Basta assurdità, vi prego, sull’olio di palma!

Il convegno alla Camera con Russo, Capua, Barilla & co. commentato (senza peli… sull’orango)

Premessa: l’articolo che segue potrebbe urtare la suscettibilità di qualcuno per il linguaggio privo di filtro mente-bocca (ovvero cervello-tastiera) che è stato utilizzato, per la scurrile schiettezza, per la rabbiosa esposizione dei fatti accaduti e per la presenza di personaggi da romanzo trash-horror. Purtroppo, sono arrivato alla conclusione, che – parafrasando Gaber, inopportunamente menzionato da uno dei personaggi sotto presentati – dinanzi a tanta deficienza non possa esistere la superstizione della democrazia… linguistica. D’ora in poi m’arrabbio e non m’importa del perbenismo dilagante. Coloro che non reggono toni e situazioni simili sono pregati di non leggere il seguente articolo. Gli altri, che si ritengono abbastanza temprati dalla vita, sono invitati prima a leggere e solo dopo, così da avere una sorta di lente d’ingrandimento della mediocrità, a verificare quanto ridicolo sia stato il tutto attraverso la registrazione dell’evento presente sul sito web della Camera: http://webtv.camera.it/evento/8471

camerapalmaIeri, 14 ottobre 2015, è stato organizzato alla Camera dei deputati da due riviste, Strade Magazine e Formiche (che insieme a Wired ed Altroconsumo con le loro recenti uscite, finiscono dritte dritte nel portagiornali del mio bagno, chissà che il patinato non pulisca meglio), un convegno dal titolo “La verità, vi prego, sull’olio di palma”.

Poiché credo che sulle false verità proposte da molti giornalucoli si è già detto tanto e anch’io ho scritto molto, non voglio questa volta entrare nel merito dell’argomento confutando le tesi riportate, ma adotterò le stesse armi di chi pretende di informare, condizionando a suo piacimento, i cittadini. Ovvero, impiegherò la tecnica di distruggere la reputazione di chi ha il coraggio di dire certe cazzate pubblicamente. Sarò, insomma, in differita, il contraddittorio che in questo circense convegno non c’è stato.

Il direttore di Strade Magazine, tal Piercamillo Falasca, apre l’incontro con una frase ad effetto: “L’Italia si è ammalata di complottismo e antiscientismo […] Sull’olio di palma una campagna antitaliana perché l’industria italiana è un consumatore importante”. Quindi, se parlo male delle merendine che Cassano mangiava quando era al Real Madrid e che lo facevano ingrassare faccio una campagna antispagnola?

Moderatore dell’evento è Paolo Russo, giornalista de La Stampa, che più che altro dovrebbe tentare di moderare le sue di affermazioni, ma non ce la fa. Il giornalista apre i lavori con edulcorate perle di saggezza:

  • “Ci sono fatti scientifici e fatti antiscientifici”, informa la platea con sofistica sicurezza!
  • Cita Gaber e la sua canzone “Destra-Sinistra”, rinominandola “Cos’è di destra o di sinistra”, e affermando che forse lui aggiungerebbe che la soia è di sinistra mentre l’olio di palma è di destra, ma poi si ricorda che nella canzone Gaber diceva che la Nutella è di sinistra e, quindi, qualcosa non quadra.
  • Se la scientificità e la competenza del convivio non fossero ancora chiare a chi legge e a chi ha avuto la sfortuna di ascoltare (è vero, c’erano quattro gatti, ma per fortuna c’è la registrazione, altrimenti come farebbero i posteri a studiare l’attuale era del decadentismo intellettuale?), Russo mette subito le cose in chiaro e afferma: “Seri rischi per la salute dovuti all’olio di palma io non ne ho letti”. Bene, Russo ma lei le legge le pubblicazioni scientifiche? O ne fa lo stesso uso che io faccio delle su citate riviste?
  • Quasi fossi lì per rivolgergli questa domanda, ecco che lui sembra prontamente rispondere: “Il Fatto Alimentare ha ripreso uno studio del Mario Negri in cui si sosteneva un rischio per la salute”, quindi i rischi sono riportati solo nelle riviste e negli articoli che Russo non legge?
  • Sarà così perché, poco dopo, il giornalista afferma che esistono “falsi miti dovuti a interessi economici, come [il caso, ndr] di SegolEIIE… Royal” – lo pronuncia proprio così il nome del Ministro francese, ascoltare per credere.
  • Ma gli attimi di urgente logopedia non finiscono qui e le competenze scientifiche del giornalista si sgretolano con una sola parola: “deforestALIZZAZIONE”. Dice infatti: “la crema più famosa del mondo accusata di contenere olio di palma che a sua volta sarebbe responsabile di una parte importante dei processi di deforestALIZZAZIONE”. Wow, un fantastico neologismo per rendere complicato un termine semplice (deforestazione) che dovrebbe essere al centro del dibattito e invece, come leggerete più avanti, sembra che nessuno sappia pronunciare.
  • L’apoteosi della sua introduzione è alla fine dell’intervento d’apertura: “In realtà, leggevo che un ETTO di palme produce 7 volte l’olio di girasole e 13 volte quello della soia”. Un etto di palme produce l’olio? Siamo a Cazzenger anche se non viene trasmesso sulla Rai, ma direttamente dalla Camera. Forse voleva dire “un ettaro”, ma che sarà mai tra le tante scemenze che ha sfoderato sin qui?

