ingenti i danni dovuti al pessimo stato di manutenzione delle strade gioiesi. Proprio ieri, in seguito alla pioggia battente dei giorni scorsi, sono sprofondate altre tracce fognarie, lasciando scoperti avvallamenti che in molti casi hanno provocato anche disagi per i pedoni. Alcuni cittadini sono stati vittime di distorsioni o di cadute dopo aver messo i piedi in buchi che, a volte, è anche difficile vedere. L’accumulo di acqua meteorica provoca frequentemente lo sprofondamento degli strati superficiali di catrame e asfalti, poiché essa difficilmente viene drenata ed assorbita dalle radici degli alberi, rari lungo i margini stradali. Nelle strade rurali, ad esempio, non è frequente la formazione di simili voragini proprio perché il terreno poroso ed assorbente, non impermeabilizzato come quello cittadino, permette il percolamento dell’acqua in profondità, ove le radici delle piante possono assorbirla.

In città come Gioia, dove le alberature marginali sono carenti, è frequente che si verifichino simili disagi per gli automobilisti e per i cittadini, in generale. C’è poi da aggiungere che il paese è già, di per sé, sorto su di una vasta area freatica, nel cui sottosuolo si raccolgono numerosi metri cubi d’acqua provenienti anche dalle aree circostanti e dai comuni limitrofi posti ad altitudini superiori rispetto a quelle gioiesi.

Se, a questo, si somma il fatto che sono rari i controlli che l’amministrazione pubblica effettua per verificare se i lavori stradali siano stati compiuti correttamente, si comprende come più che una città italiana, Gioia potrebbe fregiarsi del titolo di città Svizzera, patria del formaggio coi buchi.

Ogni qual volta si manifestano fenomeni meteorologici anche non troppo violenti, si ripresentano gli stessi problemi e spuntano centinaia di crateri lungo le vie della città. Così, come misura momentanea, alcuni operai privati o comunali, colmano alla meglio i fori con pietrisco e ricoprono rapidamente il tutto. Alla successiva pioggia il problema si ripresenta poiché il materiale di riempimento sprofonda insieme all’asfalto, essendo stato sistemato in scarso quantitativo e con poca cura.

Verrebbe da pensare che alle ditte che appaltano simili lavori possa convenire non sistemare al meglio le strade dopo gli scavi, visto che nessuno controlla, per poi ricevere ulteriori compensi per riasfaltare i buchi. Ma, pur non volendo pensar male, è evidente lo sperpero di denaro pubblico che settimanalmente si realizza a Gioia. Tutto questo perché i lavori pubblici vengono condotti nella totale anarchia delle ditte che sono libere di agire e lasciare in sospeso i lavori. Sono mesi che i cittadini vivono alle prese con i disagi dovuti ad interminabili sostituzioni di tubi e sono anni che il paese sprofonda su se stesso ad ogni pioggia.

Forse una più accurata verifica dei lavori e la piantumazione di alberi lungo le carreggiate stradali più a rischio di allagamento, eviterebbe al Comune di dover spendere soldi per immettere incoscientemente e contro la legge, acqua di lavaggio stradale nella falda. Forse un po’ di soldi risparmiati, potrebbero essere utilizzati per migliorare davvero le strade urbane ed aumentare la quantità del verde pubblico.

Roberto Cazzolla

(da Il Levante)


Non esistono le pensiline, le fermate nessuno le conosce, ma i fondi sono stati stanziati

Bus urbano: chi l’ha mai preso?

Il mezzo pubblico circola perennemente vuoto. Il servizio è affidato alla Sabato

Sono numerose le lamentele che giungono da parte dei cittadini sulle carenze ed i disservizi dell’autobus urbano che circola da tempo per le strade gioiesi. Lo si vede percorrere strade e stradine con a bordo solo l’autista. Il mezzo che dovrebbe percorrere quella che definiscono “Autocorsa Circolare”, attraversa il paese dalle 8:15 alle 21:10. Si muove in maniera circolare per ben otto volte, con una sola pausa tra le 13 e le 15.

Un ottimo servizio, si direbbe, viste le continue polemiche sul traffico, l’inquinamento cittadino e le limitazioni delle emissioni di CO2 per combattere l’effetto serra. Peccato che transiti tutto il giorno desolato come un deserto. A volte vedi il conducente che parla con l’unica persona a bordo della giornata.

Per testare le numerose lamentele del disservizio, ci siamo immedesimati in un anziano o in una signora con la spesa tra le mani, che decidono di lasciare a casa l’auto e spostarsi “comodamente” col mezzo pubblico tra un supermercato e l’altro. Tra un negozio ed un ufficio.

L’ardua impresa inizia già nel tentativo di conoscere quali sono le soste e quali gli orari del bus n°3 (che nonostante il numero, è l’unico in circolazione). I tabaccai non ne hanno mai sentito parlare, le edicole sanno della sua esistenza ma ignorano orari e fermate. Alcuni hanno ricevuto un volantino fotocopiato male su cui si intravedono le tappe. Difficile, però distribuirlo ai cittadini visto che molte edicole non hanno la fotocopiatrice.

Allora, chiediamo semplicemente all’edicolante di indicarci la fermata più vicina. “Via Regina Elena alle 12:47 o giù di lì”. Certo, sembra facile ma, sull’orario diffuso dall’agenzia Sabato Viaggi, che gestisce il servizio per conto del Comune, sono indicare tre fermate nel giro di pochi minuti per quella via. Così, esci dall’edicola e cerchi almeno un cartello dove sia indicata la fermata. Ti guardi intorno ma, niente. Prosegui per altri cinquanta metri verso Piazza Pinto e ti accorgi che un cartello con la sigla “Scoppio” c’è. Ti avvicini per leggerlo ma è vano il tentativo. Il carattere è striminzito, le soste incomprensibili ed è alto quasi tre metri. Come può un anziano con diottrie certamente ridotte, capire dove e quando si ferma l’autobus? Quello che certamente si legge è la pubblicità che sovrasta il cartello. Enorme, almeno dieci caratteri più grande del tabellino di marcia. Sono le 12:30 ma il bus, comunque, non passa.

Va beh, pensiamo, sarà un caso. Così proseguendo verso Piazza Pinto ci ricordiamo che l’edicolante ha detto che anche lì ad un certo orario si ferma il bus. Non avendo le fermate sottomano, cerchiamo un nuovo cartello di sosta.

In Piazza c’è un altro palo con la scritta “Scoppio”. Stavolta gli orari, forse perché in favore di luce, sono più visibili. C’è scritto “autolinea Gioia del Colle-Ospedale Miulli”. Ma che c’entra? Dopo aver percorso centinaia di metri, aver perso, secondo i tempi di percorrenza riportati dalla Sabato, tre o quattro fermate senza aver mai visto l’autobus, ci rechiamo presso la sede della Sabato Viaggi nelle vicinanze della Piazza, per chiedere chiarimenti.

Innanzitutto, richiediamo il foglio con gli orari e le fermate. Lo stampano ma, è tagliato come quello dell’edicola. Le vie si intuiscono. Poco male, pensiamo, rispetto al resto. Facendosi più insistenti le nostre domande e non trovando alcuna risposta, la gentile signorina che ci accoglie passa la mano al responsabile del servizio urbano. “Ma no – ci dice, quando gli facciamo notare i numerosi disservizi che impediscono ai cittadini di servirsi del mezzo pubblico – il problema è che al 90% la colpa è della gente, perché non è abituata e non ha voglia di utilizzare il bus”. Ma come non ha voglia, se le fermate non si conoscono e gli orari non vengono rispettati? “Per alcune fermate ci sono cartelli come quelli – e ci indica il palo in Piazza Plebiscito, con su scritte le fermate per il Miulli, che avevamo appena consultato – lì può leggere gli orari”. Allora vuole prenderci in giro? Su quel cartello non sono indicati gli orari del mezzo urbano ed anche se lo fossero, per la maggior parte dei cittadini, a meno di una vista bionica, risulterebbero illeggibili. E le pensiline? Sappiano che avevate il compito di sistemarle nei punti più frequentati. “Su quelle ci stiamo adeguando. Entro il prossimo mese dovrebbero essere posizionate”. Peccato che il servizio funziona da più di un anno e le paline ancora non ci sono. Chi mai sosterebbe decine di minuti sotto la pioggia per prendere un bus che poi, probabilmente, non passerà? “Sa – proseguono in arringa dalla Sabato – il martedì è sempre pieno, perché è gratuito. Gli altri giorni, invece, siccome il biglietto costa 50 centesimi – 70, lo corregge una ragazza – ah, 70 è vero, nessuno lo prende”. Forse, il problema non è il costo del biglietto quanto, il fatto che non conoscendo soste ed orari ed aspettando alle intemperie vanamente l’arrivo dell’autobus, in molti scelgono di andare a piedi o di usare l’auto. Eppure, siamo certi, a molti farebbe comodo il mezzo pubblico. “Sono convinto – insiste il dirigente della Sabato Viaggi – che quando, tra poco si dovrà pagare il biglietto anche per il martedì, ci saranno due o tre persone sul mezzo”. Bella scusa per coprire un disservizio. I cittadini, invece, sono convinti che se la Sabato facesse al meglio il suo lavoro, con la sistemazione delle pensiline e dei cartelli di sosta con gli orari, la pubblicizzazione di fermate, delle tabelle orarie e dei punti d’acquisto dei biglietti (dove si comprano attualmente?), servizi per i quali è stata profumatamente pagata dalla Regione Puglia, forse il numero di passeggeri al giorno del bus urbano salirebbe dalla pietosa quota di uno: il conducente!

