Gli uragani Katrina e Nabi li abbiamo alimentati noi
Si è abbattuto come una profezia l’uragano Katrina sulla sponda atlantica degli Stati Uniti. Ha spazzato via in poche ore un’intera città, New Orleans, con il suo jazz ed i suoi miti.
Ma la gente che in quella città viveva, era tra le più povere tra tutte le contee. La maggior parte di essi erano neri che vivevano con salari minimi e con famiglie numerose. Dell’arrivo dell’uragano si sapeva da mesi e le sue previsioni erano state effettuate addirittura nel 2001.
Come sia possibile che la macchina degli aiuti non sia partita in tempo è un vero mistero. Che i poveri ed oltretutto neri per il Presidente Bush contino meno di qualunque altra cosa lo si è potuto notare dalla totale disinvoltura e falsità delle dichiarazioni riguardanti gli aiuti ritardati. Morire di fame dopo un uragano in una città famosa d’America è davvero un fenomeno paranormale. Eppure molta gente ne è morta. In tanti si sono ammalati, ma il maestoso esercito statunitense era tutto impegnato a cercare ancora le armi terroristiche nascoste da quei due o tre iracheni rimasti in vita.
Questa volta, però, il caso è sulla bocca di tutti. Il caro G.W. Bush ha perso consensi in tutto il mondo ed ha ricevuto numerose critiche, all’indomani delle contestazioni delle madri di soldati vittime della guerra.
L’ignobile pacatezza di un uomo dinanzi alla morte è ciò che più spaventa di Bush. Sembra talmente insensibile davanti ad ogni evento accaduto nel proprio Paese, tanto da fare ogni volta di una tragedia, il motivo di un’azione da campagna elettorale.
In questo caso ha davvero esagerato. Non può, il Paese più ricco del Mondo, lasciar morire i fame i propri abitanti solo perché questi sono poveri e neri. Non può un Presidente fingere commozione per un disastro che egli stesso ha causato.
Si, proprio così. L’incidenza di fenomeni meteorologici estremi aumenta proporzionalmente all’incremento dei mutamenti climatici dovuti alla distruzione dell’ambiente. Gli uragani, come quello americano e come Nabi, si formano dall’incontro delle correnti calde ascensionali che provengono dagli oceani, e dai mari dei golfi in particolare, con quelle fredde derivanti dall’atmosfera e dai Poli. Vi sono annualmente fluttuazioni dei venti che migrano negli strati più bassi dell’atmosfera a partire dall’equatore e dai tropici, dove i mari sono più riscaldati, e si incontrano con i venti che giungono, attraverso gli strati più alti dell’atmosfera terrestre, dai Poli e man mano che si riscaldano scendono.
Come ormai tutti ben sanno, l’utilizzo di combustibili fossili che producono CO2 ed altri gas serra, il taglio delle foreste e l’allargamento del buco dell’ozono stanno modificando il clima sulla Terra ed entro il 2050 è previsto un innalzamento delle temperature medie stagionali dai 2 ai 6°C. Tale surriscaldamento globale ha come effetto quello di alterare gli equilibri del pianeta che, dovendosi adattare alla nuova situazione in breve tempo, provocano modificazioni devastanti dal punto di vista umano. In realtà si tratta soltanto di modifiche che un organismo autoregolatore come la Terra (vedi teoria di Gaia di James Lovelock) ed in grado di autopoiesi (letteralmente, in grado di “farsi da se”) come affermato con chiarezza da Lynn Margulis, apportate al fine di raggiungere un nuovo equilibrio. L’errore che spesso si compie è quello di considerare gli elementi come parti separate e confinate. In passato molti errori sono stati fatti assoggettandosi alle definizioni meccanicistiche di Descart (italianizzato Cartesio) che vedeva gli esseri viventi come orologi, semplici macchine chiuse con ingranaggi. Da simili definizioni sono derivate le più astruse e abominevoli forme di sperimentazione scientifica come la vivisezione. Oggi tale apoptosi del pensiero sembra essere stata superata ma, si incorre ancora nel considerare in un livello di astrazione più assoluto, le parti componenti del sistema Terra come autonome. Mari, suoli, aria e calore rappresentano elementi imprescindibili e indivisibili di un corpo vivo, che si alimenta e si sostiene e mantiene in vita tutti le sue cellule. Noi esseri viventi, gli uomini, le scimmie e le farfalle, siamo le cellule del grande omone che è la Terra. Qualunque cosa facciamo alla terra, noi la facciamo a noi stessi. Se abusiamo con la produzione di CO2 espellendola dai nostri sistemi (le macchine) e diffondendola nel pianeta, noi intossichiamo l’intero organismo e prima o poi anche noi soccomberemo. Come le cellule degli esseri viventi possono secernere composti nocivi per l’organismo ed esso dunque si adatta a liberarsi velocemente di queste sostanze, così la Terra cerca di liberarsi dei gas serra che la minacciano, ma l’emissione delle sue cellule (cioè noi uomini) sono più veloci della sua eliminazione.