Finito lo sproloquio, Russo passa la parola alla dott.ssa Elena Fattore, ricercatrice dell’istituto Mario Negri e autrice dello studio riportato da Il Fatto Alimentare. Forse la dottoressa ha ingoiato uno dei topi vittime dei laboratori del Mario Negri, perché non si capisce nulla di ciò che dice (e non solo da un punto di vista scientifico, ma anche grammaticale):

  • Descrive lo studio condotto dal suo team tramite una revisione sistematica e metanalisi della letteratura sull’argomento e pubblicato “sul giornale più prestigioso di nutrizione”, questo lo dice lei… Obiettivo dello studio era valutare gli effetti sulla salute dell’olio di palma (sistema cardiovascolare).
  • Anticipa, probabilmente prevedendo l’inferno che sarebbe scoppiato nella sua testa da lì a poco, che in alcuni casi i risultati mostrano un aumento del rischio e in altri no (perché aumenta il colesterolo buono). Della serie i risultati non dicono una benemerita, né che faccia bene né che faccia male…
  • Poi va nello specifico e lì qualcosa si spegne. Si cerca un medico in sala, lo sono quasi tutti, ma nessuno riesce a capire il disturbo che sta colpendo la dottoressa. Farfuglia: “Sostituendo l’olio di palma con grassi animali si riscontra una diminuzione di colesterolo […]Diminuivano… mmm… cioè aumentavano… mmm… cioè… diminuivano sia quelle che aumentavano il rischio e diminuivano anche quelle che diminuivano il rischio…”. Tutto chiaro, vero? È anche detta: chiarezza scientifica!
  • “Sostituendo con grassi monoinsaturi si rileva un aumento del colesterolo” e ripete quello che a questo punto penso sia uno scioglilingua che la dott.ssa Fattore abbia imparato traumaticamente all’asilo: “Diminuivano… mmm… cioè aumentavano… mmm… cioè… diminuivano sia quelle che aumentavano il rischio e diminuivano anche quelle che diminuivano il rischio…”. Sempre più chiaro, vero?
  • Ancora: “Sostituendo con grassi polinsaturi diminuivano… mmm… cioè aumentavano… mmm… cioè… diminuivano sia quelle che aumentavano il rischio e diminuivano anche quelle che diminuivano il rischio…”. Ok, ne sono certo, è stato un trauma infantile!
  • Poi dice la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. Ma non lo giura: “[è risultato] un aumento (lieve – specifica, come se tra una filastrocca e l’altra fosse comparso sul display del suo cervello il messaggio: “Che diamine stai dicendo?, ora si scoprirà che è tutto una buffonata”) del colesterolo rispetto a [un’alimentazione basata su oli] d’oliva, di girasole e di soia”. Quindi se mangio olio di palma aumenta il colesterolo e il colesterolo aumenta il rischio cardiovascolare (ma lieve, compare il messaggio in una mente ormai in panne), però diciamo alla gente che il rischio non c’è. Tanto quelli come Russo forse non le leggono neanche queste ridicole ricerche che facciamo…
  • Purtroppo, la ricercatrice è in totale blackout. Parlando dei grassi idrogenati ha un sussulto: “[si rileva] una diminuzione… mmm… eemmm… mmm… credo che ci sia un errore”. Sì credo anch’io e penso di sapere qual è: aver partecipato a questo convegno con delle diapositive scritte da altri (perché se le ha scritte lei vuol dire che nemmeno le ha rilette). “Allora – prosegue – la sostituzione dell’olio di palma con gli acidi grassi trans portava a un profilo nettamente migliore, per cui aumentavano i marcatori protettivi e diminuivano i marcatori che aumentavano il rischio”. Assolutamente più chiaro! Credo che questo discorso la candidi di diritto al prossimo Nobel per la Letteratura, non certo per la Medicina.
  • Le conclusioni seguono l’andazzo precedente. Riporta letteralmente: “La sostituzione DI PALMA non determinava rischio perché non si riusciva a valutare perché andava in un senso. Solo acidi grassi trans, tutti i grassi trans andavano nel senso…”. E finisce così. Pensereste che al termine ci sia stata una standing ovation e, invece, solo colpettini di tosse. Qualcuno avrebbe dovuto colpire lei per sbloccare il disco incantato.
  • Con una così chiara illustrazione scientifica siamo certamente tutti più convinti che l’olio di palma, anzi “di palla” come lo chiama la Fattore verso la fine del suo intervento, faccia proprio bene alla salute. Grazie all’esperta del Mario Negri. Chapeau!