L’Ufficio Traffico del Comune: “Non dipende da noi il disservizio”

“Quasi 100000 Euro dalla Regione per il servizio pubblico”

Il mezzo pubblico dovrebbe essere una delle risposte concrete contro l’effetto serra, l’inquinamento atmosferico delle città e lo stress da traffico. Dovrebbe essere un servizio ed, invece, a Gioia è un’impresa da Titani prendere l’autobus per spostarsi.

Per capire meglio le cause del disservizio, siamo stati presso l’Ufficio Traffico del Comune.

Abbiamo provato a prendere il mezzo pubblico ma, è davvero una delle fatiche di Ercole. Da chi dipende questo disagio?

“Il Comune non ha colpe – risponde il dirigente – perché il servizio è affidato interamente alla Sabato Viaggi”.

Quindi voi non siete al corrente di come questo servizio venga gestito?

“A noi hanno comunicato semplicemente la tratta percorsa e le fermate. Il problema è che con un solo mezzo vogliono fare decine di fermate ed è quasi impossibile arrivarci in orario”.

Effettivamente le soste sono più di 30, per otto volte al giorno. Un percorso davvero arduo per un servizio che scontenta la maggior parte dei cittadini.

“Purtroppo noi siamo al corrente degli adeguamenti effettuati dopo il piano traffico e di come si è modificato il loro percorso. Vengono comunicate all’ufficio di Polizia Municipale le cifre sul numero di biglietti ma, nulla più”.

Il problema è che con un autobus che circola vuoto tutto il giorno, si rischia di inquinare più di quanto si emetterebbe se le 50 persone, che su quel bus possono salirci, prendessero l’auto invece del mezzo pubblico. Ovunque si incontri l’autobus, all’interno vedi solo l’autista. Ma i fondi per gestire il servizio da chi provengono e a quanto ammontano?

“E’ la Regione Puglia ad elargire i fondi ed all’epoca dello stanziamento, in Lire, furono consegnati nelle mani della ditta Sabato circa 200 milioni, praticamente quasi 100 mila Euro. Con quei soldi dovevano essere sistemate pensiline, cartellonistica e migliorato il servizio. Da parte nostra, possiamo recepire il problema e sollecitare l’azienda”.

Sarebbe il minimo, visto che si tratta di soldi pubblici spesi per far consumare benzina ad un autobus vuoto…ed il resto del fondo che fine ha fatto?

“E’ vero. Ci aspettiamo una segnalazione scritta per invitare la Sabato a ripristinare correttamente il servizio urbano e capire cosa non va”.

Roberto Cazzolla

(da Il Levante)


L’area pericolosissima è gia stata segnalata ma, nessuno interviene

“Da due anni minacciati dall’amianto”

Lungo il binario ferroviario, una vasta discarica d’amianto, mai bonificata

 “E’ da due anni che abbiamo segnalato la situazione – dichiara il signor Stea che, per primo, ha sollevato il problema della discarica abusiva di amianto in via Vicinale del Bambino – all’interno ci sono pietre, scarti edili e soprattutto, le pericolose lastre in eternit. Ci sono pezzi sgretolati e addirittura, cisterne in amianto”.

L’area si estende su un triangolo di terra di proprietà del Comune di Gioia del Colle, come risulta dal catasto comunale. Nel catasto viene, inverosimilmente, indicata come area adibita al pascolo. Poveri pastori, dunque, e povero bestiame costretto a camminare fra le finissime fibre che volano costantemente alla prima folata di vento. Si vedono in controluce ed hanno la preoccupante capacità di penetrare in profondità nei polmoni sino a raggiungere i bronchi ed i bronchioli, causando malattie come il mesotelioma pleurico e l’asbestosi. Queste, in molti casi, risultano mortali.

“Eppure – sostiene il sig. Stea – già nel gennaio del 2006 avevo segnalato la situazione al Sindaco ma, nulla cambiò. Così lo scorso anno, nel 2007, dal Comune mi dissero che la Spes avrebbe bonificato al più presto l’area, che sarebbero dovuti intervenire loro. Anche i dirigenti della stessa azienda mi assicurarono un rapido intervento ma, è passato ancora un anno, e l’amianto è ancora lì”.

Anzi, nel frattempo, sembra che le lastre depositate siano aumentate e si vedono i segni delle ruote di qualcuno che probabilmente, tuttora, continua a scaricare. Tra l’erba, sul muretto a secco, fra le pietre e frammentati su tutto il suolo si vedono pezzi di tettoie, scaricate senza la minima precauzione. All’area si arriva lasciando alle spalle i magazzini del Penny Market, da contrada 5 Parieti e proseguendo sino a raggiungere il binario ferroviario. Lì c’è una terra di nessuno che da anni viene utilizzata come discarica abusiva del pericolosissimo asbesto. Da quando nel 1992 fu messo al bando in Italia, centinaia di migliaia di lastre furono scaricate abusivamente nelle campagne, in barba ai dettami della legge n°257/92 che prevede per tutti i possessori del materiale di contattare le ditte specializzate per la messa in sicurezza, che rendono innocuo per la salute umana ed evitano la dispersione particellare tramite l’isolamento della fibre, il trattamento dei pezzi e lo smaltimento controllato.

E’ proprio lo sgretolamento delle tettoie intere a provocare la dispersione delle fibre che come microscopiche schegge penetrano attraverso le vie respiratorie e si insinuano in profondità.

L’aspetto più assurdo è che “recentemente – continua il sig. Stea – qualcuno è venuto a prendere delle pietre, forse utilizzate nelle costruzioni o in campagna, proprio dalla zona contaminata dall’amianto”. Così, dopo averlo scaricato illegalmente, ora c’è qualcuno che sta costruendo palazzi o muretti a secco con massi ricoperti da fibre killer. Se la bonifica fosse avvenuta subito dopo la prima segnalazione del cittadino, simili inconvenienti si sarebbero potuti evitare. Si nota, infatti, al centro della discarica un vuoto dovuto alla rimozione di pietre. Rimozione, però, che non è stata effettuate per bonificare l’area ma, per procurarsi incautamente del materiale da costruzione gratuito. Materia prima intrisa di sottilissimi ed invisibili frammenti di amianto.

Così la bomba sanitaria rischia di espandersi e coinvolgere persone lontane anche centinaia di metri dal sito. E’ necessario bloccare qualunque tentativo di rimozione del materiale della discarica da parte di privati cittadini, al fine di evitare una dispersione a macchia d’olio delle fibre ed è, inoltre, fondamentale mettere subito in sicurezza la zona con l’isolamento del materiale bandito e la bonifica dei terreni.

I molti contadini che lavorano nei paraggi, così come le abitazioni, sono seriamente a rischio durante le giornate ventose che possono trasportare le fibre anche a chilometri di distanza.

La piaga dell’amianto continua a colpire. Gli incoscienti che seminano pezzi mortali del temuto minerale, minacciano la loro stessa salute poiché, inconsapevolmente, immettono nell’ambiente particelle che si diffondono a grandi distanze. Coloro che non bonificano aree ad altissimo pericolo sanitario, come queste, sono, però, allo stesso tempo complici dell’incuria e dell’aumento dei casi di patologie tumorali gravi che colpiscono animali e persone. Simili ordigni ecologici andrebbero disinnescati prima che sia troppo tardi e che le statistiche sulle morti per amianto si arricchiscano di nuovi dati.

