Se un orso in trattore fosse arrivato a Sanremo

L’intelligenza dei sapiens-almeno-una-volta alla prova della Natura

Hanno tutti ragione, sino a prova contraria. L’intelligenza umana è superiore alla Natura e, come la Bibbia ci insegna, è stata creata per sottometterla in cielo e in terra, per mari e per monti. Hanno ragione in Trentino Alto Adige: ridiamo le valli agli uomini, le montagne agli uomini, i meleti agli uomini, i vigneti agli uomini, i paesi agli uomini. Non se ne può più di vedere orsi una decina di volte all’anno in qualche bosco di qualche località tra le Alpi. Ha ragione il presidente regionale dei canederli: meglio un centinaio di orsi in meno per far posto a migliaia di imbecilli in più a scorrazzare nel parco giochi più grande d’Europa, dove corri, fai running, scii, ti lanci in parapendio, scendi in bici, sali in motocross, girovaghi in SUV e bevi birra a 2.000 m. Quei territori sono degli uomini, urlano molti residenti nella perduta quiete dei monti. Da sempre, almeno da quando c’erano gli uomini. Cosa vogliono questi orsi che da quando c’erano gli uomini loro non c’erano più e hanno iniziato ad esserci da quanto altri uomini li hanno voluti far tornare? Si sono lamentati per aver voluto l’abbattimento di un’orsa che spaventata da un runner di montagna lo ha attaccato, uccidendolo ferocemente e ingiustificatamente, perché uno quando si spaventa deve solo scappare, come fanno i politici con gli avvisi di garanzia se non hanno l’immunità parlamentare. Mica assoldo un cacciatore per uccidere qualche essere vivente che mi ha spaventato, non è mai accaduto nella storia della nostra specie intelligente. Siamo troppo intelligenti. Ci siamo definiti sapiens sapiens. Due volte, per non avere dubbi. Non sia mai qualcuno dimenticasse il primo sapiens, ne abbiamo un altro di riserva. Abbiamo persino definito l’epoca geologica in cui viviamo Antropocene, che sembra un po’ dirci che di cene l’antropo in questo periodo ne ha fatte molte. Troppe. Forse ha mangiato più di quello che doveva. Adesso, che caso han montato quei quattro ambientalisti, sti gretini, per un orsa ammazzata dopo che aveva ammazzato. Non è che in Italia la pena di morte, ovvero l’occhio per occhio, si applica a tutti. Ne è esente solo l’essere più intelligente. Se ammazzo e sono sapiens-almeno-una-volta, vado in carcere, non come quei barbari degli americani che ti mandano sulla sedia elettrica. Se però mi ammazza un non sapiens-almeno-una-volta, beh quello sì che lo mando al patibolo. Come ha osato? Come si è permesso? E vai coi moralismi, tutti pronti o con l’orso o con l’uomo. Certo chi è con l’orso non ha conflitto d’interessi essendo sapiens-almeno-una-volta. Ma chi è con l’uomo? Va beh, discorsi da gretini! Comunque, si sono scandalizzati perché un’intelligenza fuori dal comune, infatti l’hanno assunto in provincia, al governo dei canederli ha deciso di far fuori un codice più che un essere vivente (e anche qui c’è, forse, un altro problema perché ammazzare JJ4 o M90 è diverso da abbattere Yoghi e Bubu) e non accettano che un orso segua, nel territorio che è dell’uomo non dell’orso (ribadiamolo) per ben 800 metri, curioso e pacato, una coppia di imboscati (nel senso che nel bosco, visti i tempi, i sapiens-almeno-una-volta chissà cosa farebbero oltre a passeggiare) che terrorizzata dal passo lento del plantigrado, secondo quanto riportano i media (attendibili fonti di fatti verificati da altri), quando ha visto spuntare la bestiaccia ha “contattato degli amici che avevano incrociato poco prima a bordo di alcune moto. Il rumore dei due mezzi in avvicinamento ha fatto fuggire l’orso”. E qui ancora non è chiaro come sia possibile incontrare qualche minuto prima amici in moto e poi essere inseguiti da un orso che, ricontattati gli amici, fugge al rumore delle moto. Due sono i casi, o è l’orso nel posto sbagliato o sono le moto ne posto sbagliato. E la coppietta che andava a passeggiare per boschi