Neanche il tempo di riprendersi da tutti questi aumenti e diminuzioni che tocca a Giordano Masini, caporedattore di Strade, fornirci altre perle di scienza, stavolta non medica, ma ecologica. Riassume brevemente quanto scritto nel già breve dossier sull’olio di palma realizzato dalla sua rivista e subito chiarisce che in merito alla sostenibilità ambientale della coltivazione della palma da olio “non ci sono dei sì e dei no categorici da dare”.

  • Mostra subito di essere un esperto del settore perché ci regala il secondo neologismo della giornata quando parla di “coltura equatoriale”. Provo a definire il termine: si intende con “coltura equatoriale” quella coltura di chi non sa la differenza tra i tropici e l’equatore, e pensa che siano la stessa cosa o immagina che nella lingua madre da lui parlata possa esistere tale definizione.
  • Ma non traiamo conclusioni affrettate sulla competenza in materia. Ascoltiamo ancora: “Le piantagioni di olio di palma SPESSO vanno a sostituire porzioni di foresta pluviale”. Spesso? Sempre vorrà dire!?! La palma da olio cresce SOLO in aree in cui è stata rimossa (però deforestALIZZAta ci sta tutto) la foresta tropicale. Altro che “spesso”!
  • Masini ci pone dinanzi a un dubbio amletico: “Per valutare la sostenibilità di una coltura [bisogna chiedersi] cosa succederebbe se decidessimo di eliminare la domanda di olio di palma dall’industria”. Vuole sapere la prima risposta che mi viene in mente? Che giornalisti come lei non saprebbero su cosa diamine scrivere i loro “rapporti sintetici”, fingendosi veri esperti della materia.
  • Perché, se fosse davvero consapevole di quello che dice, non potrebbe mai affermare che “non si tagliano le foreste direttamente solo ed esclusivamente per produrre olio di palma”. Certo che non si tagliano solo per questo, ma per piantare le palme da olio si tagliano obbligatoriamente. Logica stringente.
  • Niente, non si convince proprio: “Se noi eliminassimo la domanda di olio di palma potremmo rimuovere un problema dalla nostra coscienza, ma probabilmente non rimuoveremmo il problema della deforestazione, perché… mmm… perché le foreste verrebbero rimpiazzate da altre colture sia da olio, che di altro genere…”. Cioè, dopo averla deforestata, pianteremmo in Indonesia i girasoli?!? Cos’è, ha bevuto un po’ di vino di palma, per caso?
  • Diventa poi palese quanto il caporedattore di Strade ne sappia davvero poco di ecologia perché afferma: “La palma è una coltura arborea che chiaramente non ha lo stesso livello di cattura del carbonio che ha rispetto alla foresta pluviale, su questo non c’è dubbio, ma rispetto alle colture erbacee che potrebbero sostituire la palma da olio ha un grado di cattura superiore”. Oltre a rimettere insieme la sintassi della sua frase, qualcuno glielo dice che ad ogni nuova coltura (ovvero dopo meno di un decennio) le palme vengono bruciate prima di essere ripiantate e tutto il carbonio “catturato” ritorna in atmosfera, esattamente come con le colture erbacee di girasole o colza (al contrario dell’olivo, guarda caso proprio quello da cui deriva il miglior olio al mondo che è anche italiano, ma nessuno è patriottico alla Camera!)? Mentre, invece, se la foresta e le torbiere non vengono distrutte per far posto alle palme il carbonio resta lì… per sempre.
  • Poi parte con un sillogismo che tento di completare “Il problema della deforestazione non è un problema che si chiama olio di palma”, così come il problema della decadenza intellettuale italiana non è un problema che si chiama stampa da quattro soldi.
  • Ma Masini va oltre e avanza teorie ecologiche all’avanguardia: “La macchia mediterranea non è un ambiente naturale originale”. A no? Avrà letto male gli appunti e gli sarà sfuggito che prima delle parole “macchia mediterranea” c’era scritto “la pineta italiana, al contrario della”
  • Esaurite le lezioni di ecologia passa alla filosofia e si supera: “Se decidiamo di interdire ad altri le possibilità di sviluppo simile al nostro non facciamo un servizio eticamente sostenibile”. Fantastico, ora oltre all’olio di palma sostenibile c’è anche l’etica sostenibile. Aristotele che ne pensa?
  • Conclude, ed era ora, con la sua summa: “Promuovere questo tipo di filiera è molto più utile che demonizzare un prodotto di cui l’industria ha bisogno”. Di quale industria parla? Non certo di quella artigianale italiana.