Roberto Cazzolla

(da Il Levante)


Tra archi decadenti, ipogei sconosciuti e masserie incustodite

Chi tutela e chi promuove il patrimonio storico?

Viaggio nello sperpero del patrimonio culturale di Gioia del Colle 

Quante volte si sente elogiare le ricchezze storiche delle città, quante volte piccole testimonianze del passato attirano turisti d’ogni continente. Bastano poche pietre, qualche tomba o una chiesa antica a magnetizzare la voglia di scoperta della gente, convogliando denaro nelle casse dei Comuni interessati, benefici economici per le aziende ed i residenti della zona. Si promuove un territorio e si vive di quello. Sono molti i casi di piccole o medie città la cui economia si fonda, soprattutto, sul turismo e sulla promozione del patrimonio culturale.

A Gioia, invece, ove non ci sono solo pietre innalzate a monumenti, ma veri e propri  tesori archeologici, rurali ed urbani, c’è l’assurda tendenza a non prendere in considerazione le possibilità offerte da simili testimonianze del passato.

C’è un castello normanno-svevo, tra quelli preferiti da Federico II nella vasta quantità dei suoi possedimenti dopo Castel del Monte, un Municipio che è di per sé un monumento, il Teatro Rossini che di anno in anno rischia l’abbandono per poi essere, fortunatamente grazie alla lungimiranza di pochi gioiesi e del Teatro Kismet, salvato in extremis, c’è la caserma dei Carabinieri, ristrutturata con dubbia attenzione, l’ex-distilleria Cassano, il molino ora macello (che salto di qualità!), la vecchia cantina sociale e chi più ne ha, ne metta.

Il problema è che di questo straordinario valore storico più della metà è in totale decadenza, lasciato all’incuria ed ai capricci del tempo. Non c’è neanche l’ombra della promozione, neanche la parvenza di un accenno di politiche per attirare turisti. Eppure quanto farebbe bene alla comunità la riscoperta di questi scorci nascosti nel tempo. Quanta fresca e nuova economia fiorirebbe dinanzi all’afflusso del turismo. Gioia come una nuova meta di adorazione culturale. Basterebbero dei pacchetti turistici, una rete sentieristica ufficiale ed un sito internet. Il resto, poi, andrebbe da sé.

La maggior parte degli archi presenti nel centro storico è sconosciuto ai più. Inoltre, molti necessiterebbero di manutenzione, da svolgere in maniera accurata e senza modificare l’antica architettura. Ed i palazzi della zona antica? Ognuno fa quel che gli pare. Sopraelevamenti, pitturazioni arlecchine, porte avveniristiche, verande hawaiane, balconi marziani, etc.

Così, privato di ogni regolamentazione, il centro storico patisce i colpi dell’indifferenza e viene sempre più relegato ad area d’abbandono, ove un tempo c’era la gente ma ora fioriscono solo gli affari edilizi. Ci sono Comuni del circondario, come Noci, dove il centro storico ha una funzione vitale per il paese; si organizzano sagre di successo; si attirano turisti d’ogni dove.

Invece a Gioia, ci sono decine di ipogei straordinariamente belli, dove all’interno sembra di aver fatto un salto nel passato, una macchina del tempo sotto i nostri piedi, ma in pochi sanno della loro esistenza.

In quanti hanno visitato quelli della chiesa di S. Francesco, di S. Maria Maggiore (chiesa Madre), di S. Antonio, con i pozzi e le cisterne, le cripte e le botole? Quanti conoscono la cisterna di via Fontana o il complesso cimiteriale della chiesa di S. Antonio? Ma non è solo colpa dell’indifferenza dei cittadini. Perché molti di questi posti non sono resi accessibili ai turisti, non vengono valorizzati e giacciono per ottusagine di politici, soprintendenze ed, a volte, parroci nell’oblio più totale. Qualcuno ha mai visitato il pozzo del Castello o il presunto passaggio segreto tra la chiesa Madre, il Fortino svevo e Monte Sannace? Ci sono amministrazioni che farebbero salti mortali per avere concentrati nel proprio territorio una tale quantità di beni storici ed archeologici. Che dire poi di Santo Mola, la necropoli peuceta recentemente riscoperta, nascosta in fretta e furia da abitazioni e lasciata soffocare in attesa di posteri migliori? Per non parlare delle numerose e straordinariamente belle masserie abbandonate nelle campagne gioiesi. Quelle di via Vecchia Laterza o di Marzagaglia, con stalle, dormitori, alcune con iscrizioni o affreschi. Altre con reperti religiosi, campane, altari, mangiatoie…Poi ci sono i numerosi trulli sparsi sul territorio, in particolare tra la via per Turi e quella per Putignano. Affascinanti resti di antiche popolazioni, perfettamente integrati nel paesaggio e degni del più valoroso sforzo conservativo.

Invece, quando si parla di Gioia del Colle, si accenna a stento agli scavi di Monte Sannace, dimenticando l’immenso patrimonio che questo paesino murgiano conserva.

Ma non è colpa di nessuno se la cultura qui, è all’ultimo posto, non è colpa dei politici scelti dell’accentuata inconsistenza dell’impegno cittadino, non è colpa dei cittadini vittime di scelte ignobili dei politici…intanto, però, nel balletto delle colpe un’inestimabile tesoro si sgretola distrutto dall’indifferenza. La stessa indifferenza che porta a ritenere le insulse diatribe politiche più importanti della preservazione dell’identità di un popolo e di mille culture, più pressante della necessità di creare turismo e promozione in una città che di queste risorse ne ha da vendere. E, certamente, da guadagnare…

Roberto Cazzolla

(da Il Levante)


Le esche velenose per ratti sono ancora posizionate nei giardini pubblici

Veleni pubblici: da mesi nessuno li rimuove

Esiste il serio pericolo che qualche bambino o animale domestico li tocchi

“La ditta di Triggiano che li ha sistemati, avrebbe dovuto rimuoverli – fanno sapere dall’Ufficio Tecnico del Comune di Gioia del Colle – comunque ci informeremo sul perché sono ancora lì”.

Intanto, però, le esche velenose posizionate ben 5 mesi fa, esattamente il 5 settembre 2007, nei giardini pubblici per dar battaglia ai presunti ratti che infestano la città, sono ancora lì e non sono stati ancora rimossi.

Le esche sono formate da tubi a T capovolti con un gancio metallico interno che sostiene una bustina di anticoagulante. Sono state posizionate in varie aree della città, in particolare in P.zza Pinto. Qui, le si trova in grandi quantità attaccate sotto i bidoncini della spazzatura. Il che fa sorridere, perché se è vero che in questo modo i topi possono essere attirati dall’odore dei rifiuti e, quindi, cadere più facilmente nella trappola, c’è da dire che questi animali sono molto più intelligenti di quello che pensiamo e difficilmente sceglierebbero una bustina di veleno al posto di un mezzo panino al prosciutto. Così di sera i roditori si potrebbero avvicinare alle esche, ma grazie al loro potentissimo olfatto (di gran lunga migliore di quello dei cani, tant’è che molti ratti vengono utilizzati per individuare le mine che, fortunatamente, riconoscono senza saltare in aria) eludere completamente i veleni ed infilarsi nei bidoncini bassi per cibarsi di scarti.

L’aspetto più curioso della vicenda è che, probabilmente, pur volendo, questi ratti delle specie Rattus rattus e Rattus norvagicus, ratto nero e ratto grigio, che vivono nelle fogne e tra la spazzatura umana (altrimenti non avrebbero popolazioni così numerose), non hanno possibilità di accesso all’interno dei tubi viste le loro dimensioni più elevate rispetto al comune ed innocuo topolino Mus musculus, che diventa certo più facile vittima, considerata la modesta mole che gli permette di accedere nei tubi. Così, non solo non si riduce la popolazione dei ratti, ma si stermina un roditore simpatico ed innocuo che condivide da secoli gli spazi verdi urbani con l’uomo.

Ciò che più preoccupa, però, è il fatto che queste esche stazionino per strada da molti mesi, nella totale incuria ed accessibili a bambini ed animali domestici. Al disopra delle esche ci sono cartelli che indicano il tipo di antidoto da utilizzare in caso di contatto: vitamina K (un forte coagulante del sangue, con azione antagonista rispetto al veleno). Il pericolo di avvelenamento di animali e bambini, non è così remoto e più passa il tempo, maggiori sono le probabilità.

