Il paradosso della civiltà
di Roberto Cazzolla Gatti
romanzo – saggio
242 pagine, 15€, 2013
Adda Editore
Una volta letto “Il paradosso della civiltà” di Roberto Cazzolla Gatti, biologo ambientale ed evolutivo, non si può continuare tranquillamente a sopravvivere facendo finta di vivere, troppo tardi, non è più possibile non portare alle soglie della consapevolezza ciò che l’essere umano in fondo già conosce, ma ha imparato tanto bene a rinnegare. In questo libro le parole pulsano e pompano sensazioni forti al cuore quasi vi fluissero insieme al sangue, merita di essere letto e di rimanere sempre nelle vicinanze come ricordo e monito.
Il Fatto Quotidiano
Edizione per le scuole medie e superiori
con schede didattiche
Scarica gratuitamente le schede didattiche in pdf
Schede didattiche_Il paradosso della civiltà
Questo siamo, papà, fragili creature di passaggio. Momentanei abitanti di questo pianeta. Minuscole cellule della nostra madre. Abbiamo il privilegio della vita in lei. Ci illudiamo di poterla dominare e non ci accorgiamo che, invece, la stiamo uccidendo.
A presto papà, è questo il paradosso della civiltà.
Incipit
Sole caldo sulla terra.
Si affacciano timidi i primi raggi e l’acqua trattenuta per tutta la notte nei più reconditi meandri di vegetazione, nei piú nascosti anfratti di roccia, tra le pellicce muschiate degli animali, evapora lenta trasformandosi in leggere gocce d’acqua, che diffrangendo quei bagliori mattutini riaccendono tutt’intorno la vita. La felce carica di sori pronti a propagarne la stirpe, ondeggia appesantita con le sue fronde al vento, che si insinua tra i maestosi tronchi. Sulle rocce, piumini di muschio inzuppati di rugiada fanno dondolare gli apoteci in una danza armoniosa e microscopica alla quale partecipano gli acari ed i piccoli crostacei terricoli. Delicati funghi dal tenero corpo fruttifero lamellato affiorano dal suolo tra le rocce, gialli e rossi e lignificati, dai vecchi testimoni della vita arborea, distesi al suolo per rientrare nel grande circolo degli elementi. Le larve dei coleotteri hanno scavato profonde gallerie nei tronchi accasciatisi al suolo. Lentamente la morte ritorna vita.
Sinossi
Il paradosso della civiltà è un romanzo-saggio che, prendendo spunto dalle vicende di due personaggi agli antipodi del mondo, narra in estrema sintesi la storia dell’umanità.

Seconda edizione ed edizione scolastica con fascette
Tommaso vive a Torino, in Italia; Mathaar nella foresta tropicale del bacino del Congo, in Africa. Il primo, figlio di un operaio finito nell’ingranaggio del ricatto del lavoro, appartiene alla cosiddetta civiltà ed il secondo, un pigmeo costantemente in migrazione col suo clan, al mondo dei selvaggi. La narrazione segue l’intera esistenza, apparentemente distinta, dei due protagonisti, descrivendone la nascita, l’infanzia, l’adolescenza, la maturità ed infine la morte. Le contraddizioni della civiltà, la fame di dominio sul mondo, la sopraffazione della Natura e lo sfruttamento dei popoli indigeni emergono, come in un universale giudizio, riempiendo di travagliate vicende la storia dei due, sino al momento in cui le loro vite s’incrociano inaspettatamente per rivelare ad entrambi la più fondamentale delle lezioni. L’incontro tra Tommaso e Mathaar, tra la civiltà e la Natura, segna la conclusione delle loro tormentate esistenze ed anticipa il tragico destino dei loro due popoli. Sarà un sogno a consegnare a Tommaso una nuova speranza, prima che sia troppo tardi e che i due mondi, che esistono all’interno dell’unica Grande Madre creatrice del Tutto, si annullino a vicenda.
Frammenti dal libro
“No, caro uomo civilizzato, noi non diventeremo mai come voi. Potete anche chiamarci selvaggi. Violentarci, imprigionarci, picchiarci. Potete sentirvi superiori perché vi definite civili. Ma noi non tradiremo mai la nostra Natura, non feriremo mai la nostra Madre e non soggiogheremo mai un nostro Fratello. Per noi l’unica vera ricchezza è la vita. La vita è l’unica cosa che conta. Solo in lei è la bellezza. Solo in lei la speranza”.
“Io ormai sono vecchia e deperita da questi anni trascorsi lontani da casa. La polvere ha riempito i miei polmoni ed il sole ha bruciato la mia pelle. Non mi resta molto da vivere. Ma io continuo ad essere parte di tutti voi, Mathaar. Sento ancora nelle mie vene scorrere la linfa degli alberi della foresta, nonostante le siamo lontani da tempo. Sento nel cuore i vostri respiri, nelle orecchie il canto degli uccelli e tra le mani il calore delle pellicce. La mia anima non se n’è mai andata da quella foresta”.