Paolo Russo, il moderatore che non perde l’occasione di dirne una, introducendo l’intervento dell’ On. Ilaria Capua (Scelta Civica) parla di “rottura dell’ecosistema”, processo che d’ora in avanti verrà citato in tutti i testi di ecologia, ma che per il momento “freudizza” la rottura di palMe che il pubblico sta percependo.

Non ci credereste mai, ma è proprio la celeberrima (perché indagata per traffico internazionale di virus) veterinaria-politica dott.ssa Capua a spararle più lontano di tutti gli altri (e non era facile vincere questa gara di lancio del giavellotto dell’idiozia):

  • Ci illumina dichiarando che: “È ovvio che una deforestazione selvaggia, e quindi scriteriata, fatta in tempi troppo brevi, che non permetta un riassestamento dell’equilibrio che c’è fra fauna e flora, può portare a dei dissesti ecologici che dopo, grazie anche al contatto con l’uomo o con vettori animati o inanimati – COME I CARTONI??? – possono dare origine a delle preoccupazioni sanitarie”. Un attimo, rimandiamo indietro il video… cosa? Cosa? Cosa? Parla Luca Giurato o una scienziata?
  • Se pensate che sia troppo attendete il prossimo pezzo tratto dall’enciclopedia italiana della sciocchezza: “In questo RSPO è importante che si tenga presente anche di questo, la deforestazione che è necessaria affinché si sviluppino questi palmeti industriali avvenga in maniera sostenibile, la coltura di questi alberi che peraltro necessita molto poco di pesticidi venga fatta nel modo più rispettoso dell’ambiente, perché è ovvio che si passa da una zona vergine a una zona dove c’è l’intervento umano […] ma che venga considerato l’ecosistema in generale, dove ci sono cicli anomali che si vengono a creare […] può portare a delle migrazione di animali che sono presenti nella foresta o che arrivano ai palmeti dalle altre zone e che può portare a dei meccanismi a cascata”. Sembra quasi più oscuro del discorso della dott.ssa Fattore, ma con l’aggravante che la Capua ci fa una capUa tanta su tv, giornali e radio, ma sembra non essere ancora in grado di mettere due frasi sensate insieme. Com’è possibile?!? Appare del tutto avulsa dal contesto. Cosa dice? Qualcuno chiami un interprete!
  • Facciamo chiarezza. Stiamo parlando di sicurezza sanitaria delle colture (senza che peraltro questo c’entri nulla con il nodo gordiano della questione, ovvero la distruzione delle foreste tropicali – o si dice “equatoriali?”. I miei fondamenti scientifici e linguistici non sono più gli stessi dopo aver assistito a questo dibattito) e la Capua si preoccupa: “[Bisogna] tenere in mente che la salute del palmeto e degli animali che lo abitano – quali animali abitano il palmeto??? – è poi dopo anche estremamente importante per le persone, non tanto del consumatore, delle persone che lavorano nel palmeto”. Com’è umanitaria… Peccato che non si preoccupi assolutamente del fatto che tra qualche decennio, quando il suolo sarà diventato così sterile che nessun concime chimico potrà fertilizzarlo, quelle stesse persone che lavorano nel palmeto (tra le quali spesso bambini) resteranno con un pugno di mosche (gli unici animali che abitano il palmento) e di disperazione, come avvenuto spesso nelle aree tropicali (o equatoriali? Uffa, sono davvero confuso!).
  • Con estrema beneficienza la Capua afferma: “È un passaggio necessario affinché questi paesi affetti da estrema povertà riescano a commercializzare prodotti autoctoni”. Lo facciamo per voi, per farvi sviluppare, mica per ingozzare i nostri lardosi bambini di merendine intrise di olio di palma. Maligni…
  • E per finire, tra italianismi e idiosincrasie, le siamo davvero grati dott.ssa Capua per quanto sta per svelarci: “Questo prodotto non è nocivo o meglio è nocivo com’è nocivo il vino o il burro […] bisogna trovare la quadra sostenibile”. Io la quadra sa dove gliela frantumerei se non fossi pacifista… fortuna che sono solo incazzato nero per colpa della sua comitiva di amici…

