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Poesie 2010-2019
Tre anni
Tre anni son passati,
ma i miei pensieri non sono mai cambiati.
Tre anni senza te,
ancora non comprendo il perché.
Tre anni pieni di ricordi,
che non vorresti mai così
chiassosamente sordi.
Tre anni senza la tua mano
a rassicurarmi di poter andare lontano.
Tre anni che sembrano infiniti,
ma è come se fossi ancora qui
con noi a rammendarci i vestiti.
Tre anni che ogni domenica ci chiediamo dove andare,
eppure ti sento ancora lì intenta a cucinare.
Tre anni che sogno la tua voce,
per poi risvegliarmi con un pensiero atroce.
Tre anni che il sole saluta il giorno
nell’attesa che il vento mi porti il tuo ritorno.
Tre anni che guardo questa fotografia
e vivo nel pensiero che non sei
mai andata via.
Oh vita
Oh vita, che togli e che dai con un soffio di vento.
Mi fai sentire fragile dinanzi alla tua forza.
Sono una foglia d’autunno,
posso essere, insieme, carminia bellezza
e plumbea fragilità.
Mi fai sentire debole ad ogni tremolio del corpo.
E poi, d’improvviso, ancora tu, oh vita.
Con forza scuoti la mia mente.
Con potenza infondi in me la tua essenza.
Così il mio corpo ritorna bambino.
Così i miei pensieri raccolgono la tua anima.
E tutto si chiarisce.
Oh vita, riprendi i miei sensi. Riprendi il tuo senso.
E tu, amore mio, e tu, Natura viva,
cos’altro vale questo risveglio quotidiano,
questo sforzo delle membra,
questo ingegno dei pensieri,
se non le vostre ricompense.
Non è questa l’essenza della vita, oh vita?
La vita è l’essenza della vita. Oh vita.
E tu, amore mio, e tu Natura,
siete essenza e vita.
Insieme, indissolubili. Inestimabili.
Non volano col vento le foglie d’autunno.
Volano nel vento farfalle iridescenti.
Membra di giganti buoni
che passeggiano nei sentieri dell’esistenza
senza muoversi mai.
Mi sfiorano con sfumature di giallo, d’arancio e rosso
e mi ricordano che non c’è confine
tra il profumo della Natura e quello della mia amata lontana.
Mi ammaliano e con l’autunno, preludio del gelo,
non sento più la fatica di ogni respiro
ma la gioia che attende il tuo ritorno.
Poesie 2006-2010
Digiuno
Impavido dolore,
s’arresta la fame
di gente che muore
neanche un tozzo di pane,
si apre la mente
d’incanto fugace
riporta alla vita
appannato lo sguardo,
consapevole adesso
del paradosso infinito
che uccide quest’uomo
e di me ne fa sbafo.
La rosa
Illuminata di freschezza eterea
la rosa, dal canto suo
fragranza immutabile
dell’esistenza,
chiese all’attiguo suolo
giaciglio per respirare.
Di esso granuloso e spoglio,
flebile la voce.
Veleno son rimasto
dopo il tracollo umano
che della Natura in prosa
n’ha fatto tomba per la rosa.
Morrai ebrezza adorabile
più posto non hai
per riposar le tue spoglie.
Dell’amor perduto
Deluso di passione ardente
si contorce l’animo dell’amato
che un tempo
nelle cerulee vestigia di dolcezza
affondava l’ancora di salvezza.
Nero di carbone ardente
il cuore palpitante
solca una lacrima
il sole che d’ombre
perpetua la mente
di triste effige
la malinconica colomba
tarpate le ali
del perduto amore.
Ed ora.
Scambievole il senso
parole nell’etere
incantato, son vane,
scalfite dall’atroce pugnale
dell’amore non amato.
Se è dolce l’amicizia,
se è tenero l’affetto,
l’amore non dà pace
s’infiamma ogni momento.
Cade ora, rimbomba al suolo
un tonfo ottuso,
nettare ronzante
che accarezza le labbra;
attende, invano, carnose e glabre spolie
dove diffondere di miele il profumo.
Terra non ha suolo
cielo non ha stelle
mare non ha onde
se l’amore va senza passione e muore.