… per riscoprire il gusto della vita

“Arriva un momento nella vita in cui ognuno deve lasciarsi alle spalle il passato e ricominciare; è quello il momento di prendere il largo…”
… per riscoprire il gusto della vita


Gli antichi buddisti, trascendendo dall’ideologia induista, erano soliti definire con il termine maya il dilemma dell’esistenza umana. Il maya è il male universale ed in esso si completa la sofferenza della natura; crediamo di appartenere a categorie rigide, di essere organismi fissi, immutevoli ed è proprio questo che ci porta a condurre un’esistenza infelice. Non ci accorgiamo, invece, di essere in costante cambiamento e che ogni emozione ci appartiene e fa parte di noi esclusivamente sino a quando non ne sopraggiunge una nuova. Imponiamo a noi stessi idee, giudizi e modi di vivere che non sono propri della natura stessa che ci ha forgiati, in una dimensione flessibile. Situazioni e avvenimenti possono convogliare la precaria saggezza della mente verso effimeri orizzonti, sino a farla precipitare in un baratro di paure e ossessioni.
Durante la vita terrena ci imbattiamo in numerosi incontri, milioni di miliardi di persone incrociano il nostro sguardo, alcune rimangono indelebili nella memoria e altre spariscono dopo pochi istanti. Ognuna di esse, però, lascia un segno che modifica l’apparente stabilità del nostro IO. Per comprendere come ogni ricordo passato torni a sussurrare sensazioni nel presente, basta, per esempio, chiedersi come mai ricordiamo una canzone piuttosto che un’altra. Non esisterebbe un mondo senza musica e la musica accompagna i momenti belli e brutti della nostra vita. Ricordiamo questa o quella canzone, anche se non molto recente, perché ascoltandola riappaiono limpide in noi le emozioni provate in un particolare periodo. Ed ecco che il passato ritorna, a passi lunghi, senza mezze misure. Cataloghiamo il ricordo positivo e quello negativo e scartiamo tutti gli altri, così da congelare ancora il pensiero vitale.
L’essere umano pesca dagli episodi trascorsi per gettarli nel futuro, omettendo il pensiero di una possibile mutazione della sua identità. Se è pur vero che in molti il riproporsi di situazioni già vissute è di notevole aiuto, in altri l’infelice passato può tornare come un’ombra minacciosa sul presente. Accade spesso, soprattutto nei ragazzi con un’infanzia o un’adolescenza tormentata, di sentire l’inutilità delle azioni che si stanno compiendo, causata dall’idea che nulla ha più senso e che la vita ha già concesso la sua possibilità. Molti arrivano a credere di essere come gli altri li giudicano, quelle opinioni entrano a far parte di loro tanto da sconvolgerne la personalità. Si coglie spesso nei loro discorsi frasi come “…non ne posso più, la faccio finita” o “sono stanco di vivere”. In realtà le sofferenze subite portano la ragione a dimenticare la straordinaria bellezza della vita. E’ in quel momento che non si deve avere paura di chiedere aiuto, è allora che non bisogna perdere la speranza.
Ci si deve far convinti che, anche quando tutt’intorno si intravedono soltanto le tenebre, non si deve disperare, perché da un momento all’altro uno spiraglio di luce ci mostra la strada verso la felicità. Non ci sono regole di comportamento quando si è in difficoltà, basta aprire il proprio cuore e sperare che qualcuno lenisca le sue ferite.
La vita è straordinaria perché è imprevedibile; in pochi secondi un violento temporale lascia il posto ad un bellissimo arcobaleno. D’un tratto si incontra qualcuno disposto ad aiutarti e la vita riprende colore. Ora le azioni hanno un senso e il passato comincia a farsi da parte. La gioia mette da parte il dolore, la mente si svuota per far spazio alla voglia di vivere e ci si pente di aver pensato di rinunciare a tutto questo.
La via che conduce alla felicità non è mai la via breve, è una strada difficile da percorrere, piena di ostacoli. Nessuno può sapere quanto essa sia lunga, ma ad ognuno è concessa la possibilità di intraprenderla. Per riuscire ad arrivare fino in fondo, bisogna far propria l’idea che è possibile raggiungere quella meta soltanto essendo se stessi e imparando a chiedere aiuto.

Pubblicato su La Piazza di Novembre/Dicembre 2002