Poiché i mali non vengono mai da soli, ci tocca pure sorbirci l’On. Pierpaolo Vargiu (Nuovo Centrodestra), made in Sardinia, fiero sostenitore della “Risoluzione Vargiu-Capua-Matarrese-Monchiero”:

  • “Abbiamo incarnato il tema della scientificità”, bdum, crolla il soffitto di tutte le università nel mondo in un solo istante! Potere della parola degli onorevoli.
  • Ma no, aspettate, un attimo e si sistema tutto. L’onorevole chiarisce: “Ci arrivo – dove? non si sa, forse all’appendiabiti – da medico che ha anche una SPECIALITA’ – specialità? È anche un campione olimpico l’onorevole?!? – in scienze dell’alimentazione e… da sardo”. Cosa vuol dire arrivarci da sardo? Mah. Vengo tra poco, ci arrivo da sardo! Sarà mica un allusione pornografica?
  • Racconta di quando i pazienti gli chiedono: “Dottore, ma questo fa male?” E bumm un bel pugno in faccia potrebbe essere la risposta…
  • No, no, non scherziamo troppo, qui il problema (cioè quello dei relatori, cioè di quello che accade nella mente dei relatori) è piuttosto serio. Vargiu vuole chiarire l’equivoco: “Il secondo ragionamento che faccio [è] da sardo. Noi avevamo tante belle foreste in Sardegna, poi noi eravamo poveri [così si decideva di] prendere un pezzo di foresta, distruggerlo per farne colture, miniere e ferrovie di tutta Europa”. Quindi visto che la Sardegna, in un momento di illuminismo umano, si è giocata in un colpo solo le sue foreste regalando torride estati ai vacanzieri e pecorini ai residenti, esportiamo questo modello di lungimiranza in tutto il mondo? Per fortuna almeno Vargiu non insegna all’università, ma tanto le aveva abbattute con l’affermazione precedente!
  • Però pone a tutti noi una domanda: “È etico che noi che siamo sviluppati chiediamo a quelli con un tenore di vita molto basso di non consumarci l’ossigeno e di non consumarci la foresta pluviale? Non credo che possa essere etico in modo positivo. Credo che possa essere etico in modo pattizio…”. Vorrei commentare, ma il mio cervello si rifiuta. Si oppone, ma Vargiu propone il suo ipse-dixit: “l’olio di palma è una bufala scientifica”. Ma l’ha capito che “una bufala scientifica” non è un alimento venduto tipicamente nelle università campane?