sulle Alpi si è sentita più rasserenata dalla presenza sul sentiero dei motociclisti che dell’orso? Ah è vero, quei territori sono anche dei motociclisti e i sentieri di montagna sono per tutti i sapiens-almeno-una-volta. E per fortuna che “i due giovani e un’altra coppia di escursionisti sono invece stati recuperati per sicurezza dagli operatori del corpo dei vigli del fuoco volontari della zona”. Quindi, per capirci bene, in montagna possono esserci gli escursionisti, gli sciatori, gli scalatori, gli alpinisti, i passeggiatori, i motociclisti, i ciclisti, i mountain runner, i bevitori di birra, ma non gli orsi. Soprattutto se ti seguono per quasi un chilometro pacificamente senza attaccarti. Non si capisce più nulla, se un animale in quello che crede essere il suo ambiente protegge i suoi cuccioli e attacca l’uomo, deve essere abbattuto. Se è troppo confidente e non attacca l’uomo, nonostante sia stato prima catturato e radiocollarato, poi investito da un auto, poi impossibilitato a entrare in letargo a causa delle temperature estive regalate all’inverno dall’Antropocene, ed infine denunciato per “inseguimento lento e pacifico” (allora abbattiamo tutti gli anziani nei giardini pubblici) lungo un sentiero che un tempo aveva neve e orsi e ora ha uomini e neve artificiale sulle piste, va comunque eliminato. Quindi, sintetizzando, così è più semplice per intelligenze come quelle al governo dei canederli: quando vedi un orso, qualunque cosa faccia, ammazzalo. Poi capiamo perché l’ha fatto. Certo, se Yellowstone fosse stato trasformato in un Luna Park come il Trentino Alto Adige, oggi anche Yoghi e Bubu se la passerebbero male. Eppure Hanna e Barbera ci hanno insegnato che se gli orsi rubano i cestini si chiamano i ranger che, pensa un po’, non li abbattono. E per quanto venga spesso messa in dubbio, l’intelligenza a stelle e strisce ci ha insegnato che è l’uomo a dover essere educato a convivere con i grandi mammiferi nei territori che dividono (iniquamente). Ma, in un’Italia amministrata da faccette nere, si sa, meglio risolvere il problema alla radice che educare alla convivenza. Lo spray repellente meglio non autorizzarlo, è un’arma che permetterebbe anche a molte donne di difendersi con anticipo dalle violenze degli uomini (quelli sì che sono feroci e andrebbero ingabbiati, i violentatori), altro che orsi. Allora qualcuno dica cortesemente a chi passeggia nel territorio, degli uomini per carità (ne vivono circa 15 milioni), che se incontrano un orso, meschino ospite di quei luoghi (dove ne vivono un centinaio o meno), dovrebbero non corrergli contro, non correre punto, non spaventarlo, parlare per farsi sentire prima di sorprenderlo e terrorizzarlo, usare i fischietti di allerta e soprattutto non fare ginnastica (non bastano palestre e piste di atletica?), non pedalare o fare brum brum sui sentieri naturalistici (non bastano chilometri di strade, tracciati offroad, ecc.?). E c’è chi da matusa della conservazione, dall’alto di una retrograda mentalità antropocentrica, osa pubblicamente dire in simposi universitari che non va considerata la capacità portante dell’ambiente quando parliamo di convivenza con i grandi carnivori, ma la capacità portante socio-economica, ovvero la domanda (lo dice uno dei più noti zoologi italiani, vedi come stiamo messi nel Belpaese che guarda con ammirazione al modello sudtirolese del “controllo”) non è “quanti lupi e orsi possono vivere in Italia e in Europa, ma quanti dei loro danni siamo disposti a pagare”. Noi sapiens-almeno-una-volta che solo in Italia siamo 60 milioni, mentre lupi e orsi insieme raggiungono appena i 3.500 individui! Non è sufficiente che, tolte le pendenze estreme e le cime più impervie, il resto del territorio è stato trasformato, dove non funge da parco divertimenti,  in un immenso campo agricolo per coltivare mele ed uva strapieni di pesticidi? E qui ti vengono in mente i contadini che protestano in Italia e in tutta Europa.

