Eterofobia, la malattia della nostra epoca industriale che sta eliminando la diversità del mondo

Qualche settimana fa, guardando una foto del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, posto agli arresti domiciliari direi per “eccesso di umanità”, con quell’espressione umile e determinata al tempo stesso, con quel pugno chiuso di chi sa di stare dalla parte del giusto, nonostante tutto, mi sarebbe piaciuto poter dire al mondo che quella era l’immagine dell’Italia intera e non solo il sogno di qualcuno che “credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri” (cit. Giorgio Gaber). Sull’altro fronte, politiche intimidatorie e retrograde hanno portato in molti a contestare l’attuale governo italiano per le esternazioni e le azioni nei confronti dei migranti e dei diritti umani.

Il problema principale, in questo clima d’intolleranza, alimentato dai capi di governo un po’ in tutto il mondo, è che la libertà di pensiero e di espressione dovrebbe essere ritenuta sacrosanta solo fino a quando non danneggia la libertà e la necessità, imprescindibile, di essere e sentirsi diversi degli altri esseri viventi, umani inclusi. Altrimenti, diventa più che necessario comunicare il proprio dissenso soprattutto a chi non la pensa come noi, senza temere di infastidirlo. Esattamente ciò che ha fatto Mimmo Lucano e tanti altri che, in Italia e nel mondo, non vogliono lasciarsi trascinare dall’ondata di eterofobie (sì proprio etero- l’ho definita, e non omo-, perché ciò che spaventa è proprio il diverso, non il simile a noi). Esattamente ciò che cercano di esprimere tutti quelli che, stufi di questa caccia al capro espiatorio, ciclicamente ripetuta nei secoli, manifestano il proprio dissenso. Perché se coloro che non condividono il retrogrado attacco alla diversità, portato in scena di volta in volta dal barbaro di turno (politico o vichingo che sia), continueranno a rimanere chiusi nelle loro torri d’avorio libertarie, a parlare solo a quella minoranza di chi crede in ciò che noi stessi riteniamo giusto per garantire il diritto alla libertà e alla diversità di qualunque essere vivente su questa Terra, l’umanità non cambierà mai. E il razzismo, l’antropocentrismo, le omofobie (in questo caso intese come paure dell’omo-sessualità e non del simile a se stessi), i nazismi, i fascismi, gli specismi e tutte quelle forme d’intolleranza e violenza nei confronti di ciò che c’è di più prezioso al mondo, ovvero la diversità biologica, umana e culturale, non cesseranno di esistere, ripetendosi con brutali atti di forza, come sempre accaduto nella storia moderna e contemporanea.

Non è più l’epoca della condiscendenza, questa dev’essere l’epoca della ribellione. Perché per ognuno di noi che tace per non infastidire l’intollerante di turno (parente o amico che sia) c’è qualcun’altro che soffre alla ricerca di pace nella sua vita.

Ho trovato paradossale la solidarietà di molti personaggi pubblici, persino appartenenti a fazioni politiche da sempre opposte, quando alcuni gruppi – certamente di giovani idealisti – hanno sentito la necessità di esternare con atti vandalici mirati il proprio dissenso nei confronti dei partiti che più stanno cavalcando l’onda dell’eterofobia. Di quale solidarietà stiamo parlando? Siamo contro ragazzini che scrivono sui muri il proprio pensiero controcorrente in difesa di una libertà di cui tutti si riempiono la bocca, ma mai imbrattano le mani, e siamo solidali agli eterofobici che sostengono l’eliminazione del diverso?

Perché è proprio di questo, invece, che stiamo parlando: in un mondo globalizzato dall’industria della produzione di massa da parte di multinazionali più potenti degli stessi governi, accettiamo il libero mercato, la circolazione senza confini delle merci, ma ci opponiamo al diritto naturale dell’essere umano di appartenere al mondo, di vivere dove vuole e non, per legge umana, dove nasce.

Vi siete mai chiesti perché se nascete in Europa o negli USA, ad esempio, il mondo vi apre le porte, per vivere, lavorare e persino viaggiare senza grandi problemi, ma se per qualche strana (e statisticamente molto più probabile) ragione siete nati al di fuori dei paesi che si considerano (loro malgrado) sviluppati, questa liberà non così scontata? Se l’uomo è uguale, perché le sue possibilità nella vita sono condizionate dal luogo in cui ha respirato per la prima volta? E cosa rende una persona già sfortunata per esser stata partorita in un luogo afflitto dalla povertà e dai conflitti (che sono la ragione per cui altri possono godere della loro beneamata “civiltà”) meno libera di un’altra nel determinare il suo destino?

L’eterofobia (questo neologismo che mi piacerebbe introdurre d’ora in poi come termine per definire il male che affligge la nostra specie) è una patologia davvero grave, con un’alta morbilità ed estremamente contagiosa; affligge particolarmente il ceto medio, di media cultura, di media intelligenza, di media istruzione, ma non disdegna anche le classi più povere e agiate, e attacca persino i laureati. È una malattia ciclica, e da che ce ne sia memoria affligge l’umanità, ma si è cronicizzata nell’ultimo secolo con l’apertura dei confini nazionali all’industria multinazionale. I soggetti affetti mostrano intolleranza, quasi disgusto con manifestazioni psicologiche e fisiche, nei confronti di tutto ciò che è diverso da loro stessi. In alcuni casi, i sintomi sono così gravi che esplodono in megalomanie estremiste per diffondersi nella popolazione resiliente, che inizia pian piano a manifestarne i tipici sintomi da contagio. Quando colpisce soggetti in istituzioni governative, può causare genocidi e stermini di massa.