A mettere il carico pesante tra le carte del suo collega ci pensa l’On. Dorina Bianchi (sempre del Nuovo Centrodestra, ne sentivamo proprio il bisogno!):

  • Si mostra sorpresa e dichiara di aver sentito la necessità di presentare una risoluzione e un’interrogazione in commissione agricoltura per “capire perché ci fosse stato un attacco così forte all’olio di palma”. Addirittura? Ora le commissioni parlamentari sono in grado di spiegare qualcosa ai parlamentari? E poi non le sembra chiaro il perché che è dovuta ricorrere a risoluzioni e interrogazioni pagate dai contribuenti?
  • Non le è evidentemente chiaro perché dice: “Sono dell’idea che tutto questo accanimento sia ingiusto, perché non sono in grado di dirvelo ma una ragione ci sarà”. Certo, è una fede. Fedele alla linea… del partito!
  • “La Commissione Europea dice chiaramente che non c’è una necessità di fare ricerche particolari o diverse rispetto agli altri grassi saturi”, cavolo non sapevo che la CE indirizzasse le ricerche scientifiche. E da quando? Forse gli studi che ha fatto l’onorevole sono stati condotti all’estero?
  • Per fortuna ci rassicura che: “[l’olio di palma] è un alimento che può essere consumato con la massima tranquillità come le merGHErine”. Definizione: MerGHErine, famosi ingredienti dolciari estratti dalle margherite.
  • Però l’onorevole qualche dubbio ce l’ha: “Sulla questione della deforestazione non ho delle certezze fortissime, perché la deforestazione della nostra nazione è avvenuta in tempi diversi”. Solo ora vedo il problema nella luce giusta e qualche dubbio è venuto anche a me!
  • Avrà frequentato la stessa scuola di Russo: “Bisogna aiutare questi paesi a non DEFORESTIZZARE”.
  • “Credo che i Paesi dov’è coltivato l’olio di palma hanno una superficie pro-capite sicuramente maggiore rispetto ad altri Paesi in giro per il mondo”. È vero, quando li incontri questi paesi mentre vagabondano sul globo e chiedi loro “c’è spazio lì da voi” ti rispondono “ma come, non lo sai che l’Indonesia è il paese più spopolato al mondo?”.
  • Per fortuna che c’è il profumo della vita: “Mi sento di essere più ottimista rispetto ad altre realtà”, a quali realtà? Quelle parallele?
  • “Qualcuno se non mi sbaglio l’ha detto che la superficie che viene sfruttata per l’olio di palma altrimenti sarebbe sfruttata per altre coltivazioni forse ancora più dannose”. Qualcuno se non mi sbaglio l’ha detto che “il politico è sempre meno filosofo e sempre più coglione”.

Paolo Russo, quasi se ne sentiva la mancanza, rasserena gli animi: “Malesia e Indonesia grazie all’olio di palma hanno abbattuto di 10 volte il loro tasso di povertà interna”. Economisti e sociologi di tutto il mondo riunitevi, c’è bisogno di voi. Primo: cos’è la povertà interna? Perché, esiste quella esterna? Secondo: come si fa ad abbattere un tasso a prescindere che sia esso di ricchezza o di povertà? Forse Russo voleva dirla così, ma gli è uscita male: hanno ridotto di  10 volte il tasso di povertà  grazie alla coltivazione dell’olio di palma; riduzione che, tra l’altro, nessun rapporto ufficiale ha mai stimato. Evidentemente le stime piacciono così tanto a Russo perché si lancia subito in altre: “L’olio di palma contribuisce all’economia italiana con 14 mila posti di lavoro e l’industria versa ogni anno 500 milioni al nostro erario”. E come si fa a stimare quanti posti di lavoro in Italia dipendano da un ingrediente importato dall’estero? Calcolano il costo-uomo dei minuti impiegati a farcire le brioche?

Poi, passando la parola al sig. Paolo Barilla, proprio quello di “dove c’è Barilla c’è casa”, nonché ex-pilota automobilistico, ma stavolta in veste di presidente di AIDEPI (proprio, guarda caso, la stessa associazione che qualche settima fa aveva diffuso una pubblicità a dir poco assurda) gli chiede: “Che cosa avverrebbe se all’improvviso fosse abbattuto l’olio di palma dalle vostre produzioni?” Abbattuto? Trattasi sempre di lapsus freudiano forse perché un sibilante senso di colpa non riesce a fargli smettere di pensare alle foreste deforestALIZZAte.