L’effetto serra è ormai sulla bocca di tutti, ma poche volte si fa chiarezza su questo fenomeno.
A causa della composizione chimica dell’atmosfera terrestre il nostro pianeta si trova rivestito di uno strato relativamente spesso di anidride carbonica. I raggi provenienti dal Sole sono fatti di raggi ultravioletti ed onde elettromagnetiche (quelle che riscaldano). Lo schermo di C02 respinge circa il 30% di radiazioni infrarosse emesse dal sole. La restante parte di energia che proviene dal sole, filtra dall’esterno verso il centro della terra e riscalda gli ecosistemi. Tale energia è fondamentale per la vita, basti pensare a che effetti avrebbe la sua assenza sulla fotosintesi delle piante verdi. Il problema è che con l’aumento dei livelli di CO2 causato dalle industrie, dalle automobili e dal fuoco in maggioranza, si è passati da 270 ppm (parti per milione è l’unità di misura della concentrazione dell’anidride carbonica nell’aria, corrispondente a 0,027%) dell’era preindustriale a circa 650 ppm del 2004 e nei prossimi vent’anni si toccherà quota 680. Tale incremento ha ispessito lo strato protettivo ed impedisce alle radiazioni infrarosse emesse dalla terra di ritornare verso lo spazio, riportandole sottoforma di calore sui continenti e negli oceani. La maggior parte dei climatologi concorda sul fatto che l’aumento della temperature degli oceani sino ai 27°C raggiunti quest’estate è la maggiore causa della formazione di uragani e tifoni, così come l’aumento delle tempeste tropicali.
Altro fattore che alimenta simili mutamenti climatici è la deforestazione. Il taglio indiscriminato delle foreste temperate e soprattutto di quelle tropicali, elimina di netto una grande fetta di organismi in grado di convertire la CO2 in O2 (ossigeno), di stabilizzare le falde freatiche e di trattenere le frane, oltre a creare l’ambiente ideale per mantenere integra un’intrecciata rete di catene alimentari.
In minima parte, a sconvolgere gli equilibri planetari, ci si mette anche il buco dell’ozono. Tale buco formatosi nello strato di ozono (O3) che riveste la stratosfera terrestre, è situato sopra il circolo polare antartico e si è ingrandito negli ultimi decenni a causa dell’utilizzo da parte dell’uomo di CFC ed altri gas contenuti soprattutto negli spray e nei frigoriferi, come il freon che permette il raggiungimento delle basse temperature. Tale assottigliamento dello strato di ozono comporta il passaggio diretto di quei pochi raggi solari rifratti che raggiungono il Polo sud causando lo scioglimento dei ghiacciai e, oltre ad un aumento del livello degli oceani (quantificato secondo una recente ricerca in 2 mm su tutta la superficie d’acqua mondiale), causa la dispersione di vapori freddi dai ghiacciai in scioglimento con la formazione di correnti con più basse temperature rispetto alle normali, che incontrandosi con quelle troppo calde causate dall’effetto serra, generano le catastrofi naturali.
Si stima che nei prossimi 50 anni, i cataclismi aumenteranno esponenzialmente se non si prendono azioni serie. La politica di molti governatori come Bush, che si ostinano a non considerare il problema del riscaldamento globale dovuto al consumo di petrolio, carbone e metano, rischia di mettere a repentaglio la vita sulla Terra. E per uno strano scherzo del destino, i primi ad accorgersene sono proprio gli americani. Solo che le vittime sono…poveri e neri.
Gli sbalzi repentini delle temperature stagionali sono il preludio di un clima che col tempo, se non si agisce in fretta, diventerà incontrollabile. Ma le nostre azioni potrebbero fermare l’avanzare dei fenomeni estremi? No, ma potrebbero rallentarli permettendo al pianeta ed alle forme di vita di adattarsi ai mutamenti. E’ sempre questo il problema. L’uomo si evolve più velocemente della Terra e come le cellule si evolvono più velocemente dell’organismo, la proliferazione incontrollata e l’escrezione di sostanze inquinanti provocano il cancro e in alcuni casi la morte. Bush non può più ignorare la ratifica al protocollo di Kyoto ed ogni Capo di Stato deve impegnarsi per cambiare politica energetica. Le fonti rinnovabili, l’interruzione della deforestazione ed un rapporto più armonico con le parti che compongono gli organi della dea Terra, potranno essere le uniche speranze di salvezza per evitare la morte di tutto il sistema.
Pubblicato su Controcorrente di Settembre/Ottobre 2005