Oltre al comprovato insuccesso delle esche, visto che nella maggior parte dei tubi esse sono lì al loro posto completamente inviolate, c’è da evidenziare che alcune sono state manomesse ed in altre le bustine sono fuoriuscite e si rinvengono nei paraggi. Inoltre, l’acqua piovana che talvolta riempie i tubi, rischia di far imputridire i pacchettini che contengono il veleno e di riversarlo fuori.

Altro particolare aspetto è che, se le esche avessero funzionato si sarebbe rinvenuto qualche ratto morto poco distante, e chi l’avrebbe rimosso? Chi avrebbe garantito che gatti, cani o persone non ne venissero in contatto? Oltre al veleno, il pericolo deriverebbe da un animale morto portatore di parassiti. Quindi, sembra che alle “buone intenzioni”, se così si può ironicamente chiamare la volontà di sterminio dei roditori, non siano seguiti i giusti accorgimenti per tutelare la salute dei cittadini.

Anche perché, i tubi sono facilmente manomettibili e tenendo conto dei vandalici atti che di sera in sera si compiono nei giardini pubblici, c’è da aspettarsi che prima o poi, simili veleni finiscano nelle mani di qualche ragazzino imprudente.

Come sia possibile che da settembre dello scorso anno, siano ancora presenti pericolosi veleni negli spazi pubblici più frequentati? E’ mai possibile che le ditte private che appaltano un servizio, spesso si disinteressano del portare a conclusione l’opera? Si potrebbe, malignamente, pensare che una volta intascata la provvigione per il lavoro, queste si disinteressino del prosieguo…Ma per non essere sospettosi, bisognerebbe almeno sollecitare gli amministratori pubblici a tenere maggiormente sottocontrollo simili vicende che interessano la cittadinanza.

Forse, una miglior lotta per evitare l’accrescimento delle popolazioni dei ratti, sarebbe quella di ridurre al minimo il rifiuto organico nei cassonetti (magari iniziando a raccoglierlo separatamente per conferirlo nelle compostiere), diminuire il carico organico degli scarichi fognari, evitando di scaricare nel water fazzoletti, cibo, etc. che finiscono nelle fogne ed oltre a diventare cibo per i roditori, aumentano la temperatura delle tubazioni, creando il crogiuolo ideale per la riproduzione del roditore. Ma per tutto questo serve una spinta dall’alto, un’ordinanza sindacale. Così si evita di avvelenare incautamente cani, gatti e bambini, e si risparmia la vita all’innocuo topolino comune. Nel frattempo, bisogna urgentemente rimuovere le esche prima che il bersaglio dell’infame trappola cambi di specie…

Roberto Cazzolla

(da Il Levante)


Le piccole cave per l’estrazione del tufo, colmate abusivamente

Ora le Tufare son piene di rifiuti

La gente della zona e qualche grande azienda le sta riempiendo illegalmente

Appare strano comprendere a fondo l’origine dei materiali che quotidianamente derivano da fonti naturali. Così ci si stupisce quando si scopre che il duttile alluminio è ricavato dalla bauxite, estratta con molta fatica e notevole impatto ambientale, dal cuore delle montagne. Ci si meraviglia all’inverosimile quando si apprende con quale sacrificio forestale vengano ricavati i numerosi fogli di carta che quotidianamente, dopo un minimo scarabocchio, noi buttiamo via o quanta silice sia necessaria per produrre il vetro oppure quanto petrolio venga sprecato durante la foggiatura delle plastiche.

Allo stesso modo sorprende apprendere che i palazzi, le case e tutte le altre costruzioni sono in piedi grazie alle numerose tonnellate di tufi estratti dalle cave, in zone ricche di questa concrezione minerale.

A Gioia esiste un luogo che per decenni è stato utilizzato nell’estrazione del tufo, garantendo una costante fuoriuscita di materie prime utili nei più svariati utilizzi edili. Lungo la via delle tufare, tra Gioia e Santeramo in Colle, si sono svolte storie di scavatori ed operai che con grande fatica estraevano la preziosa pietra morbida e friabile, che spesso viene divisa in blocchi tetragonali all’interno di appositi macchinari. L’estrazione del tufo, com’è comprensibile, può avvenire solo in zone in cui tra gli strati superiori di terreno e la roccia madre sottostante si vengono a trovare lamine di roccia porosa e friabile, denominata appunto tufo. Il vero tufo, quello laziale od il famoso “giallo” campano, deriva da processi eruttivi vulcanici ed è, quindi, una roccia vulcanica piroclastica, mentre quello pugliese, così come quello estratto dalle cave di Gioia del Colle, è un tufo improprio, trattandosi di calcari formati da sedimenti precipitati grazie all’azione dell’acqua, che generalmente includono tracce di vegetali o di conchiglie fossilizzate.

In questi anni in cui le cave sono state abbandonate a se stesse, non essendo più utilizzate per l’estrazione, privati cittadini ed aziende della zona, hanno abusivamente sversato una gran quantità di rifiuti all’interno di una di esse, in contrada delle Tufare. La scoperta, recentissima, è avvenuta dopo la segnalazione di alcuni residenti della zona che hanno notato la presenza di lavatrici, carcasse d’auto, prenumatici, batterie d’auto, amianto, televisori, ferraglie, ceneri e fanghi. Sono proprio questi ultimi a preoccupare vista la possibilità che si tratti di fanghi di depurazione contenenti metalli pesanti e sostanze tossiche. Così, in un paesaggio dantesco, ove le pareti scendono in profondità, ricoperte da vegetazione, come fossero gironi a più settori, in ognuno dei quali la natura sta ristabilendo il suo controllo, si scopre nuovamente l’altra faccia dell’abuso umano. Dapprima, lo sventramento di un territorio con la formazione di crateri sparsi, azione però a modesto impatto ed utile ai fini dell’edilizia, poi, la più deleteria e pericolosa immissione illegale di rifiuti delle più svariate tipologie all’interno della foro creato. Del ritrovamento della colmatura, decine di metri cubi, con rifiuti pericolosi saranno messe al corrente le forze dell’ordine, nella speranza che l’area venga sottoposta a sequestro penale ed il reato non venga perpetrato. C’è da chiarire anche chi sia, una volta conclusosi i lavori di scavo, il legittimo proprietario della zona, un privato cittadino o il Comune, perché anche questo sarà soggetto d’indagine, visto l’uso improprio del territorio che si sta facendo.

La conferma dell’attuale utilizzo dell’area come discarica arriva dalla constatazione che al margine della cava che affaccia sulla strada si vedono numerosi segni di pneumatici e fanghi freschi, non essiccati. All’interno, inoltre, si rinvengono materiali da costruzione, lastre in eternit, barattoli di vernice, reti per letti, etc. Insospettisce l’elevata quantità di cumuli di terra, tipici “nascondigli” dei più svariati rifiuti tra cui, solitamente, quelli chimici.

Il tutto è stato realizzato in una zona ad elevatissima presenza agricola. Si notano nei terreni circostanti uliveti, vigneti, orti e campi a grano. Tutte queste colture, rischiano l’inquinamento a causa del percolamento nel suolo permeabile, dei liquami con la contaminazione della falda sotterranea.

Appare, quindi, importante la rapida bonifica e messa in sicurezza del sito, con la possibile soluzione di colmare i fori delle antiche tufare con inerti (legno, pietra, tufo stesso) oppure, con la più costruttiva idea di lasciare così com’è l’area per testimoniare alle generazioni future come sia potuta sorgere l’immensa mole dei palazzi della città e quanto sacrificio umano ed ambientale questo è costato. Magari, i giovani, rendendosi conto in prima persona del peso economico ed ecologico di aspetti della vita che spesso si danno per scontati, come la costruzione di un palazzo, potranno apprezzare il duro lavoro ed il grande servigio che gratuitamente gli ambienti naturali ci forniscono. E, forse, smetteranno di colmare con indifferenza e superficialità, il ventre della terra che per lunghi anni ha permesso alle loro famiglie di vivere al riparo dalle intemperie, al sicuro con un tetto sulla testa, avvolti tra le quattro mura.

