La biodiversità è 3-D

pubblicato su Villaggio Globale Rivista di Giugno 2017

Un nuovo studio fa luce sul rapporto tra la diversità e lo spazio tridimensionale come un modello ecologico globale. Dopo questo studio, la vera scoperta sarà quella di leggere nei prossimi libri di ecologia che la biodiversità è in 3D, perché avremo finalmente imparato a volare sfruttando il punto di vista delle altre specie e non solo a camminare con i paraocchi umani

Siamo così abituati a camminare in orizzontale che spesso non ci accorgiamo di ciò che accade sulla nostra testa. E spesso non se ne accorgono nemmeno gli scienziati. La relazione specie-area è considerata da molto tempo un modello in ecologia e viene presentata dalla maggior parte dei manuali accademici di ecologia. Le sue implicazioni sono rilevanti per vari scopi ecologici, evolutivi, conservazionistici e biogeografici. Al contrario, il rapporto tra volume e specie è stato quasi del tutto ignorato. Tuttavia, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista «Plant Ecology» (Cazzolla Gatti R., Di Paola A., Bombelli A., Noce S., Valentini R. Exploring the relationship between canopy height and terrestrial plant diversity. Plant Ecology, 2017 doi:10.1007/s11258-017-0738-6) questa relazione può svolgere un ruolo fondamentale in ecologia ed è rilevante per diverse applicazioni ecologiche, come ad esempio la stima delle popolazioni minime vitali, dell’estensione degli habitat delle specie, delle aree protette, etc. In questa ricerca su scala globale abbiamo studiato questa nuova prospettiva guardando altezza della canopea come fattore relativo al volume di un ecosistema («biospazio»), che influenza la ricchezza delle foreste.

Alcuni decenni fa, l’ecologista forestale italiano Lucio Susmel sviluppò l’idea di «biospazio» e suggerì che «le caratteristiche di foresta multi-età sono una funzione del biospazio, modificato da piante e animali che vivono in un ambiente fisico». L’ecologista italiano propose che «[Il biospazio può essere definito come uno] spazio protetto entro il quale è possibile riprodurre tutti i processi fisiologici, biologici ed evolutivi di una comunità […] il parametro più adeguato per valutare il biospazio è il volume del sistema che può essere misurato con l’altezza media degli alberi dominanti».
Fino ad oggi, la difficoltà di rilevare l’altezza degli alberi da terra e la mancanza di un censimento completo della flora globale ha impedito di definire una relazione generale tra il volume degli ecosistemi forestali e la diversità delle specie. Solo il recente sviluppo di nuove potenti tecnologie, come il Light Detection and Ranging (Lidar), ha permesso di mappare la struttura verticale delle foreste a livello globale. Insieme alla disponibilità di nuovi dati botanici precisi, come ad esempio la mappa globale dell’altezza della canopea prodotta dalla Nasa, che è una novità nella tecnologia satellitare, ha aperto incredibili opportunità in ecologia. Grazie alle analisi effettuate insieme ai colleghi del Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (Cmcc), abbiamo studiato una possibile relazione globale tra ricchezza di specie e l’altezza della canopea forestale confrontando la Mappa alta globale ad alta risoluzione fornita dalla Nasa con la mappa della diversità floristica prodotta da Barthlott e colleghi nel 2007.
Alla fine, i risultati di questo studio mostrano che canopee più alte contengono più specie piante: c’è una terza dimensione pienamente sfruttabile dalla specie. Questo è certamente dovuto al fatto che volumi ecologici più grandi possono contenere un maggior numero di specie, ma non è solo una questione di spazio disponibile.
Mi sono imbattuto in questa idea lavorando per molti anni nelle foreste tropicali, temperate e boreali. Mi sono chiesto perché foreste più alte sono quasi sempre positivamente associate a livelli maggiori di biodiversità. Se il motivo fosse solo il clima, che è in grado di aumentare sia l’altezza gli alberi sia la biodiversità, avremmo trovato all’interno della stessa fascia climatica intorno al mondo livelli simili diversità, ma in foreste con diverse altezze della canopea. Questo non è avvenuto: anche se le condizioni climatiche sono le stesse la biodiversità aumenta quando la canopea è più alta.
Il nostro studio suggerisce che la correlazione positiva tra la biodiversità e l’altezza della canopea forestale è dovuta al maggiore biospazio: maggiore è il volume di un ecosistema forestale, più strati e maggiori condizioni ecologiche (luce, umidità, risorse alimentari, disponibilità di acqua, quantità di liane, presenza di epifite, felci, etc.) che diversificano l’ambiente sono presenti. Questa evidenza offre anche una prova empirica alle ipotesi sviluppate nel corso degli ultimi anni circa l’emergere di nuove nicchie dipendenti dalla biodiversità, ovvero l’idea che la biodiversità genera biodiversità (Cazzolla Gatti 2011 in Theoretical Biology Forum; Cazzolla Gatti 2016 in Biologia; Cazzolla Gatti et al. 2017 in Ecological Modelling).
Il rapporto tra biodiversità e altezza della canopea è particolarmente evidente nelle regioni tropicali. Infatti, secondo la teoria del gradiente latitudinale, le foreste tropicali sono, in media, più alte di quelli temperate e quindi offrono più spazio per i processi fisiologici, biologici ed evoluzionistici della comunità. Questa caratteristica permette a specie con tratti distintivi di coesistere e genera l’emergere di nuove nicchie che aumentano la ricchezza di un ecosistema più stratificato.
Tuttavia, poiché entrambi i gradienti climatico e latitudinale potrebbero velare e correlare con l’altezza della foresta e la biodiversità, abbiamo testato la nostra ipotesi di una relazione pura tra altezza della canopea e diversità analizzandola entro diverse zone macroclimatiche, secondo la classificazione climatica di Koppen-Geiger. Questa classificazione riflette una zonazione latitudinale e consente di rimuovere l’influenza climatica dal rapporto altezza della canopea-diversità. Nonostante ciò, il rapporto è stato osservato in ciascuna delle tre zona climatiche principali e questo ha confermato che altezza della chioma influenza la diversità specifica indipendentemente da altri fattori, come la precipitazione e la temperatura (cioè il clima).
Il rapporto tra altezza della canopea e la biodiversità è stato scarsamente considerato fino ad oggi, anche se può svolgere un ruolo significativo in ecologia. Infatti, la dimensione verticale degli ecosistemi va considerata congiuntamente alla ben nota relazione specie-area. Inoltre, la relazione che abbiamo scoperto è fondamentale per definire l’estensione delle aree protette, poiché l’ambiente bidimensionale disponibile non deve essere considerato da solo, ma associato con il volume ecologico tridimensionale. In questa epoca di cambiamenti climatici e pressioni antropiche, la maggior parte delle specie è esposta a un alto rischio di estinzione. Pressati dall’urgente necessità di conservazione delle specie e della mitigazione del clima, il 3D non è solo un divertimento o un approccio tecnologico innovativo, ma un nuovo modo di guardare le dinamiche naturali per pianificare meglio lo studio e la protezione degli ecosistemi.
Dopo questo studio, la vera scoperta sarà quella di leggere nei prossimi libri di ecologia che la biodiversità è in 3D, perché avremo finalmente imparato a volare sfruttando il punto di vista delle altre specie e non solo a camminare con i paraocchi umani.

Roberto Cazzolla Gatti, Ph.D., Biologo ambientale ed evolutivo, Professore associato in biodiversità ed ecologia, Tomsk State University, Russia