Il Barilla (non il maccherone, chiariamo) risponde diretto:

  • “Domani mattina fermeremmo le produzioni”.
  • E poi si lancia come se fosse in gara rimembrando i tempi passati nella nuova disciplina “baggianata libera”. Dice, nonostante le infinite contraddizioni di chi l’ha preceduto: “[l’olio di palma] è un ottimo elemento che può far parte del gusto, della salute, della nutrizione e della sostenibilità”.
  • Ma preso da un brivido di peccato originale si chiede: “Cosa di meglio potremmo mettere? Non c’è una risposta!” e come Cassandra prevede: “Per populismo italiano l’industria leverà l’olio di palma […] Siamo cascati come dei polli in un tranello mediatico internazionale”. Conspiracy International si sta attivando per risolvere il caso!
  • Propone poi una nuova etichettatura dei prodotti: “Fatto con olio di palma sostenibile dovrebbe essere l’atteggiamento corretto”
  • E poi vacilla: “Come associazione siamo in fortissimo imbarazzo perché abbiamo la sensazione che le cose potranno andare in questa direzione”, in quale direzione? Non sembra saperlo…
  • “A oggi un’alternativa migliore non c’è” chiosa. A no? Si chiama olio d’oliva e di girasole di produzione nazionale, fusillo! Sa cosa cambia? Non la produttività, solo che costa un po’ di più forse perché non devasta le foreste e non sfrutta i coltivatori, ma potrebbe indurre le famiglie a mangiare meno biscotti e merendine e ad alimentarsi meglio. Non è proprio questo che la Barilla Foundation vuole? Forse no…

Russo: “Sostituire l’olio di palma con girasole o soia cosa comporterebbe da un punto di vista nutrizionale, economico, etc.?”

Barilla:

  • “La parte dei grassi saturi contenuti nel palma – signori è ufficiale, è diventato di moda dire “il palma” – in proporzione a quelli che sono le percentuali di grassi dei prodotti da forno sia minimale rispetto alle altre categorie di prodotto”. Tutto chiaro vero? Sarà la vicinanza di Capua e Fattore a rendere così scorrevole il suo pensiero?
  • Poi però semplifica, come se un cannellone lo stesse strozzando: “In un Paese che privilegia la tradizione evidentemente è fatto di colpa di una parte […] invece delle categorie artigianali non sono portate come elemento rilevante per la nutrizione […] Però diciamo che l’elemento non consiste, non c’è…”. Il cannellone è diventato crusca… non l’accademia!
  • “Avremmo difficoltà per la stabilizzazione dei prodotti a lungo termine e aumenterebbe lo spreco alimentare” ammette Barilla.
  • D’improvviso, però, la summa maxima (niente a che vedere con le bazzecole di Masini) del dibattito gli sfugge dalle labbra come una lasagna: “Il costo dei prodotti sarebbe anche, in parte, superiore perché l’olio di palma oggi è molto conveniente”. Standing ovation, stavolta sì: motivo unico di tutta sta caciara, ragione assoluta di tanto interesse, fine dei giochi! Scacco matto!

E invece no, Russo sfida la pazienza umana e sobbalza: “Abbiamo dimenticato di dire una cosa importante sull’olio di palma e cioè che una sua qualità è quella di essere assolutamente insapore, quindi di non alterare il sapore degli alimenti, per questo l’industria lo preferisce”.

Persino Barilla non può capacitarsi di cotanta offesa all’intelligenza umana che lo ignora e quasi parlandogli sopra aggiunge:

  • “Devo dire una cosa sulla sostenibilità e sulla sua biodiversità: l’Italia è un paese deficitario sulle sue materie prime perché deve importate dei grani, gli oli, i grassi, i cereali, per cui l’Italia è autonoma per il 40-50% che poi serve al suo mercato interno E PER L’EXPORT”. Cioè, mi lasci capire sig. bucatino, l’Italia è deficitaria, ma esporta? Come si combinano questi due fattori? Come dire: non ho soldi, ma te li presto. Qualcosa nei dati di Barilla manca, persa nella bolognese.
  • E per finire: “Se volessimo avere più grano italiano dovremmo deforestare”. Cosa? I mandorleti e i meleti?
  • Non ci credete possa averlo detto? Ebbene eccone la prova: “Entriamo sempre in questo grippaggio tra quello che vogliamo e quello che non vogliamo […] siamo un fruitore, non possiamo partire da un piccolo paese del mondo per risolverlo”. Che dire? Volano farfalloni al sugo…