Roberto Cazzolla

(da Il Levante)


Serve un segnale forte da parte delle forze dell’ordine

Pugno duro contro i delinquenti

Ennesimo furto in casa in questi giorni di esplosione della malavita

Un altro furto è avvenuto in questi giorni di esplosione della malavita gioiese. Ignoti dopo essersi intrufolati silenziosamente in un’abitazione a piano terra in una traversa della chiesa Immacolata, hanno sottratto una borsa e sono fuggiti. Sembra che si trattasse di due persone che approfittando della porta aperta dalla signora residente nell’abitazione al fine di far arieggiare l’ambiente, sono entrati silenziosamente prendendo dal tavolo del soggiorno una borsa di valore con all’interno, cellulari, documenti, occhiali da vista, soldi e carte prepagate. I ladri, sono poi scappati, sembrerebbe a piedi, attraverso le stradine della zona di via Mazzini. La vittima del furto, ignara dell’accaduto perché si trovava nella cucina dell’appartamento, si è, solo dopo parecchi minuti, accorta che le era stata rubata la borsa. A quel punto, costernata, è corsa dai Carabinieri che non hanno potuto, però, ricevere l’esposto in quanto la donna era priva del documento d’identità sottrattogli. La vicenda ha visto un risvolto a buon fine, poiché la mattina seguente una signora, con grande senso civico e bontà d’animo, ha contattato la derubata, dicendole di aver ritrovato la sua borsa con i documenti nei pressi di via della Chiusa e glie l’ha riconsegnata. All’interno erano stati sottratti dai malavitosi i soldi, i cellulari e le carte prepagate. Almeno occhiali e documenti, oltre alla borsa stessa, grazie al generoso gesto di un cittadino, sono stati riconsegnati al legittimo proprietario. L’ennesimo atto delinquenziale, dunque, che in questo periodo vede una crescita esponenziale di rapine, scippi e furti.

Mentre, tragicamente si è spenta l’esistenza di Giuseppe Intelletto, vittima innocente della sparatoria dell’Epifania in via della Fiera, alla cui famiglia va tutto il cordoglio e l’affetto della città intera, sconvolta dall’efferatezza di un delitto frutto dell’ingorda smania di denaro che affligge, ormai, l’intera umanità, sono in molti da più fronti a chiedere uno sforzo in più alle forze dell’ordine per individuare gli artefici delle rapine e contrastare l’espansione del fenomeno malavitoso.

Certo, assicurare alla giustizia i colpevoli, non riporta in vita le vittime e nemmeno il senso di totale smarrimento che coinvolge i parenti, increduli di come tanta brutalità possa scaturire dall’ignobile desiderio dell’avere.

Però, è estremamente importante che gli agenti di polizia intensifichino le indagini e diano, ai cittadini, un nuovo senso di fiducia in coloro che dovrebbero tutelarli da simili vicende. E’ anche vero, che il senso d’immoralità nelle azioni quotidiane, non può garantirlo una divisa o un agente armato, ma deve assicurarlo il senso di giustizia interiore che col passare del tempo si fa sempre più labile, sfociando in atti criminosi compiuti nella più totale disinvoltura.

Da indiscrezioni, sembra che ci siano già dei fermati per accertamenti, quali probabili coinvolti nella sparatoria del 6 gennaio. I Carabinieri stanno facendo indagini a tappeto e tutti si augurano che presto, possano essere arrestati i colpevoli. Nel frattempo bisogna che gli agenti del corposo comando locale dei Carabinieri, riportino al paese un nuovo senso di fiducia e tranquillità.

L’inusualità, per Gioia, di simili eventi ha scosso anche i commercianti ed è facile osservare, in questi giorni, chiusure anticipate dei negozi e dei bar, oppure aperture esclusivamente diurne. Sarà un caso, ma le vicende di queste settimane hanno lasciato il segno un po’ in tutta la popolazione.

Il senso di smarrimento della società moderna, accompagnato al sempre più evidente diradamento ed alla costante emarginazione delle periferie, conduce inevitabilmente a fenomeni di esasperazione sociale che sfociano nella micro e, purtroppo a volte, nella macro – delinquenza.

Per questo, si fa evidente la necessità di nuove politiche sociali, di tutela delle fasce emarginate, con l’apertura di sportelli di comunicazione del disagio, di accoglienza e conforto. Probabilmente, questo non fermerà del tutto gli scippi e le rapine, ma permetterà di comprendere parte dei bisogni della gente.

Non si deve, però, allo stesso tempo cadere nell’eccesso di buonismo giustificando i reati con pseudo-motivazioni sociali. E’ giusto che i colpevoli di ogni atto criminale vengano puniti e che le persone coinvolte sentano che, in parte, sia fatta giustizia. E’ inspiegabile, e probabilmente dovuto ad un senso di emulazione o al sentore dell’impunità, che nell’arco di tre settimane sia avvenuta in paese la sparatoria della Befana, il furto presso l’associazione Città Nuova, la rapina nei locali del musicista gioiese Gegè, due o tre scippi ai danni di incolpevoli cittadini. Tutto questo deve far riflettere e motivare le forze dell’ordine al ripristino delle serene condizioni di vita. Perché, se è fisiologico che in una città in espansione come Gioia, avvengano furti ed altri atti delinquenziali, non si può, non si deve, giustificare in alcun modo un omicidio.

La vita conta più di qualunque somma di denaro e nel dolore di chi resta si può soltanto apparentemente vedere il vuoto creato da un esistenza che non c’è più. Ma nel dolore si trova la forza per chiedere che giustizia sia fatta ed in chi resta, l’essenza di quella vita tragicamente scomparsa, permane con forza a conservarne il ricordo. Ed allora l’esistenza assume, di nuovo, l’immagine chiara dell’immortalità. Perché se un uomo lascia in ognuna delle persone che ha incontrato un frammento della sua vita, resta per sempre nei cuori della gente, vive per sempre nell’immenso Universo dell’amore. Giuseppe Intelletto lascia un mondo esterno non all’altezza della sua bontà ma, trova ora nell’animo di parenti e amici, e di un’intera città, il ricordo immortale di “una vita vissuta per gli altri”.

 

Roberto Cazzolla


Piazza Pinto: il regno dei vandali

Dilaga il barbaro assalto agli spazi pubblici, in particolare nella villa

Era il regno della pace e della tranquillità. Tra alberi e panchine, giostrine per bambini, pista di pattinaggio. D’estate allietano l’aere cantanti e karaoke. E poi tornei di pallavolo, cacce al tesoro, corse in mountain bike. Gli anziani vi trovano refrigerio durante l’estate e senso di protezione nelle passeggiate d’inverno. Uomini e cani al seguito trascorrono lì momenti di puro relax. Eppure a Piazza Pinto, negli ultimi tempi, sta avvenendo un lento e progressivo disfacimento di tutto ciò che era stato realizzato dall’amministrazione comunale per la quiete ed il diletto dei cittadini. C’è anche un progetto per la riqualificazione del piccolo polmone verde urbano che in molti, dai Comuni limitrofi, invidiano. Perché la Villa, come tutti a Gioia la conoscono, rappresenta un fugace ritorno alla natura dopo ore trascorse a scuola o in ufficio. E’ straordinario ammirare nello stesso spazio, con convivenza pressoché rispettosa, bambini e anziani, cani e piccioni, pipistrelli all’imbrunire e di tanto in tanto qualche rospo in cerca d’umidità. Sulla rotonda al centro del giardino si tengono quotidianamente fantastici e genuini tornei di calcetto, non senza schermaglie tra i ragazzini, ma poi tutto torna a posto. Alle panchine in pietra, siedono gli adulti che rinfrescano la mente dalle quotidiane oppressioni. In Villa s’intrecciano gli amori dei giovani fidanzati che da decenni si danno appuntamento tra i maestosi lecci, gli abeti, i pini ed i tassi che puntellano il verde tappeto del prato.

Sono nati e son finiti legami lì. Ne han visti di litigi i platani che troneggiano i viali d’accesso, fornendo ombra e protezione ai piccioncini, d’ogni specie, innamorati. Un tempo Piazza Pinto era anche sede di dibattito politico e di confronto culturale, quando la gente soleva incontrarsi per strada per discutere piuttosto che chiudersi in casa davanti ad una chat al computer.