L’eterofobia inizia con un rash cutaneo tra il naso e la bocca (che induce la tipica espressione di disgusto nei confronti dell’altro) e raggiunge il suo apice, in alcuni casi, con la violenza fisica, diretta (per mano propria) o indiretta (per mezzo di squadriglie e forze militari). L’aspetto sconcertante di questa malattia, che andrebbe seriamente presa in considerazione da team di psichiatri e neurologi, è che interessa il diverso in senso lato: il diversamente abile (tant’è che alcuni non si vergognano nemmeno di esprimerlo pubblicamente, per poi rinnegarlo ipse facto), il diversamente religioso (tant’è che Israeliani e Palestinesi si trucidano da oltre un secolo col benestare dei fornitori occidentali di armi e gli indigeni sono ancora costretti a far fuori i cristiani che vogliono imporgli “il verbo di Dio” nelle loro terre ancestrali), il diversamente acculturato (tant’è che se non rispetti il canone culturale maggioritario sei ritenuto un fuori di testa, minimo da domiciliari), il diversamente colorato (perché il bianco è il colore della purezza, mentre tutti gli altri si sono stinti in lavatrice recentemente o caduti nel letamaio alle origini dell’uomo e, quindi, aiutiamoli a lavarsi in candeggina a casa loro!), il diversamente sessualizzato (tant’è che qualunque sia il tuo sesso, se ti piace la vagina può persino passare, ma il pene può piacere solo alle donne, che pertanto sono un po’ prostitute per antonomasia, e fa davvero schifo se piace a un altro uomo!), il diversamente mascolinizzato (tant’è che se sei donna puoi subire offese, prender ceffoni, magari un po’ d’acido in faccia se l’arma del delitto non è a portata di mano e se sei uomo, alle porte del 2020, ancora guadagni di più, conti di più, amministri di più, comandi di più, etc.) e, infine, il diversamente evoluto (tant’è che, così come vorremmo azzerare la diversità umana e se ancora non è accaduto del tutto è per l’opposizione di tutti i “diversamente qualcosa” summenzionati, stiamo comunque eliminando la diversità di specie ed ecosistemi, che compongono il nostro meraviglioso e straordinario pianeta, perché non siamo capaci di comprendere che gli OGM potranno pur dar da mangiare a 10 miliardi di persone annullando l’indispensabile resilienza agricola, che il biologico sano ed ecologico potrà pure essere meno efficiente dell’agricoltura intensiva, che l’olio di palma, il caffè, il cacao, il cioccolato, etc. potranno pur essere economici e indurre in tentazione, che la plastica potrà pur essere duttile e galleggiante, che gli inceneritori potranno pur far scomparire dalla vista i rifiuti del sud nelle casse del nord, che un parquet in mogano o una finestra in tek tagliati in una rigogliosa giungla tropicale potranno pur farci apparire ricchi, che un villaggio turistico su una spiaggia dei tropici dove c’era una lussureggiante foresta mangrovie potrà pur regalarci una vacanza da sogno, che una vergognosa caccia al lupo o al rinoceronte potranno pur restituirci quella mascolinità persa tra centri commerciali e Grande Fratello, che un giro in macchina con l’aria condizionata quando non sai che fare potrà pur allontanare la noia, che vestire un gilet giallo per protestare contro l’aumento della benzina che sta condannando il mondo ai più drammatici cambiamenti climatici che l’umanità abbia mai affrontato potrà pur farti sentire un rivoluzionario alla Robespierre, che le biotecnologie potranno pur creare uomini tutti uguali, forti, magari solo bianchi o al massimo schiariti, alti e così immuni da qualunque malattia grave che muoiono per un banale raffreddore, che il sushi in ogni angolo del globo potrà pur fare molto figo quando con sciccheria esci a cena con gli amici e te ne freghi degli oceani al collasso… Ma dimentichiamo, colpevolmente, che tutto questo sta portando a un mondo privato della sua proprietà fondamentale, derubato da ciò che lo rende bello e unico: la sua diversità).

In un’epoca in cui l’industria globalizzata, multinazionale, informatica, navale, ittica, forestale, automobilistica, militarizzata, bellica, pesante, tecnologica, biotecnologica, alimentare, e di qualunque altro settore per cui, etimologicamente, “viene svolta allo scopo di generare beni o servizi” in questa corsa senza senso verso la crescita economica indiscriminata, unica apparente risposta alle crisi sociali e culturali di ogni popolo, sembra prendere il sopravvento sulla coscienza umana per riportarci a un allarmante medioevo etico e culturale, è bene farci vaccinare (e questo sì che nessun “novax” potrà contestare) contro l’eterofobia.

Come scriveva Henry David Thoreau nel suo rivoluzionario libro intitolato “Disobbedienza civile”: «E questo lo chiamiamo un paese di uomini liberi? [chiede amaramente]. A che serve essere liberi da Re Giorgio se continuiamo ad essere schiavi di Re Pregiudizio? Che importa nascere liberi se liberi non si vive? Che valore ha la libertà politica, se non è un mezzo per conquistare la libertà morale? È una libertà di essere schiavi, o una libertà di essere liberi, quella di cui tanto ci vantiamo?».

Sono passati centocinquant’anni e, caro Henry, ancora non sappiamo risponderti!

Roberto Cazzolla Gatti, Ph. D.

Biologo ambientale ed evolutivo

Professore associato, Tomsk State University, Russia

Ricercatore associato, Purdue University, USA

Pubblicato sul n. 84 di Villaggio Globale (dicembre 2018)

Un pensiero su “Eterofobia, la malattia della nostra epoca industriale che sta eliminando la diversità del mondo

  1. Grazie Roberto, per aver espresso ciò che dovrebbe essere “naturale” e necessario che tutti gli esseri umani pensassero e agissero!

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