A questo punto mi son sentito così svuotato che, per non tediare i lettori, volevo scegliere solo uno tra gli interventi del pubblico, ma poi mi sono accorto che non ve n’erano altri. Quello del Prof. Agostino Macrì (Campus Biomedico di Roma) ne vale comunque centinaia per “competenza e profondità della riflessione”:

  • Da subito ci informa che “da quando sono andato in pensione ho iniziato a collaborare con l’Unione Nazionale Consumatori”, e chi se ne frega, gliel’ha mai detto nessuno?!?
  • Per fortuna “Nel caso dell’olio di palma mi sono un po’ documentato”, solo un po’, però…
  • Dalle approfondite ricerche “ho visto che il momento che ha fatto partire il tutto è stata una commissione francese che ha fatto partire un’analisi […] in questo documento si parla di limitare questi grassi e non soltanto dell’olio di palma”. Tutta colpa dei francesi. Lo sapevo che Napoleone aveva a che fare anche con l’olio di palma. Ridateci la Giocondaaaaaaaaaaaaa!
  • Però è sincero e sminuisce gli italiani con una tale aria bonaria che non sai se abbracciarlo o sputargli in un occhio: “Ai cittadini dell’aspetto ambientale non interessa molto, al cittadino interessa: mangio l’olio di palma e mi viene l’infarto”. Che bella considerazione che ha degli italiani il Prof. non vi sembra?
  • E poi “l’olio di colza e l’olio di soia sono fatti con gli OGM” (peccato che in Italia sia vietata la coltivazione di colza e soia OGM), ma per restare magrì meglio “il palma” di tutto il resto.

Tant’è l’interesse stimolato nel pubblico dal dibattito che alla richiesta di Russo: “Chiedo se c’è qualche domanda che qualcuno in sala vuole rivolgere ai nostri ospiti” cespugli secchi han rotolato in aula per qualche secondo.

È il caso di farla finita con questa farsa Russo, non le pare?

“Non so se abbiamo stabilito qualche verità…” dice. Non direi, ma di certo molta, moltissima, confusione.

Il suo augurio, Russo, che “questo dibattito aiuti a portare fuori dalla sala stampa della Camera più che qualche verità, almeno qualche falso mito in meno” sarà certamente di buon auspicio per il futuro perché, sinceramente,  che i giornalisti dovrebbero avere meno sete e approfittare delle libertà che hanno (parafrasando ancora Gaber, visto che a Russo piace tanto citarlo), che il politico “è un uomo tutto tondo che senza mai guardarci dentro scivola sul mondo” (ibidem) e che gli scienziati dovrebbero uscire ogni tanto dai portafogli delle case farmaceutiche e dai loro laboratori per capire che il mondo è ben più grande di ciò che loro riescono a guardare attraverso un microscopio, sebbene lautamente sovvenzionati da chi indirizza a proprio piacimento i risultati scientifici (proprio come nel caso dell’olio di palma), sono verità ben lontane dai falsi miti. Verità che, dopo tutto questo parlare a vanvera oscillando tra incompetenza e mediocrità, non possono che preoccupare ancor di più chi ritiene, a ben ragione, l’olio di palma un serio, serissimo problema. E non c’è più molto da scherzare.

Roberto Cazzolla Gatti, Ph.D.

Biologo ambientale ed evolutivo,

Associate professor, Tomsk State University, Russia

6 pensieri su “Basta assurdità, vi prego, sull’olio di palma!

  1. COMPLIMENTI!! L’articolo sembrerebbe colorito e sarcastico ma purtroppo è completamente realistico!
    Io ho visto il video e consiglio a tutti di vederlo!
    Forse la più grande pubblicità ANTI olio di palma è proprio contenuta in questo tragicomico convegno.
    Dubbio solenne: ma come fa una indagata per traffico internazionale di virus ad avere il coraggio di prendere un microfono in mano e raccontarcela ancora??
    La più grande perplessità che ho in merito al video è che sono indecisa se essere più inkaxxata o più divertita da Barilla e Company.
    In ogni caso ridere fa bene, e anche incaxxarsi perchè almeno capiamo meglio quali quotidiani NON comprare, quali medici NON ascoltare, quali politici NON votare e quali prodotti NON comprare.

  2. …lungo ma molto spassoso! mi rattrista molto che queste persone che ha citato occupino posizioni di rilievo e si fanno portavoce per il benessere dell’uomo e dell’ambiente!

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