Chi, poi, con immane fascino per gli occhi, non ha assistito a bocca aperta allo spettacolo dei liriodendri autunnali che cingono la villa, che sfumano i colori dell’estate dal verde al giallo, all’arancio, al rosso recuperando la vitale clorofilla per lasciar posto a xantofille e caroteni protettivi. Un fenomeno, cosiddetto foliage dal termine francese adottato dagli anglosassoni, che attira grandi e piccini verso l’incantevole osservazione dei ritmi della natura, di quegli orologi biologici che segnano il passo della vita e delle stagioni.

Quando si decise, più lustri or sono, di abbattere quel muro in pietra che ostruiva la vista dall’esterno, fomentando facili brutt’affari malavitosi, buttando giù un divisorio si aprì una finestra alla città che, avrebbe dovuto godere del luogo incantato. Isola felice della città. Così sorsero le panchine nuove, le giostrine per bambini, i nuovi lampioni e per ultimo i raccoglitori per gli escrementi degli animali domestici. Questi ultimi non hanno fatto ancora breccia nel cuore dei gioiesi visto il scarso uso che ne fanno. Sintomo, ancora, di diffuso mal rispetto dell’altro, sia esso un uomo o un cane. Comunque, che ci fossero era già un passo avanti. Ma ora, dopo mesi di invasioni barbariche da parte di ragazzacci maleducati pronti a buttar giù tutto ciò che gli capita a tiro, rei del fracasso pestilenziale e quotidiano portato ai residenti della zona nelle ore notturne con urla abominevoli che ricordano a tutti che il Neanderthal non si è estinto, la quiete sembra aver lasciato il posto alla tempesta. Raid di giovani scalmanati hanno completamente divelto nei giorni scorsi alcune giostrine, distrutto le altalene, riempite di insignificanti e conformisti graffiti alla ricerca d’identità, panche, tettoie, scivoli, etc. Quest’incontrollati promotori della distruzione, frutto di una mente distrutta,a sua volta, dalla nullafacenza e dalla totale assenza di senso civico, confortata dalla più alta indifferenza da parte delle forze dell’ordine più volte sollecitate dai residenti a prendere provvedimenti, hanno nel tempo schiacciato, smontato, lanciato i bidoncini della spazzatura e, non perché fossero dell’indifferenziato e non garantivano alla gente un sito dove inserire carte, plastiche, vetro e lattine (che forse ci sarebbe anche voluta, come forma di protesta nei confronti di chi dovrebbe assicurare un simile servizio) no, l’hanno fatto per passare il tempo! Ed i lampioni, poi, scossi sino a quando non si fulminano. Un’imbecille trovata di un cervello con neocorteccia, per modo di dire. Per ultimo, ieri, sono stati abbattuti, nel vero senso della parola, molti contenitori per la raccolta delle feci dei cani. Divelti, stesi al suolo e lasciati lì per il divertimento di pochi minuti. Indisturbati e nella piena arrogante consapevolezza che così va il mondo. Ognuno fa quello che gli pare. Ed allora chi se ne importa se ho voglia di spaccare una bottiglia della birra per terra e domani un bambino si taglia. Non gli interessa  minimamente conoscere a quanto ammontano i loro danni alla spesa pubblica. Farebbero bene, però, a cercare di comprenderlo visto che i soldi pubblici arrivano anche dal lavoro dei loro genitori. O forse no?

In ogni caso, a meno che non si sia deciso di lasciar distruggere Piazza Pinto dai vandali, per poi lasciar posto al nuovo progetto in corso d’opera, sarebbe meglio che qualcuno ponga un freno a tutto questo sfascio e riponga nuovamente nelle mani dei cittadini perbene, l’ultimo baluardo urbano della pace dei sensi.

Roberto Cazzolla

(da il Levante)


A tre anni dal sequestro, una pericolosissima discarica non è stata ancora bonificata

Discariche a Gioia: altro che Napoli!

Rottami d’auto, batterie e rifiuti tossici sotterrati. Violati i sigilli

 Tutti pronti a dar la colpa ai napoletani, popolo distratto e senza concezione della tutela dell’ambiente. Tutti pronti ad indicare colpevoli e soluzioni, senza sapere che sotto i nostri piedi c’è una bomba inesplosa che sta raggiungendo i livelli della Campania.

Per rendersene conto basta prendere la provinciale Gioia – Santeramo e passeggiare tra i campi coltivati circostanti all’impianto di demolizione auto Ecodem. Sulla sinistra, un terreno recintato di proprietà dell’azienda, porta ancora il cartello di sequestro penale operato soli due mesi fa dalla Guardia di Finanza. I sigilli sono stati violati e non c’è più traccia neanche dei nastri di recinzione. All’interno, sotterrati si trovano tonnellate di minuscoli pezzetti di auto, batterie, carrozzerie, motori, pezzi in plastica ed ogni altro possibile residuo della demolizione. Al suolo sono stati scavati dei buchi per permettere agli agenti di verificare la profondità ed il tipo di rifiuti scaricati. Il lavoro di smaltimento illegale era stato compiuto con tutte le precauzioni. Uno scavo profondo parecchi metri, dopo la colmatura, era stato ricoperto ben bene da terra e vegetazione. Così sarebbe passato tutto inosservato. I rottami erano talmente frantumati che si fa fatica a riconoscere l’originaria appartenenza di ciascun pezzo. Forse un paraurti, un cofano, una candela, un tubicino della batteria. Tutti materiali regolamentati dalla legge conosciuta come “Decreto Ronchi”, che li individua come “rifiuti speciali” e “tossico-nocivi”. Perché, il problema principale è che i liquami derivanti dagli scarti ed i più pericolosi metalli pesanti delle batterie o dei circuiti elettronici, percolano nel terreno e nella falda, e raggiungono l’acqua ed il cibo coltivato.

Adiacente al demolitore, un altro suolo sempre di proprietà della Ecodem, con decide di cumuli di terra, inerti, pietre, asfalti e materiale edilizio. Cosa c’è sotto i cumuli? Non è dato di sapere.

Ciò che, invece è certo, è che pochi giorni fa, uomini del CTU inviati dalla Procura di Bari, hanno effettuato dei campionamenti sull’altra discarica abusiva realizzata dalla ditta. Questa è raggiungibile tramite una strada che parte dal retro della Ecodem, in contrada Latta Latta. Qui l’opera è stata ancor più avveniristica. Una piramide priva di vertice. Una ziggurat della monnezza, composta da un triturato finissimo delle più svariate parti di automobili, batterie, amianto, rifiuti speciali e tossico nocivi. Una bomba ecologica che fa invidia a tutto il napoletano. “Eppure – assicura un contadino della zona – qualche anno fa la USL di Gioia del Colle ha fatto delle analisi e avrebbe dovuto consegnare i risultati delle sostanze rinvenute. Ma, poi, non si sa per quale ragione, queste analisi sono andate perse e nessuno è a conoscenza dei risultati. Dalla USL dovrebbero farci sapere dove sono finiti tutti questi rilievi, perché noi qui coltiviamo e poi frutta e ortaggi li mangiamo e li vendiamo. Cosa stiamo producendo, veleni?”.

L’area intorno alla discarica, infatti, è circondata da uliveti e coltivazioni ed in molti, in zona, utilizzano l’acqua della falda per irrigare i campi. L’ammasso di rifiuti pericolosi, sequestrato nel 2004 dal CFS del Comando di Gioia del Colle, è ancora lì dopo quasi quattro anni, coperto da teloni bucati e pneumatici. Nel frattempo, continua a riversare liquami contaminati nei terreni circostanti e nell’acqua sotterranea. Con un’altezza di 2 metri ed una superficie di 1200 mq circa, il sito è stato utilizzato per molto tempo dalla ditta Ecodem per liberarsi di tutto ciò che non conveniva recuperare. Aveva, addirittura, un comodo accesso sul retro per raggiungerla. Ma, allora, perché l’azienda continua a demolire auto, invece di bonificare l’area? Perché l’azienda che gestisce lo smaltimento dei rifiuti di Gioia del Colle, continua a conferirne parte a questa ditta, lasciando loro l’incarico di convogliarli presso gli impianti? Visti i precedenti, chi ci assicura che parte di quei rifiuti urbani non vengano smaltiti illegalmente? Dopo due sequestri penali, sigilli rimossi, inquinamento dei terreni, smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, l’azienda è li che continua regolarmente a lavorare, mentre tonnellate delle più pestilenziali sostanze decantano al suolo composti tossici e cancerogeni.