Questa immagine è stata generata con l’ausilio di un’intelligenza sapiens-nemmeno-una-volta

Hanno ragione anche loro, come in Trentino preoccupati per la sicurezza (seppur sia legittimo chiedersi se messa più a rischio dagli orsi o da presidenti dei canederli col grilletto facile). Hanno davvero ragione i contadini che fanno il lavoro più difficile e sottopagato al mondo, oppressi ora anche dai cambiamenti climatici. Però gioiscono quando l’UE gli concede di continuare a utilizzare i pesticidi che lentamente ammazzano un po’ tutti, invece di prendersela con le multinazionali che svendono i loro prodotti e con i sapiens-almeno-una-volta che vogliono la frutta perfetta da guardare sul bancone. Non ditemi che non sono consapevoli, come diceva mio nonno e forse sapevano tutti i nonni contadini del mondo quando il cibo che coltivavano lo portavano anche a casa (perché avevano il coraggio di farlo mangiare ai loro figli e nipoti) e non lo vendevano agli altri a prezzi stracciati perché nella maggior parte dei casi si tratta di bombe ortofrutticole ripiene di sostanze chimiche di sintesi (visto che ammaccati, piccoli e opachi i frutti e la verdura non li compra nessuno), che “se piace al verme è buono anche per te!”. Ma in questi tempi di agricoltura intensiva ed estensiva quale frutto e quale verdura piace al verme? Nessuna. Ed è inutile che continuano a dirci che in Italia si usano pochi pesticidi perché non è quello che rilevano i laboratorio indipendenti che, di volta in volta, analizzano campioni delle mele più linde che una valle possa produrre, del grano più schifosato che l’umanità abbia mai mangiato (e poi ci chiediamo perché un po’ tutti stiamo diventando allergici) o bottiglie di ottimo vino aromatizzato al boscalid, fenexamid, cipronidil, ecc. (che già a sentirli proprio buoni non sembrano). Quindi, se è vero che i contadini hanno sempre ragione, perché portano il cibo sulla nostra tavola con immenso sacrificio e fatica (e grazie all’impagabile, e paradossalmente spesso pagato male o per niente, supporto di milioni di immigrati che fanno un lavoro duro che gli italiani non vogliono più fare, cosa che il titolare del presidente dei canederli dovrebbe sempre ricordare) è pur vero che molto di quel cibo è pericoloso per la salute e per l’ambiente. Tra promesse di incentivi fasulle e richieste inascoltate, l’unica cosa che ha saputo fare l’Europa è stata permettere proprio ciò andava vietato già da tempo, invece di mettere al bando i pesticidi, combustibili fossili, allevamenti intensivi e produrre solo cibo biologico! Si è scelto il contentino, si è deciso di continuare a consentire alla gente di mangiare, bere e respirare veleni, all’ambiente di contaminarsi, al contadino di tornare al campo col trattore per lavorare 16-18 ore al giorno per ottenere un guadagno da fame e un prodotto da incubo. Non dimenticherò mai un imprenditore agricolo che mi sorprese dicendomi: “Molti di noi non portano a casa quello che produciamo perché sappiamo ciò che abbiamo messo sui nostri prodotti”, mentre mi indicava un capannone pieno di spray, fusti, bidoni con simboli da Chernobyl. E che n’è stato del verme che mio nonno toglieva dal percoco, piccolo, macchiettato, deformato, ma buonissimo, prima di mangiarlo con la soddisfazione di chi, a fatica, aveva portato a casa un altro piccolo successo? È morto da tempo, ucciso dall’agricoltura industriale, dall’agrobusiness, dalle politiche europee, dagli incentivi perversi, dalla chimica di sintesi, dalla quantità sopra la qualità, dal bello sopra il buono. Dall’Instagram del cibo che prima fotografi e poi mangi. Tanto se fa schifo nella foto non sembra. E se pur ha un buon sapore, ma è ripieno di pesticidi te ne accorgi dopo anni, in un letto di ospedale, non allo scatto del selfie.

E così, mentre ascoltavo con un certo ribrezzo la demenza trasformarsi in musica scacciapensieri affinché un’intera nazione non pensasse più né all’orso, né al Trentino, né al contadino e un ragazzo incontrava una ragazza perché la notte poi non passa ma, incredibilmente, la notte, poi, se ne va (mah! Qualcuno li legge prima dei concorsi i testi?) e, conclusasi la sbornia da Click Boom Boom! in grado di trasformare una voce eccellente in una parodia Tik Tok della canzonetta italiana pur di prendere più like, la guerra tra i voti al neomelodico, poco melodico, napoletano e alla figlia d’arte che scalzavano cantanti d’altro (e d’alto) calibro a suon di SMS da plebiscito poco democratico russo, non riusciva del tutto a non farmi pensare che proprio il Putler dell’ex-URSS ci stava ricordando che a suon di manganellate agli studenti (vedi come pende la torre dei fascisti) si arriva a poter giustiziare indisturbati chi si oppone e che il suo collega d’Israele (amico, nemico perché non comunista o amico degli americani, nemico degli amici perché anticomunista, amico dei nemici pacifinti… non è più chiaro ormai) quel Click Boom Boom! lo stava trasformando in bombe sganciate su palestinesi innocenti, mascherando un genocidio con la riconquista di territori da sempre oppressi, con la scusa della giustizia e con il mantello dell’antisemitismo.

Per un attimo, in tutta quella cacofonia di suoni, di dita ondeggianti verso l’alto, di Frerragnez in crisi dopo l’abbuffata di benefici panettoni a Natale e uova a Pasqua, di missili esplosi verso il basso, di guerra ritoccata da pace, di frutta intrisa di veleni e di uomini buoni e animali cattivi, ho immaginato cosa sarebbe accaduto se un orso, alla guida di un trattore, avesse provato a raggiungere Sanremo in lotta per i suoi diritti. Io, un voto da casa gliel’avrei dato, consapevole che sul podio e, almeno, sul palco non sarebbe mai salito, forse impallinato ancor prima di averci provato. Sarebbe stato, comunque, un gesto di solidarietà nei confronti dell’altro (troppo facile, troppo interessata la lotta per la nostra categoria, la nostra minoranza, la nostra identità, molto più difficile la battaglia per l’altruità!) in un mondo in cui non riusciamo ad essere sapiens-nemmeno-una-volta.

Prof. Roberto Cazzolla Gatti

o RCG84 (nel caso di abbattimento forzato)

Professore di Biologia della Conservazione e Biodiversità

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

*Pubblicato su Villaggio Globale – Trimestrale di Ecologia di Marzo 2024 Anno XXVII – N. 105