«Ho un cancro, Tommaso. Ormai mi ha divorato i polmoni. Mi han detto che saranno stati i fumi che ho respirato per tutti quegli anni in fabbrica e le sigarette. Sai, dicono che è il male del secolo. Secondo me è il male della civiltà».
«Vedi caro figlio il ricatto del lavoro del mondo moderno ci ha resi schiavi. Saremmo disposti a tutto pur di guadagnare. Anche ad intossicarci giorno dopo giorno. E dopo una vita di sacrifici, senza neanche avere un istante libero per godere il frutto di quel lavoro, cosa ci rimane? Gli ultimi anni di sofferenza nella malattia. Questo ci resta».
“Così si crea la povertà. La povertà non è reale. Così come la ricchezza, non esiste. È una creazione della civiltà. Se non segui un certo standard di vita preconfezionato, sei povero. Sino a quando esisterà il denaro ci sarà sempre qualcuno ricco e qualcun altro povero, perché in fondo quando ci sono i soldi di mezzo c’è sempre chi vende qualcosa a qualcuno. Ma chi più sottrae all’ambiente naturale, sfruttandolo allo stremo, più è in grado di vendere… e, quindi, di arricchirsi. Ed alla fine della giostra chi ci ha perso davvero qualcosa? La Natura, e l’uomo in essa. Così nascono, anche, le emergenze umanitarie”.
“Papà, l’ho capito molto tardi e questo mi distrugge. Ma non c’è niente che abbia più valore della vita e difenderla, ad ogni costo, è ciò che più nobilita l’animo di ogni uomo. […] Non nelle ricchezze materiali splende la vita. Non nel potere, nel controllo o nel dominio. Ma nella semplicità. Un’esistenza semplice, fatta di cose che davvero contano. L’affetto di poche, ma vere persone. Il piacere di stare con gli altri. Di leggere, di scrivere. Di sentire buona musica o ammirare un bel quadro. Di vivere immersi nella Natura, dove ogni respiro alimenta e non distrugge il tuo corpo. Di essere coerenti, sino alla fine, per vivere come le cose che dici. E, su tutto, di scoprire l’amore che è insito in ogni elemento. Qui nel Mondo, papà, non nella Terra promessa. È un amore che spesso non ricerchiamo durante il nostro breve passaggio nella Grande Madre, ma lo affidiamo alla vita ultraterrena, a quella che verrà”.
Leggi l’anteprima su:
Acquistalo on-line su:
– Ibs.it
Leggi le recensioni:
Guarda la presentazione su YouTube :
Guarda la presentazione a SOS Gaia:
Ascolta la presentazione radiofonica a Radio Flash:
Ciao Roberto, ho iniziato a leggere “Il paradosso della cività”, poche pagine. Intanto ti dico che scrivi benissimo, sembri Manzoni, e detto da me conta perchè in italiano sono molto esigente. Prossimamente i commenti sui contenuti. Buon lavoro e spero di vederti a Gioia del Colle. Gianni Tadolini
Ciao Roberto, sto cercando di aiutare la natura con un progetto di Agricoltura sostenibile replicabile in qualsiasi zona fertile (ma anche in zone semi-desertiche, come per esempio ha fatto Mario Pianesi in Mongolia). Facendo ricerca ho trovato il tuo blog. Leggendo i frammenti del tuo libro sono stata subito colpita dalle tue parole, lo comprerò sicuramente. Ti auguro tante belle cose, Eva
Stupendo romanzo “vero”, quello di Roberto Cazzolla Gatti. Racconta, in maniera romanzata, ma più che mai realistica, lo svolgersi in parallelo della vita di due esseri umani, un cosiddetto “selvaggio” di una tribù dell’Africa equatoriale ed un uomo civilizzato, abitante di una metropoli occidentale: Torino. Con lo scorrere della vicenda esistenziale dei due sempre più si percepisce il dramma della creatura civilizzata che più non riconosce la propria storia biologica, il rapporto con una natura che non sente più e non è più presente nella vita di tutti i giorni, con un ritmo del vivere, anzi del sopravvivere, scandito dalla frenesia della città e del lavoro. Sull’altro versante la vita selvaggia, governata da scansioni ancestrali, dura e severa, ma sempre protetta e contenuta nel grembo della Grande Madre: la foresta.
Certo è un libro angosciate che, attraverso un periodare elegante e pulito, ci apre gli occhi e ci costringe a vedere ciò che troppo spesso non vogliamo vedere – (da una recensione di GIANNI TADOLINI)
Libro meraviglioso nel suo modo di aprire gli occhi al mondo. Crea sentimenti di sofferenza soprattutto in chi, come me, guarda inerme il mondo mentre viene distrutto. Commovente.Bravo, bravissimo. Melissa.