Stavolta, la notizia di reato c’è stata, il sequestro anche, quello che manca è l’ordine da parte della Procura e del PM incaricato di bonificare l’area. Bonifica che dev’essere a carico di chi ha commesso il reato. Ma allora perché ci si mette così tanto, quasi 4 anni, prima di bonificare un suolo? Non ha senso sequestrare discariche e palazzi, se poi questi restano lì dove sono stati creati, in attesa che trascorrano 5 anni e che giunga, come manna dal cielo, la prescrizione del reato. Per ogni sequestro, dovrebbe esserci l’ordine d’immediata bonifica a carico del trasgressore, invece dalla Procura questi dictat stentano ad arrivare e così, centinaia di violazioni attendono sono il trascorrere del tempo per essere perpetrati. Le discariche della Ecodem sono una mina sotto i piedi di tutti, stracolme della desolante consapevolezza che in Italia i reati vengono puniti solo se a commetterli sono i piccoli delinquenti, mentre nel caso dei gruppi e delle aziende, prima si chiude un occhio e poi anche l’altro con la frequente connivenza di politici e di giudici. L’aspetto più nefasto della vicenda è che, in questo modo, chi chiuderà gli occhi, per sempre, saremo noi e tutti gli altri esseri viventi, che in questa schifezza navighiamo più o meno consapevolmente.

Roberto Cazzolla

(da il Levante)


L’enorme rogo di questa estate è stato alimentato da interessi edilizi?

Chi specula su Gravina S. Croce?

Un luogo incantato alle porte di Gioia, minacciato da più fronti

 di ROBERTO CAZZOLLA

Come dimenticare l’immane rogo divampato quest’estate tra Gioia e San Basilio, durante il quale andarono distrutti decine di ettari di bosco mediterraneo. E’ stata una grandissima sciagura che si è abbattuta su di una delle più vaste e conservate aree murgiane. L’incendio ha interessato gran parte della vegetazione che scende lungo le pareti di Gravina S. Croce, sita a sud-est di Gioia del Colle, all’intersezione con i Comuni di Castellaneta, Mottola e Laterza. Sino a pochi giorni fa, però, non era chiaro se si fosse trattato di un incendio doloso o di un fatale errore (magari, una stoppia non spenta o un mozzicone gettato dall’auto). Ma ora, nuovi preoccupanti scenari si aprono nel teatro delle cause. Si sa, molti incendi vengono provocati al fine di tentate di utilizzare un territorio originariamente ricoperto da alberi e, quindi, inaccessibile. Sembra che anche nel caso di Gravina S. Croce, ci siano forti interessi speculativi sia dal punto di vista edilizio che della caccia di frodo. “Questa è un’area protetta – dichiara rammaricato un agricoltore che risiede nei pressi della gravina – e in molti hanno interesse a costruire, realizzare strade o semplicemente, di vendicarsi per le limitazioni imposte sull’area”. Attualmente, infatti, l’area di Gravina S. Croce e dei boschi adiacenti è inclusa nel SIC (Sito di Importanza Comunitaria) denominato “Murgia Alta”, nel SIC denominato “Murgia di sud-est” per buona parte della sua estensione ed è stata individuata come Important Birds Area. Questi vincoli, pongono delle limitazioni alle nuove costruzioni, alla realizzazione di infrastrutture ed alla caccia. “Qualcuno ha deciso di far sparire completamente quest’area – conferma un altro residente della zona – e sono anni che ci stanno provando”. In effetti è dal 1997 che nell’area divampano roghi, sorgono costruzioni e si tracciano strade. Ultima, in ordine di realizzazione è la stazione ferroviaria di Grottalupara, rimodernata di recente dalle FS. E sembra che proprio l’avamposto creato dalla stazione abbia mosso interessi da parte di alcuni imprenditori che vogliono realizzare nell’area un nuovo centro residenziale e creare un raccordo stradale tra il Comune di Mottola e quello di Gioia del Colle. Anche perché, non si spiegherebbe altrimenti come mai, una stazione così moderna e ben mantenuta, con un ampio parcheggio e molte sale, sia sorta in una zona distante parecchi chilometri da entrambi i comuni, abitata da meno di una cinquantina di persone e immersa in un vastissimo bosco. Non si esagera a dire che la stazione di Grottalupara è messa, di gran lunga, meglio di quella di Gioia del Colle.

Simili sconvolgenti particolari potrebbero mettere in serio pericolo la conservazione di un luogo ove la natura regna sovrana. Questa gravina rappresenta l’habitat ideale per l’impianto di specie vegetali (timo, pungitopo, biancospino, lentisco, cisto, mirto, alterno, fillirea, etc.) e per l’arrivo della fauna. L’area boscata (a fragni e roverelle, inframmezzati da betulle) che la circonda, è una delle più vaste formazioni vegetali di tutta la provincia di Bari, racchiudendo nella sua gola una grande varietà di vita, minacciata dall’intervento umano.

Eppure, un simile e raro ambiente rischia di essere carbonizzato per lasciar posto a palazzi e strade (proprio nei giorni scorsi è stata scoperta una vasta area disboscata e parzialmente asfaltata, per permettere l’accesso di mezzi pesanti), nonostante la legge italiana vieti qualunque attività in aree percorse dal fuoco. Ma, è storia nota dalle nostre parti, che località “interessanti” per costruttori ed amministratori, finiscano per non essere registrate nel catasto comunale e regionale dopo un incendio in modo da non avere testimonianza del reato e, quindi, non essere vincolata dai limiti di “non edificabilità”. E’ successo per tante zone murgiane, perché la stessa cosa non potrebbe accadere anche nella Gravina S. Croce?

Di sicuro, questa rappresenta uno degli ultimi avamposti per la proliferazione della fauna autoctona, tipica della regione biogeografica mediterranea. La sua struttura geologica offre agli animali innumerevoli habitat e altrettante aree di foraggiamento che raramente si incontrano in altre zone. Inoltre, proprio per la sua funzione di inghiottitoio naturale, al di sotto del livello del suolo circostante, funge da serbatoio per una tranquilla riproduzione e sopravvivenza delle specie animali (volpi, faine, tassi, ricci, arvicole, testuggini di terra, lucertole e ramarri) e ne conserva popolazioni estinte altrove. Tra l’avifauna troviamo numerose specie a rischio per la perdita di habitat (civette, gheppi, grillai, poiane, gufi e averle) e perché minacciate dall’uso indiscriminato di pesticidi (Luì piccolo, Cinciallegra, Cincia bigia, Fiorrancino, etc.).

Elevata è anche la presenza di coleotterofauna tra cui si registra il rarissimo Cerambice delle querce (che sopravvive nei boschi maturi, ormai sempre più radi), lo Scarabeo rinoceronte ed il minacciato Scarabeo golia. Invertebrati che sino a poco tempo fa si riteneva fossero scomparsi totalmente dall’area murgiana. Di straordinaria importanza è stato il rinvenimento nella zona di un Colubro leopardino (serpente colorato e schivo) e di un giovane esemplare d’Istrice.

Un patrimonio naturalistico inestimabile, quindi, che meriterebbe maggiore protezione da parte delle autorità locali e del Corpo Forestale dello Stato, con un piano di tutela e perimetrazione delle aree bruciate, in modo da evitare eventuali progetti edilizi e di realizzazione di strade. Gravina S. Croce è un piccolo gioiello che l’intera comunità dovrebbe impegnarsi a proteggere e preservare per le generazioni future.

Le gravine: un patrimonio da tutelare

Cosa sono queste straordinarie testimonianze del passato?

 Le gravine possono essere considerate “fiumi fossili” originatisi per erosione delle acque superficiali, canalizzate in fratture o discontinuità del banco calcarenitico. Esse si presentano con l’aspetto di gole rocciose strette e profonde, dal profilo a ‘V’. Grazie alla loro complessa accessibilità ed alla loro difficoltà di messa a coltura, hanno aumentato la disponibilità di nicchie ecologiche, costituendo nel presente una testimonianza unica del patrimonio naturalistico pugliese.

Le lame e le gravine, presenti nell’area delle Murge del sud-est barese, possono essere considerate alcuni fra gli elementi più importanti e caratteristici del paesaggio. Queste, derivano da processi naturali di carsismo, che nel corso dei secoli dona al territorio una conformazione nuova e di spettacolare bellezza.

La distribuzione delle specie di piante ed animali in questi ambienti è quanto mai peculiare, perché influenzata dal fenomeno della “inversione termica”. Le gravine hanno infatti le zone più basse umide e poco assolate, mentre i bordi si presentano aridi ed esposti all’azione del vento e del sole. Questa situazione genera dei microclimi anomali, come in una montagna rovesciata: sul fondo delle valli si trovano così specie tipiche di zone molto più piovose e fresche rispetto all’altopiano che esse solcano. Pertanto, è facile osservare in alcune di esse, una netta stratificazione della vegetazione e della fauna, aspetto che rende tali biotopi veri “musei naturali all’aperto”.

La gravina S. Croce si estende per circa 3 Km tra il territorio di Gioia del Colle e quello di San Basilio. S. Croce è formata da numerose insenature che ne aumentano la lunghezza e forniscono vari micro-habitat per invertebrati, rettili e piccoli mammiferi. Il tratto più a sud, declina dolcemente verso l’interruzione autostradale che ha, purtroppo, interrotto la continuità d’un tempo dei boschi termofili, tra il Bosco di Coratini e il Bosco di Burgensatico. Ora, oltre l’interruzione, si trova la stazione ferroviaria di Grottalupara, circondata, anch’essa da una vasta area boscata, mista a gariga. Da qui, la gravina riemerge apparentemente in superficie, immergendosi nel fitto della canopea arborea.

(da il Levante)


Presentato dall’Assessore all’Ecologia il piano rifiuti per l’ATO BA/5

“A Gioia l’impianto di compostaggio”

Per l’Assessore Carone, in località S. Francesco ci sono le migliori condizioni

 

“Con molta probabilità, sarà localizzato a Gioia l’impianto di trattamento della frazione umida proveniente dalla raccolta differenziata dei comuni dell’Ambito Territoriale Ottimale BA/5. Ci sembra che in località S. Francesco a Gioia, ci siano le migliori condizioni”. E’ questo parte del piano provinciale sui rifiuti urbani (PPRU), presentato ieri mattina a Conversano, sede ufficiale dell’ATO (Ambito Territoriale Ottimale).

Nonostante l’inspiegabile assenza di un rappresentante dell’Amministrazione locale gioiese alla seduta, l’Assessore all’Ecologia della Provincia di Bari, Romano Carone, insieme ad i tecnici che hanno realizzato il piano, ha illustrato le linee guida che i Comuni dovranno adottare, indicando quale scelta per la localizzazione di un impianto di trattamento dei rifiuti organici, proprio Gioia del Colle. Naturalmente, da tempo si paventava di realizzare proprio nella cittadina peuceta un simile stabilimento, che potesse raccogliere sostanza organica dai Comuni del Sud-Est Barese e convertirla in concimi o ammendanti per l’agricoltura. Ieri, però, si è avuta l’ufficialità dell’individuazione del sito, in località S. Francesco tra Gioia e Mottola, nella murgia Marzagaglia, ove saranno convogliati nei prossimi anni gli scarti alimentari, gli sfalci di potatura e tutte le sostanze in grado di essere riconvertite in prodotti nutrienti per il terreno. Questo, per incrementare la quota di rifiuto organico che dovrebbe, stando al piano, essere recuperato per il 40%, sottraendo questa ingente parte al peso del rifiuto totale. Infatti, poco meno della metà degli RSU (Rifiuti Solidi Urbani) della provincia di Bari, sono composti da scarti alimentari e vegetali e, poiché il bacino BA/5 ancora non possiede un impianto di trattamento di simili rifiuti, era d’obbligo individuare il sito ove indirizzarli.

Certamente, la produzione di compost per l’agricoltura è un ottima risposta all’aumento dei rifiuti in discarica e l’oltranzismo anche ad un simile impianto deve essere del tutto abolito; anzi, si deve accogliere tale scelta della Provincia, come un’opportunità di sviluppo e di occupazione per la comunità gioiese. L’unico neo, a cui è necessario prestare notevole attenzione, riguarda la qualità del compost che sarà prodotto all’interno dell’impianto. Perché, molto spesso, è accaduto negli altri impianti, tra cui quello di Molfetta (sequestrato dalla Magistratura ed ora dissequestrato), la produzione di concime organico contaminato ha causato l’inquinamento di numerosi terreni agricoli e la successiva combustione dello stesso in impianti di incenerimento, vista l’impossibilità di venderlo. Quindi, il compost e l’impianto di compostaggio vanno bene, a patto che a monte ci sia una raccolta differenziata attenta e capillare. “In Puglia – ha detto durante la presentazione del piano, l’Assessore all’Ambiente della Regione Puglia, Michele Losappio – non viviamo un’emergenza come quella campana, ma dobbiamo attrezzarci affinché si riducano i rifiuti in discarica”. Alle parole, però, sembra non siano seguiti i fatti concreti, perché, se è vero che nel piano presentato ieri si stabilisce l’obbiettivo per il 2008 del 45% di differenziata e per il 2015 del 65%, questi valori appaiono ridicoli dinanzi alle quote del 75%, 82%, 87% di alcune province Venete e di alcuni Comuni virtuosi che hanno iniziato da subito il sistema di raccolta porta a porta. Nel piano vengono indicati obiettivi lontani nel tempo (2015?) con percentuali raggiunte sin da ora da molti Comuni. Inoltre, vengono indicate delle linee guida ma, non dei criteri e degli obblighi per le Amministrazioni, né tanto meno delle sanzioni. In questo modo l’obiettivo del 45%, seppur minimo, rischia lo stesso di fallire.

Eppure basterebbe iniziare, da domani, con la raccolta differenziata porta a porta per arrivare a quote ambiziose di divisione. Pensiamo ad una città come Gioia, che con 30000 abitanti circa, potrebbe differenziare una quota ben più elevata dell’attuale (comunque già la più alta dell’ATO BA/5 con il 21%) e raggiungere percentuali ambiziose del 70-80%. Basterebbe realizzare un sistema integrato di raccolta, con gli operatori che prelevano i sacchi di plastica, carta, vetro, alluminio/acciaio ed organico direttamente dalle abitazioni e dai bidoncini condominiali.

In questo modo, si creerebbe occupazione per giovani gioiesi, si risparmierebbe una gran quantità di denaro pubblico speso per il conferimento in discarica e si otterrebbero utili dalla vendita del materiale riciclato, tali da poter abbattere i costi della TARSU (imposta sui rifiuti), che i cittadini smetterebbero di pagare.

Oltre, ovviamente, ad eliminare (o ridurre al minimo) la necessità di discariche, rendere completamente inutili gli inceneritori e migliorare la qualità della vita e dell’ambiente.

Anche a Gioia, come sta avvenendo in questi giorni in Campania, molti politici hanno invocato a gran voce i termovalorizzatori (meglio e più propriamente conosciuti come inceneritori) che, potranno anche far sparire di colpo tutti i rifiuti presenti attualmente per strada (non senza gravi conseguenze ambientali ed epidemiologiche, visto che molto spesso il CDR risulta contaminato) ma, rappresenteranno sempre una soluzione momentanea. Gli inceneritori sprecano risorse, consumano energia e producono composti chimici (gassosi come diossine, furani, SOx, NOx, CO, CO2, IPA, etc. e particellari: PM10, PM5, PM<2,5) pericolosi per la salute e per l’ambiente, oltre a necessitare comunque di discariche per depositare le scorie e le ceneri (che non sono più rifiuti solidi urbani ma, rifiuti speciali). “Ma fra le altre cose – ha dichiarato l’Assessore all’Ambiente, P. Santamaria del Comune di Mola, alla presenza del Presidente dell’ATO BA/5, avv. Giacomo Colapinto – è necessario far capire ai cittadini che bisogna ridurre la quantità di rifiuti prodotti ed educarli al rispetto dell’ambiente”.

C’è bisogno, quindi, di Ridurre, Recuperare e Riciclare. Se a questo, poi, si aggiunge anche una moratoria nazionale o internazionale alla produzione di rifiuti pericolosi, tossici e non riciclabili (come lo sono attualmente, molti imballaggi e materiali regolarmente venduti) e l’obbligatorietà ad effettuare la raccolta differenziata porta a porta…si arriverà davvero all’obiettivo osannato nelle città californiane: “Rifiuti Zero”.

Quindi, ben vengano impianti di compostaggio o piattaforme per il riciclo, purché a monte di tutto ci siano rigidi controlli, vincoli concreti e sanzioni per chi sceglie, ancora una volta, il “rifiuto” del problema.

 

Roberto Cazzolla

(da il Levante)